Appello Patteggiamento: Quando la Qualificazione del Reato Non Si Può Contestare
L’istituto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, comunemente noto come patteggiamento, rappresenta una delle vie principali per definire un procedimento penale in modo rapido. Tuttavia, le possibilità di impugnare una sentenza di patteggiamento sono limitate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui confini dell’appello patteggiamento, specificando quando la contestazione sulla qualificazione giuridica del reato è da considerarsi inammissibile.
I Fatti del Caso: Dal Furto Aggravato al Ricorso in Cassazione
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un imputato che aveva patteggiato una pena presso il Tribunale di Firenze per il reato di furto aggravato, ai sensi degli articoli 624-bis e 625 del codice penale. Successivamente, l’imputato ha deciso di ricorrere in Cassazione, non per contestare la sua colpevolezza, ma per sostenere che i fatti avrebbero dovuto essere qualificati diversamente, ovvero come ricettazione e non come furto. L’unico motivo di ricorso si basava, quindi, su una presunta violazione di legge relativa all’inquadramento giuridico della condotta.
Limiti dell’Appello Patteggiamento: La Decisione della Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo un’importante chiave di lettura sull’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma disciplina in modo restrittivo i motivi per cui è possibile ricorrere contro una sentenza di patteggiamento.
L’Art. 448, comma 2-bis, c.p.p. e il Concetto di ‘Errore Manifesto’
La norma citata stabilisce che, una volta ratificato l’accordo tra le parti, il ricorso in Cassazione per erronea qualificazione giuridica è consentito solo in casi di ‘errore manifesto’. La Corte ha ribadito un orientamento consolidato, secondo cui l’errore manifesto si configura solo quando la qualificazione giuridica adottata dal giudice di merito risulta, con ‘indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità’, palesemente eccentrica rispetto ai fatti descritti nel capo di imputazione. In altre parole, non è sufficiente che sia ipotizzabile una diversa qualificazione giuridica; è necessario che quella data sia platealmente e indiscutibilmente sbagliata.
Le Motivazioni della Corte
Nel motivare la propria decisione, la Suprema Corte ha specificato che la questione sollevata dal ricorrente non verteva su un errore palese, ma piuttosto sulla prova della concreta sussistenza della fattispecie contestata (il furto). Contestare la prova del fatto, tuttavia, è un’operazione logica che esula dai ristretti confini del ricorso contro una sentenza di patteggiamento. L’accordo tra le parti, una volta ratificato dal giudice, cristallizza il fatto storico così come descritto nell’imputazione. Di conseguenza, il dibattito non può essere riaperto per valutare se le prove fossero sufficienti a sostenere l’accusa di furto anziché quella di ricettazione. La Corte ha ritenuto che, nel caso specifico, non vi fosse alcun errore manifesto nella qualificazione, rendendo la censura proposta del tutto inammissibile.
Conclusioni
Questa ordinanza conferma la natura eccezionale dell’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. La scelta di accedere a questo rito processuale comporta una sostanziale rinuncia a contestare nel merito l’accusa. La possibilità di rimettere in discussione la qualificazione giuridica del reato è un’ipotesi residuale, ammessa solo quando l’errore del giudice sia così evidente da risultare incontrovertibile. La decisione ha quindi un’importante implicazione pratica: chi opta per il patteggiamento deve essere consapevole che le porte per un riesame della vicenda sono quasi del tutto chiuse, salvo vizi procedurali o, appunto, errori giuridici di palese e macroscopica entità. L’inammissibilità del ricorso ha comportato, per il ricorrente, la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di quattromila euro alla Cassa delle ammende.
È sempre possibile contestare la qualificazione giuridica del reato dopo un patteggiamento?
No, la sentenza stabilisce che è possibile solo in casi di ‘errore manifesto’, cioè quando la qualificazione data è palesemente ed indiscutibilmente errata rispetto ai fatti contestati nel capo d’imputazione.
Cosa intende la Cassazione per ‘errore manifesto’ nella qualificazione giuridica?
Si intende un errore che emerge con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, risultando palesemente eccentrico rispetto all’imputazione. Non è sufficiente che sia semplicemente ipotizzabile una diversa interpretazione giuridica dei fatti.
Quali sono le conseguenze se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
L’inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 35833 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 5 Num. 35833 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Francia il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza del 18 luglio 2025 del Tribunale di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Tribunale di Firenze ha accolto la richiesta di applicazione della pena formulata da NOME COGNOME in ordine al reato di cui agli artt. 624-bis, 625 nn. 2 e 5 cod. pen., a lui ascritto in rubrica;
che avverso detta sentenza ricorre l’imputato articolando un unico motivo di censura, a mezzo del quale denuncia violazione di legge in ordine alla qualificazione dei fatti (invocata in termini di ricettazione);
che la questione sottoposta alla valutazione di questa Corte non attiene all’esatta qualificazione del fatto oggetto dell’imputazione, ma alla prova della
concreta sussistenza della fattispecie consumata. E tanto rende inammissibile la censura, perché proposta fuori dei casi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Ratificato l’accordo intervenuto tra le parti, infatti, possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione (Sez. 4, n. 13749 del 23/03/2022, Rv. 283023), circostanza in concreto insussistente (anche alla luce dell’analitica motivazione offerta a pag. 2);
che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che tale causa di inammissibilità va dichiarata senza formalità di procedura, ai sensi dell’art. 610 comma 5-bis cod. proc. pen., per cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3 ottobre 2025
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