Appello Patteggiamento: Quando è Inammissibile? La Cassazione Spiega
L’appello patteggiamento rappresenta un’area del diritto processuale penale dai contorni ben definiti. Con l’ordinanza n. 21513/2024, la Corte di Cassazione torna a ribadire i limiti stringenti per impugnare una sentenza emessa a seguito di accordo tra le parti. La decisione sottolinea come non ogni doglianza possa aprire le porte del giudizio di legittimità, confermando la stabilità di questo rito speciale. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dalla Suprema Corte.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (comunemente nota come ‘patteggiamento’) emessa dal GIP del Tribunale di Taranto. La sentenza riguardava un’imputazione per un reato previsto dalla legge sugli stupefacenti (art. 73, commi 1 e 1-bis, D.P.R. 309/1990).
L’imputato, non soddisfatto della decisione, ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza. Il motivo principale del ricorso era la presunta violazione di legge, specificamente la mancanza di motivazione da parte del giudice di merito in ordine alla qualificazione giuridica del fatto contestato.
L’Appello Patteggiamento e i Suoi Limiti Normativi
Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la riforma del 2017, ha circoscritto in modo netto i motivi per cui è possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. L’obiettivo del legislatore era quello di deflazionare il carico della Cassazione e dare maggiore stabilità agli accordi raggiunti tra accusa e difesa.
I motivi ammessi sono tassativi e riguardano esclusivamente:
* L’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, un consenso viziato).
* Il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
* L’erronea qualificazione giuridica del fatto.
* L’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Nel caso in esame, il ricorrente non lamentava una ‘erronea qualificazione’, bensì una ‘mancata motivazione’ su tale qualificazione, una distinzione sottile ma decisiva.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione della Corte si fonda su un’interpretazione rigorosa dell’art. 448, comma 2-bis c.p.p. I giudici hanno chiarito che la censura sollevata dal ricorrente – la mancanza di motivazione sulla qualificazione giuridica – non rientra nel novero dei motivi consentiti. Si tratta, secondo la Corte, di una censura ‘indeducibile’.
La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: l’obbligo di motivazione in una sentenza di patteggiamento è strutturalmente diverso e più limitato rispetto a una sentenza emessa a seguito di un dibattimento ordinario. Questo perché la sentenza di patteggiamento si fonda su un atto negoziale, un accordo con cui l’imputato accetta una determinata pena e, di fatto, dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti contestati. Lo sviluppo delle linee argomentative del giudice è, quindi, necessariamente correlato all’esistenza di questo accordo.
Di conseguenza, pretendere una motivazione estesa sulla qualificazione giuridica, quando questa è parte integrante dell’accordo accettato dall’imputato stesso, contrasta con la logica e la funzione del rito speciale. L’inammissibilità del ricorso ha comportato, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro alla Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame è un’importante conferma della volontà del legislatore e della giurisprudenza di preservare l’efficienza e la stabilità del patteggiamento. La decisione chiarisce che l’appello patteggiamento non è uno strumento per rimettere in discussione l’accordo raggiunto, ma solo un rimedio eccezionale per vizi specifici e gravi, tassativamente elencati dalla legge. Chi sceglie il patteggiamento deve essere consapevole che le possibilità di impugnazione sono significativamente ridotte e che le critiche generiche sulla motivazione della sentenza non troveranno accoglimento in sede di legittimità.
È sempre possibile fare appello contro una sentenza di patteggiamento?
No, il ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento è consentito solo per un numero limitato di motivi, specificamente elencati nell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
La mancanza di motivazione sulla qualificazione del reato è un motivo valido per impugnare un patteggiamento?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la lamentela per una mancata motivazione sulla qualificazione giuridica del fatto non rientra tra i motivi ammessi dalla legge per impugnare una sentenza di patteggiamento, rendendo il ricorso inammissibile.
Cosa accade se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro a titolo di sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21513 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21513 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TARANTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/12/2023 del GIP TRIBUNALE di TARANTO
dato avv o alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
COGNOME NOME ricorre per cassazione avverso la sentenza del Gup del Tribunale di Taranto recante applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. in ordine al reato di cui all’art. 73 comma 1 e 1 bis d.p.r. 9 ottobre 1990 n.309, deducendo violazione di legge dell’art. 606 lett. e) cod.proc.pen. per mancanza della motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del fatto.
Il ricorso va dichiarato inammissibile per indeducibilità della descritta censura, che non rientra fra quelle consentite dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. (come introdotto dalla legge n. 103 del 23 giugno 2017, in vigore dal 3 agosto 2017), in quanto non riguardante motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’errone qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura sicurezza.
Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio che l’obbligo della motivazione della sentenza non può non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo sviluppo delle linee argonnentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni dli esonero, della somma di euro quattromila a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17.4.2024