Appello Patteggiamento: Quando il Ricorso è Inammissibile?
L’appello patteggiamento rappresenta una delle questioni più tecniche della procedura penale. Sebbene il patteggiamento sia un accordo tra imputato e Pubblico Ministero, la sentenza che ne deriva non è inappellabile in modo assoluto. Tuttavia, i motivi di ricorso sono strettamente limitati dalla legge. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 23096/2024) ci offre un chiaro esempio pratico dei confini entro cui è possibile muoversi, affrontando anche il tema della confisca di somme di denaro.
Il Caso in Esame: Ricorso contro Sentenza e Confisca
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Rimini. L’imputato sollevava due principali motivi di doglianza. Il primo riguardava censure generiche che, come vedremo, esulavano dai limiti imposti dalla normativa. Il secondo, invece, contestava specificamente la confisca di una somma di denaro, ritenuta infondata.
Il ricorrente, un cittadino straniero, si era visto sequestrare e poi confiscare una somma di denaro. La difesa sosteneva l’illegittimità di tale misura, ma la Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni, confermando la decisione del tribunale di merito.
Limiti all’Appello Patteggiamento: Cosa Dice la Legge
L’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale è il pilastro normativo che regola l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. La norma stabilisce che il ricorso è consentito esclusivamente per motivi specifici e tassativi, quali:
* Espressione della volontà dell’imputato: vizi relativi alla formazione o manifestazione del consenso all’accordo.
* Difetto di correlazione tra richiesta e sentenza: quando il giudice si pronuncia su qualcosa di diverso da quanto concordato.
* Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato inquadrato in una fattispecie errata.
* Illegalità della pena o della misura di sicurezza: se la sanzione applicata è contraria alla legge.
Qualsiasi motivo di ricorso che non rientri in questo elenco è, per definizione, inammissibile.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, con la sua ordinanza, ha analizzato entrambi i motivi del ricorso, giungendo a una declaratoria di inammissibilità.
L’Inammissibilità del Primo Motivo di Ricorso
Il primo motivo è stato liquidato rapidamente come ‘indeducibile’. Le censure sollevate dal ricorrente non rientravano in nessuna delle categorie previste dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Questo conferma il rigido orientamento giurisprudenziale secondo cui non è possibile utilizzare l’impugnazione del patteggiamento per rimettere in discussione l’intero merito della vicenda processuale, ma solo per contestare i vizi specificamente elencati dalla norma.
La Legittimità della Confisca della Somma di Denaro
Il secondo motivo, relativo alla confisca, è stato giudicato ‘manifestamente infondato’. La Corte ha evidenziato come la sentenza del Tribunale avesse argomentato in modo completo e logico. La decisione di confiscare il denaro si basava sulla chiara sproporzione tra la somma sequestrata e le condizioni economiche e patrimoniali dell’imputato. Quest’ultimo, infatti, risultava essere un cittadino straniero privo di qualsiasi fonte lecita di reddito dimostrabile. Tale sproporzione è un elemento chiave che giustifica la misura di sicurezza patrimoniale della confisca, presumendo che i beni siano il frutto di attività illecite.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
La decisione della Cassazione ribadisce due principi fondamentali. In primo luogo, l’appello patteggiamento è uno strumento con limiti ben definiti e non può essere utilizzato come un’impugnazione di merito. Chi accede a questo rito deve essere consapevole che le possibilità di contestare la sentenza sono circoscritte a vizi procedurali e di legalità ben precisi. In secondo luogo, la confisca di beni o denaro è legittima quando vi è una manifesta sproporzione rispetto ai redditi leciti del soggetto, specialmente in assenza di prove che ne giustifichino la provenienza. La condanna finale del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 c.p.p. in caso di inammissibilità, serve da monito sull’importanza di presentare ricorsi fondati su motivi legalmente ammessi.
Quali sono gli unici motivi per cui si può impugnare una sentenza di patteggiamento?
Secondo l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., si può impugnare solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Perché la Corte ha ritenuto legittima la confisca della somma di denaro?
La confisca è stata ritenuta legittima perché la somma sequestrata era palesemente sproporzionata rispetto alle condizioni economiche e patrimoniali dell’imputato, il quale era privo di qualsiasi fonte di reddito lecita dimostrabile.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato, come previsto dall’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro a titolo di sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23096 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23096 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME) NOME NOMECUI 06LE1VH) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/01/2024 del TRIBUNALE di RIMINI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
N. 166)
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe indicata, emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., è inammissibile.
Il primo motivo formula censure indeducibili, che non rientrano fra quelle consentite dal vigente art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., in quanto non riguardanti motivi specifici attinenti all’espressione della volontà dell’imputato difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazi giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Il secondo motivo, in relazione alla confisca della somma di denaro, è manifestamente infondato in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la sentenza ha compiutamente e logicamente argomentato sul punto, avendo rilevato la sproporzione della somma sequestrata rispetto alle condizioni economiche e patrimoniali del prevenuto, cittadino albanese privo di qualsivoglia lecita fonte di reddito.
Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della Somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 maggio 2024