Appello Patteggiamento: Quando è Ammesso il Ricorso? L’Analisi della Cassazione
L’appello patteggiamento rappresenta una delle questioni più tecniche e dibattute della procedura penale. Sebbene il patteggiamento sia un accordo tra accusa e difesa, la sentenza che ne deriva non è immune da impugnazioni, ma i motivi per ricorrere sono estremamente limitati. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 13477/2024) torna sul tema, chiarendo ancora una volta i confini invalicabili posti dal legislatore.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal GUP del Tribunale di Trieste. All’imputato era stata applicata una pena concordata per due distinti episodi di furto aggravato, unificati dal vincolo della continuazione. Il difensore dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, non per contestare la colpevolezza o la qualificazione del reato, ma specificamente per lamentare una violazione di legge e un vizio di motivazione riguardo alla determinazione dell’aumento di pena applicato per il secondo reato, quello in continuazione.
In sostanza, la difesa riteneva che il giudice non avesse adeguatamente giustificato la misura dell’aumento di pena, un elemento che, sebbene concordato tra le parti, deve comunque essere vagliato dal magistrato.
La Decisione della Corte: i Limiti dell’Appello Patteggiamento
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la riforma Orlando del 2017, stabilisce un elenco tassativo di motivi per i quali è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento.
I motivi ammessi sono:
1. Mancata espressione del consenso da parte dell’imputato.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. Errata qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
La Corte ha evidenziato come la censura mossa dal ricorrente, relativa alla motivazione sull’aumento di pena per la continuazione, non rientri in nessuna di queste categorie. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato inammissibile a priori, senza nemmeno entrare nel merito della questione sollevata.
Le Motivazioni della Sentenza
Le motivazioni dell’ordinanza sono lapidarie e si concentrano sulla natura della censura proposta. I giudici hanno chiarito che contestare il modo in cui il giudice di merito ha motivato la quantificazione dell’aumento di pena non equivale a denunciare un'”illegalità della pena”. Una pena è illegale quando non è prevista dall’ordinamento per quel tipo di reato o quando la sua quantificazione viola i limiti minimi o massimi stabiliti dalla legge. Al contrario, una critica sulla congruità o sulla giustificazione di un aumento di pena, pur rientrando nei limiti legali, attiene al merito della valutazione del giudice, un ambito precluso all’impugnazione nel rito del patteggiamento.
La Corte ha ribadito che la scelta di accedere al patteggiamento comporta una rinuncia a far valere determinate doglianze, limitando il successivo controllo di legittimità ai soli vizi macroscopici ed espressamente previsti dalla norma. La volontà del legislatore è chiara: deflazionare il carico giudiziario e conferire stabilità alle sentenze concordate, permettendone la messa in discussione solo per errori di particolare gravità.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia consolida un principio fondamentale per chiunque si approcci al rito del patteggiamento. La scelta di questo procedimento speciale offre indubbi vantaggi, come lo sconto di pena, ma implica anche significative limitazioni sul piano delle impugnazioni. È cruciale che l’imputato e il suo difensore siano pienamente consapevoli che, una volta raggiunto l’accordo e ottenuta la ratifica del giudice, le possibilità di contestare la sentenza diventano estremamente ristrette. Questioni relative alla valutazione della congruità della pena o alla sufficienza della motivazione sono, di regola, escluse dal perimetro dell’appello patteggiamento. La sentenza potrà essere impugnata solo per vizi strutturali e gravi, come quelli elencati nell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., lasciando poco spazio a contestazioni di natura discrezionale.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per contestare come il giudice ha motivato l’aumento di pena per la continuazione?
No, secondo l’ordinanza in esame, questo motivo non rientra nell’elenco tassativo dei vizi per i quali è ammesso il ricorso contro una sentenza di patteggiamento, come stabilito dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Quali sono i motivi validi per ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
I motivi ammessi sono esclusivamente: l’errata espressione della volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, l’erronea qualificazione giuridica del fatto e l’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Cosa accade se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento è basato su motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta che la Corte non esamina il merito della questione e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13477 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13477 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/07/2022 del TRIBUNALE di TRIESTE
[ffità -à -Vviso alle pare,
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza del Gup Tribunale di Trieste del 22 luglio 2022 con la quale gli è stata applicata la pena richiesta ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen. in ordine al delitto di cui a artt. 110 , 624 e 625 comma 1 nn.4, 5, 8 bis cod. pen. commesso in Trieste il 21 febbraio 2020 e al delitto di cui agli artt. 110, 624 e 625 comma 1 n. 4 cod. pen commesso in Trieste il 14 aprile 2020, riuniti sotto il vincolo della continuazione.
Rilevato che il motivo, con cui deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla determinazione dell’aumento di pena per il riconoscimento della continuazione, è inammissibile per indeducibilità della descritta censura, che non rientra fra quelle consentite dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. (come introdotto dalla legge n. 103 del 23 giugno 2017, in vigore dal 3 agosto 2017), in quanto non riguardante motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridic del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza (Sez. F, n. 28742 del 25/08/2020, Messnaoui, Rv. 279761).
Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del COGNOME ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di eurp quattromila .
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 marzo 2024.