Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14835 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14835 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/04/2025
I difensori osservano che il Regolamento EPPO prevede che la Camera Permanente Ł incaricata di approvare o respingere le proposte dei Procuratori europei delegati, assicurando così il rispetto delle norme procedurali e delle garanzie stabilite dal regolamento stesso; nel caso in esame, la Camera Permanente aveva deliberato di procedere con l’esercizio dell’azione penale senza offrire a RAGIONE_SOCIALE, così come agli altri imputati, la possibilità di presentare osservazioni o di essere ascoltati prima dell’adozione della decisione, con violazione del diritto di difesa sancito dall’art. 41 (42a) della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, che garantisce il diritto ad essere ascoltati in tutti i procedimenti che incidano in modo diretto o individuale sulla posizione giuridica delle persone, società o associazioni interessate; la decisione della Camera Permanente dell’EPPO, emessa il 3.3.2023, di autorizzare la richiesta di rinvio a giudizio, appariva manifestamente illegittima per violazione del principio fondamentale del diritto degli imputati ad essere ascoltati ai sensi degli artt. 41 (2a) e 47 CDFUE nonchØ del loro diritto di difesa ai sensi dell’art. 6 CEDU e agli artt. 35 e 36 del Regolamento EPPO, con la precisazione che le garanzie assicurate dall’ordinamento interno, quale l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, non potevano considerarsi sovrapponibili rispetto al diritto sopra invocato; poichØ l’intero procedimento penale era affetto da illegittimità, Ł quindi doveroso che questa Corte, quale giudice di ultima istanza, rimetta la questione di diritto al vaglio decisionale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
1.4. Falsa applicazione dell’esimente prevista dall’art. 195, par. 3, lett. c) del Regolamento UE n. 1046/2018 sull’applicazione ratione materiae della nozione di profitto nei bandi di sovvenzione diretta dell’Unione Europea (con particolare riferimento al Programma UE denominato ‘Horizon 2020’) e sull’applicabilità a Unione Italiana Vini della predetta esimente, che avrebbe escluso il presupposto dell’ingiusto profitto del reato contestato; l’ordinanza impugnata, a pag.4, si era limitata ad affermare che ‘la questione relativa alla qualificazione di UIV quale Ente senza scopo di lucro con conseguente non applicabilità dei divieti previsti dal Regolamento n. 1046 del 2018 costituisce all’evidenza un profilo di merito attinente alla configurabilità del reato contestato e che sarà oggetto di valutazione sulla scorta dell’intero fascicolo processuale’, argomento di per sØ assolutamente inidoneo a giustificare la mancata disamina di tale profilo di diritto dell’Unione, che rendeva quindi l’ordinanza del 14 novembre 2024 viziata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 192 par. 3 lett. c) del Regolamento n. 1046/2018 e per inosservanza del piø generale principio di primato del diritto comunitario.
I difensori, pertanto, chiedono a questa Corte di sollevare dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea le seguenti questioni pregiudiziali:
se l’art. 448 comma 2-bis cod. proc. pen. debba essere interpretato in maniera da permettere ai soggetti che hanno beneficiato di una sentenza di applicazione della pena, di poter ricorrere al giudice di ultima istanza in sede nazionale facendo valere la violazione di norme, regolamenti e principi del diritto dell’Unione Europea, e piø in particolare delle norme citate nelle questioni pregiudiziali seguenti, al fine di richiedere rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea;
in caso di risposta negativa alla questione citata, se l’art 448 comma 2-bis cod. proc. pen.,
non permettendo a questa Suprema Corte di poter conoscere di eventuali violazioni del diritto dell’Unione Europea ed effettuare, ove necessario, rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea affinchŁ l’articolo vada disapplicato perchØ in contrasto con l’art. 267 TFUE e con il diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo garantito dal diritto dell’Unione Europea;
se il combinato disposto degli artt. 10, 35, 36 e 42 del Regolamento UE 2017/1939 relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura Europea (EPPO), letto alla luce dei diritti fondamentali garantiti dal diritto dell’Unione Europea ed in particolare alla luce dei principi generali del diritto di difesa e di essere sentiti, degli artt. 41 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, e dell’art. 6 CEDU, debba essere interpretato, nel caso di specie, nel senso che, prima di prendere una decisione rispetto alla richiesta di rinvio a giudizio e/o di esercizio dell’azione penale da proporsi in sede nazionale dal competente Procuratore Delegato EPPO, la Camera Permanente EPPO debba concedere ai soggetti indagati il diritto di essere sentiti e/o presentare osservazioni;
in caso di risposta affermativa alla questione pregiudiziale precedente, se il giudice penale nazionale adito debba o possa direttamente dichiarare l’invalidità di tale Decisione della Camera Permanente EPPO ed a cascata di tutti gli atti successivi, per violazione del diritto di difesa e di essere sentiti ai sensi degli artt. 41 e 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, e dell’art. 6 CEDU, o se debba richiedere in sede pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea che sia la medesima Corte ad esaminare ed eventualmente invalidare la decisione della Camera Permanente citata;
nel caso in cui la competenza a dichiarare l’invalidità della Decisione della Camera Permanente EPPO sia attribuita alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, si chiede se la decisione della Camera Permanente EPPO nel presente procedimento emessa nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e degli altri imputati sia invalida per contrasto con i principi generali del diritto dell’Unione Europea, del diritto di difesa, del diritto di essere sentiti, e per contrasto con gli artt. 41 e 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, e con l’art. 6 CEDU;
in caso di risposta negativa alle questioni precedenti, si chiede se il combinato disposto degli artt. 10, 35 e 36 del Regolamento UE 2017/1939, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura Europea (EPPO), letto alla luce dei diritti fondamentali garantiti dal diritto dell’Unione Europea ed in particolare alla luce dei principi generali del diritto di difesa e di essere sentiti, degli artt. 41 e 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, e dell’art.6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, debba essere considerato invalido per contrasto con i medesimi;
se l’art. 192 par. 3 lett. c) del Regolamento UE n. 1046/2018 debba essere interpretato in maniera da permettere ad una entità riconosciuta dal proprio diritto nazionale quale entità senza scopo di lucro, di produrre profitto – come definito dall’art. 192 par. 2 del medesimo Regolamento nell’ambito dell’azione o del programma di lavoro realizzato quale beneficiario di una sovvenzione dell’Unione Europea;
in caso di risposta affermativa alla questione pregiudiziale precedente, se il giudice nazionale adito debba o possa richiedere la modifica dell’imputazione ai sensi dell’art. 423 cod. proc. pen., nella parte in cui si afferma che ‘il beneficiario avrebbe sostenuto il restante 20% dei costi e non avrebbe maturato alcun profitto’, in quanto non ravvisabile un ingiusto profitto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto Ł infondato.
1.1. Preliminarmente, si deve rilevare che la richiesta dei difensori di trattazione del ricorso in
camera di consiglio con la loro partecipazione Ł stata dichiarata inammissibile in quanto non consentita dalle modalità del rito previste dall’art. 611 comma 1-bis cod. proc. pen. e comunque tardivamente presentata.
Relativamente al primo ed al quarto motivo di ricorso, Ł noto che ai sensi dell’art. 448 comma 2-bis cod. proc. pen., entrato in vigore il 3 agosto 2017, ‘Il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza’. Pertanto, poichØ i motivi di ricorso sono successivi alla data di entrata in vigore del comma sopra richiamato, non rientrando gli stessiin nessuno di quelli indicati, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
Il primo motivo, infatti, non Ł relativo ad una errata qualificazione giuridica, ma contesta la sussistenza del profitto in capo alla società, e quindi si traduce in una censura relativa al fatto che la società non avrebbe dovuto essere ritenuta responsabile dell’illecito contestato per mancanza di uno dei requisiti costitutivi della truffa, censura che non può essere proposta alla luce della norma sopra richiamata.
Analoghe considerazioni devono essere svolte con riferimento al quarto motivo di ricorso, nel quale viene censurata la sussistenza del profitto per errata applicazione dell’art. 195 par. 3 lett c) Regolamento UE 1046/2018, operazione non consentita nella presente sede perchØ non rientra nei motivi proponibili ai sensi dell’art. 448 comma 2-bis sopra citato.
1.2. Quanto al secondo ed al terzo motivo di ricorso, deve essere richiamato quanto affermato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nella sentenza del 29/04/2014 Terza Sezione, NATSVLISHVILI AND TOGONIDZE contro GEORGIA; nella sentenza, la Corte rilevava come fosse ‘una caratteristica comune dei sistemi di giustizia penale europei il fatto che un imputato ottenga una diminuzione delle accuse o riceva una riduzione della pena in cambio di una dichiarazione di colpevolezza o di un’eccezione di non contestazione dell’accusa prima del processo o di una cooperazione sostanziale con l’autorità inquirente (vedere lo studio di diritto comparato, paragrafi 62-75 sopra; vedere anche, a questo proposito, COGNOME c. Bulgaria, n. 28674/03, § 17, 27 novembre 2008, e COGNOME c. Polonia, n. 33198/04, § 12, 20 febbraio 2007). Non può esserci nulla di improprio nel processo di contrattazione dell’accusa o della pena in sØ (vedere, mutatis mutandis, COGNOME e altri contro Regno Unito (dec.), nn. 24027/07, 11949/08 e 36742/08, CEDU 6 luglio 2010)’; dopo aver rimarcato che la contrattazione del patteggiamento offre gli importanti vantaggi di una rapida decisione dei casi penali e di alleggerire il carico di lavoro di tribunali, pubblici ministeri e avvocati, ‘la Corte ritiene che, quando l’effetto del patteggiamento Ł che un’accusa penale nei confronti dell’imputato sia determinata attraverso una forma abbreviata di esame giudiziario, ciò equivale, in sostanza, alla rinuncia a una serie di diritti procedurali. Ciò non può costituire un problema di per sØ, poichØ nØ la lettera nØ lo spirito dell’articolo 6 impediscono a una persona di rinunciare a tali garanzie di sua spontanea volontà (vedere Scoppola c. Italia (n. 2) , n. 10249/03, § 135, 17 settembre 2009). La Corte osserva a questo proposito che già nel 1987 il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa aveva invitato gli Stati membri ad adottare misure volte a semplificare le procedure giudiziarie ordinarie ricorrendo, ad esempio, a processi sommari abbreviati (vedere paragrafo 54 sopra)’ (par. 90 e 91).
Pertanto, già dal 2014 nella giurisprudenza europea Ł stata affermata la compatibilità con i requisiti dell’equità processuale di una forma di definizione del giudizio alternativa al rito ordinario, analoga al “patteggiamento” previsto dal nostro sistema codicistico; ciò comporta che anche le censure sulla violazione dell’art. 41 (2a) della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea siano manifestamente infondate in quanto, in relazione alle garanzie dell’equo processo e del doppio grado di giurisdizione, la Corte di Strasburgo ha ritenuto che la decisione di patteggiamento implichi
la consapevole rinuncia da parte dell’imputato ad una serie di diritti e garanzie procedurali, quali il diritto ad essere ascoltato; nØ può essere ritenuta sussistente la violazione dell’art. 47 (Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale), posto che rientra nel libero esercizio delle facoltà difensive dell’imputato il diritto di affrontare il giudizio ordinario, e di avvalersi così dei mezzi di impugnazione ad esso propri, ovvero di presentare richiesta di patteggiamento, coi benefici – e i limiti – che la legge ricollega, in questo caso, all’accordo delle parti sulla pena (vedi, per il riconoscimento del principio secondo cui al rito del patteggiamento corrisponde ragionevolmente, rispetto a quello ordinario, una diversa conformazione dei mezzi di impugnazione esperibili, Sez. 6, n. 2400 del 1992, COGNOME, che ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 448, comma 2, cod. proc. pen. per contrasto con l’art. 3 Cost.); la scelta del rito alternativo, che sia immune da vizi per quanto concerne l’espressione della volontà dell’imputato (vizi che, significativamente e opportunamente, legittimano pubblico ministero e imputato al ricorso per cassazione ai sensi dello stesso comma 2-bis dell’art. 448), sostiene ragionevolmente una consapevole accettazione delle parti del ristretto regime di impugnazione definito dalle nuove norme.
1.3. Manifestamente infondata Ł anche la questione relativa alla violazione degli artt. 35 e 36 del Regolamento UE 2017/1939: la decisione della Camera permanente di esercitare l’azione penale, a seguito della relazione presentata dal Procuratore europeo, non incide in alcun modo sul diritto di difesa dell’imputato, assicurato dalla sequenza procedimentale assicurata dal codice di procedura penale, visto che corrisponde alla decisione del pubblico ministero di chiedere o meno l’archiviazione al giudice per le indagini preliminari o procedere con la richiesta di rinvio a giudizio o la citazione diretta a giudizio; la facoltà per l’indagato di presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio Ł espressamente prevista dall’art. 415bis,comma 3, cod. proc. pen., per cui non si vede per quale motivo il ‘diritto all’ascolto’ dell’indagato dovrebbe essere esercitato in una fase diversa da quella prevista dal codice di procedura penale; il Regolamento si limita ad aggiungere una serie di ulteriori consultazioni interne all’Ufficio prima di consentire al Procuratore Europeo Delegato alle funzioni di Pubblico Ministero di chiedere il rinvio a giudizio.
Infatti, il Procuratore Europeo Delegato non può depositare direttamente la richiesta di rinvio a giudizio come un ordinario Pubblico Ministero, ma Ł tenuto a inviare – unitamente a tutto il fascicolo d’indagine e agli eventuali atti difensivi – una relazione sulla vicenda al Procuratore Europeo che, sulla base di ciò, Ł tenuto a predisporre a sua volta una relazione da trasmettere alla Camera Permanente che, presa visione delle relazioni e dell’intero fascicolo, espone il proprio parere sulle determinazioni del Procuratore Europeo Delegato; improprio Ł quindi il termine ‘decisione’ utilizzato dal Regolamento EPPO per definire detto parere, trattandosi di un mero passaggio interno nell’organizzazione amministrativa della Procura Europea, effettuato dopo aver preso piena cognizione del contraddittorio già instaurato, senza alcun pregiudizio, pertanto, dei diritti della difesa.
Per le considerazioni esposte, dunque, le richieste di sollevare dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea le questioni pregiudiziali di cui al ricorso sono manifestamente infondate, ed il ricorso deve essere rigettato. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 03/04/2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME