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Appello patteggiamento e EPPO: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un ente che, dopo una sentenza di applicazione della pena su richiesta (patteggiamento), aveva contestato la procedura della Procura Europea (EPPO). La Corte ha stabilito che l’appello patteggiamento ha limiti tassativi e non può essere usato per contestare questioni di merito, come la sussistenza del profitto illecito. Inoltre, la scelta del patteggiamento implica una consapevole rinuncia a determinate garanzie procedurali, incluso il diritto di essere ascoltati prima della decisione di esercitare l’azione penale, poiché tale diritto è garantito all’interno del procedimento nazionale.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello Patteggiamento e EPPO: la Cassazione chiarisce i limiti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande attualità: i limiti dell’appello patteggiamento in procedimenti che coinvolgono la Procura Europea (EPPO). Il caso riguardava un ente che, dopo aver concordato la pena, ha tentato di contestare la procedura seguita dall’organo inquirente europeo, lamentando una violazione dei propri diritti di difesa. La decisione fornisce chiarimenti cruciali sul bilanciamento tra le garanzie difensive previste dal diritto dell’Unione Europea e le specificità del rito alternativo del patteggiamento nel nostro ordinamento.

I Fatti del Caso: L’accusa e il ricorso in Cassazione

Un’associazione di categoria, insieme ad altri soggetti, era stata accusata di un reato connesso all’ottenimento di fondi europei nell’ambito di un noto programma di finanziamento. A seguito delle indagini condotte dalla Procura Europea, gli imputati avevano scelto la via del patteggiamento, ottenendo una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.

Successivamente, i difensori hanno proposto ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. Violazione del diritto di essere ascoltati: Sostenevano che la Camera Permanente dell’EPPO avesse autorizzato l’azione penale senza prima dare all’ente la possibilità di presentare le proprie osservazioni, in violazione degli articoli 41 e 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (CDFUE).
2. Errata applicazione delle norme UE sul profitto: Contestavano la qualificazione dell’ente come soggetto che aveva tratto un “ingiusto profitto”, sostenendo che, in quanto entità senza scopo di lucro, avrebbe dovuto beneficiare di una specifica esimente prevista da un regolamento europeo.

Le Questioni Giuridiche: L’appello patteggiamento e i diritti UE

Il cuore della controversia risiedeva nella possibilità di far valere presunte violazioni del diritto dell’Unione Europea attraverso un appello patteggiamento. La difesa chiedeva alla Cassazione di sollevare diverse questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia dell’UE per chiarire se la normativa italiana, che limita fortemente i motivi di ricorso contro le sentenze di patteggiamento, fosse compatibile con i principi europei di tutela giurisdizionale effettiva.

In sostanza, si chiedeva se un imputato che sceglie un rito premiale potesse comunque, in seguito, lamentare vizi procedurali avvenuti in una fase precedente, specie se legati all’operato di un organo sovranazionale come l’EPPO.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile e infondato, rigettando tutte le richieste della difesa. La decisione si basa su tre pilastri argomentativi fondamentali.

Limiti all’Appello Patteggiamento

La Corte ha ribadito che, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, il ricorso contro una sentenza di patteggiamento è consentito solo per motivi specifici, come l’errata qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena. La contestazione sulla sussistenza dell’ingiusto profitto, secondo i giudici, non rientra in queste categorie, ma attiene al merito dei fatti, la cui valutazione è preclusa in sede di legittimità dopo un patteggiamento.

La Rinuncia ai Diritti nel Patteggiamento

Citando la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la Cassazione ha sottolineato che la scelta del patteggiamento costituisce una rinuncia consapevole a una serie di diritti e garanzie procedurali, tra cui il diritto a un processo dibattimentale completo. Questa rinuncia è il “prezzo” da pagare per ottenere i benefici del rito, come la riduzione della pena. Di conseguenza, non si può lamentare la violazione del diritto di essere ascoltati in una fase anteriore, poiché si è volontariamente scelto un percorso che comprime tali garanzie.

La Natura della Decisione EPPO

Infine, la Corte ha chiarito che la decisione della Camera Permanente dell’EPPO di procedere con l’azione penale non è un atto giurisdizionale, ma un mero passaggio interno all’organizzazione della Procura Europea. Il diritto di difesa dell’indagato, incluso il “diritto all’ascolto”, è pienamente garantito dalle norme del codice di procedura penale italiano, in particolare dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari (art. 415-bis c.p.p.), che consente all’indagato di presentare memorie, produrre documenti e chiedere di essere interrogato.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su un principio di coerenza sistemica. Permettere un’impugnazione ampia dopo il patteggiamento snaturerebbe la funzione stessa del rito, pensato per una definizione rapida e concordata del processo. La scelta del patteggiamento è una scelta strategica difensiva che implica l’accettazione di un quadro normativo specifico, con i suoi vantaggi (sconti di pena) e i suoi svantaggi (limiti all’impugnazione).

La Corte ha ritenuto che le garanzie previste dall’ordinamento italiano fossero sufficienti a tutelare i diritti dell’imputato. Il contraddittorio non è escluso, ma semplicemente posticipato a una fase successiva all’organizzazione interna dell’EPPO, trovando piena espressione nel procedimento nazionale. Di conseguenza, non è stato ravvisato alcun contrasto con il diritto dell’Unione Europea che giustificasse un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un punto fermo nei rapporti tra procedura penale nazionale, rito del patteggiamento e garanzie del diritto europeo, specialmente nell’ambito dei procedimenti gestiti dall’EPPO. Le conclusioni pratiche sono significative:

1. La scelta del patteggiamento è tombale: Una volta accettato il patteggiamento, le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate e non possono riguardare una riconsiderazione dei fatti contestati.
2. I diritti UE sono garantiti a livello nazionale: Il diritto di essere ascoltati e, più in generale, il diritto di difesa nei confronti dell’azione dell’EPPO trovano la loro tutela nelle norme del codice di procedura penale italiano, non in presunte audizioni preventive da parte degli organi interni della Procura Europea.
3. Attenzione alla strategia difensiva: Gli imputati e i loro difensori devono valutare con estrema attenzione i pro e i contro della scelta del patteggiamento, essendo consapevoli che tale opzione comporta una rinuncia implicita a far valere determinate doglianze procedurali in una fase successiva.

È possibile contestare la decisione della Procura Europea (EPPO) di procedere penalmente dopo aver scelto il rito del patteggiamento?
No. Secondo la Cassazione, la decisione dell’EPPO è un atto interno all’ufficio della procura. Il diritto di difesa è garantito dalle norme processuali nazionali e la scelta del patteggiamento preclude la possibilità di sollevare tali contestazioni procedurali.

Scegliere il patteggiamento significa rinunciare al proprio “diritto di essere ascoltati” garantito dal diritto europeo?
Sì, in parte. La Corte ha stabilito che la scelta del rito alternativo del patteggiamento comporta una consapevole rinuncia a una serie di garanzie procedurali, tra cui il diritto a un’audizione prima dell’esercizio dell’azione penale, poiché tale facoltà è bilanciata dai benefici ottenuti con l’accordo sulla pena.

Si può presentare un appello patteggiamento per contestare la sussistenza di un elemento del reato, come l’ingiusto profitto?
No. La Cassazione ha chiarito che l’appello contro una sentenza di patteggiamento è limitato a motivi specifici, come l’errata qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena. La contestazione sulla sussistenza o meno di un profitto è una questione di merito, non di diritto, e quindi non può essere oggetto di ricorso dopo un patteggiamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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