Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 35419 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 5 Num. 35419 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
dalla parte civile NOME COGNOME nato a Sorbo San Basile il DATA_NASCITA nel procedimento a carico di:
NOME nato a Sorbo San Basile il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/03/2025 del GIP del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, in quanto la parte civile non avrebbe allegato un interesse concreto, ossia l’incidenza di una differente decisione sulla propria posizione e, in caso di ammissibilità, per la trasmissione del ricorso alle Sezioni Civili;
letta la memoria depositata dai difensori dell’imputato, AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, i quali hanno concluso per l’inammissibilità del ricorso, in quanto fondato su censure non deducibili in sede di legittimità, e per l’infondatezza dello stesso nel merito;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata il GUP del Tribunale di Catanzaro ha assolto il NOME dal delitto di cui all’art. 614 cod. pen., ritenendo che l’ufficio del sindaco non potesse configurarsi luogo di privata dimora e che, peraltro, gli accessi erano
stati effettuati dall’imputato nella veste di dipendente comunale con funzioni dirigenziali.
Avverso la richiamata sentenza la parte civile ha proposto ricorso per cassazione affidandosi, con il difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, a un unico articolato motivo con il quale lamenta erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 614 cod. pen. ed illogicit à della motivazione per travisamento delle prove per omissione e per invenzione.
Sotto quest’ultimo profilo evidenzia che, a differenza di quanto assunto dalla decisione impugnata, che aveva così operato un travisamento per invenzione, al momento degli accessi nel suo ufficio, il COGNOME non rivestiva più il ruolo di dirigente.
Sottolinea che era inoltre emerso che egli esercitava, rispetto al proprio ufficio, lo jus excludendi alios perché tale luogo non era aperto al pubblico, né a tutti i dipendenti comunali, e aveva la consuetudine di chiuderlo a chiave, custodendovi anche documenti personali.
Di qui l’erronea applicazione, dell’art. 614 cod. pen. rispetto alla declinazione stessa della nozione di privata dimora ricostruita, dalle Sezioni Unite di questa Corte, quale luogo non pubblico funzionale all’esplicazione anche della vita professionale, culturale e politica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.In via preliminare occorre rilevare che la parte civile ha proposto ricorso immediato per cassazione contro una decisione di primo grado, decisione che è stata resa in data 13 marzo 2025, e, dunque, successivamente all’entrata in vigore della legge 9 agosto 2024, n. 114.
Come è noto, tale legge è tra l’altro intervenuta, mediante l’art. 1, comma 1, lett. p) , sul primo periodo dell’art. 593, comma 2, cod. proc. pen., che stabilisce , a seguito della predetta novellazione normativa, che: «Il pubblico ministero non può appellare contro le sentenze di proscioglimento per i reati di cui all’articolo 550, commi 1 e 2».
Stante la proposizione del ricorso immediato per cassazione contro la decisione di proscioglimento di primo grado dell’imputato ad opera della parte civile, deve ritenersi che tale scelta processuale abbia il proprio presupposto nella ritenuta operatività della predetta previsione normativa non solo nei confronti del pubblico ministero ma anche della parte civile.
2. Al riguardo, peraltro, va rammentato che la disposizione che radica, in via generale, il potere impugnatorio della parte civile è l’art. 576 cod. proc. pe n. che, per quel che rileva in questa sede, nel primo periodo del primo comma stabilisce che questa «può proporre impugnazione contro i capi della sentenza di condanna che riguardano l’azione civile e, ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio».
Questa norma, all’evidenza, non pone limiti al potere della parte civile di appellare pronunce di proscioglimento di primo grado, purché nel perimetro della natura dell’azione esercitata da detta parte nel processo civile e, dunque, oltre che con riguardo ai capi risarcitori e condannatori che la riguardano direttamente, ai soli effetti della responsabilità civile.
Peraltro, non è privo di rilievo che dalla prima parte del richiamato primo comma dell’art. 576 cod. proc. pen. sia stato espunto, già d all ‘ art. 6, comma 1, lett. a), della legge 20 febbraio 2006, n. 46, il precedente riferimento alla possibilità per la parte civile di appellare le decisioni di proscioglimento al ‘mezzo previsto per il pubblico ministero’.
Il che è avvenuto al fine di non estendere alla parte civile le limitazioni che erano state contestualmente introdotte dalla predetta legge -e che sono state in parte oggetto di declaratoria di illegittimità costituzionale ad opera della sentenza n. 26 del 2007 della Corte Costituzionale -rispetto al potere di proporre appello del Pubblico Ministero.
Ciò che è portato del più generale e fondamentale principio per cui la scelta della persona offesa di proporre l’azione civile nel processo penale non deve pregiudicarla rispetto alla differente scelta di introdurre detta azione nella sua sede naturale.
A corroborare quanto rilevato, sotto un primo aspetto, vengono in rilievo i principi sanciti dalle Sezioni Unite nella sentenza ‘Lista’, la quale ha precisato che l’art. 576 cod. proc. pen. deve intendersi riferito «al potere di impugnazione della parte civile in tutte le sue possibili espressioni» (Sez. U, n. 27614 del 29/03/2007, Lista, Rv. 236539), poiché, prevedendo «una generica legittimazione della parte civile ad impugnare (la parte civile può proporre impugnazione…), non limita detto potere al solo ricorso per cassazione né esclude, espressamente o per implicito, la possibilità dell’appello».
I superiori principi sono inoltre stati ribaditi e puntualizzati, più di recente, dalle medesime Sezioni Unite con la sentenza ‘Cecchini’ ( Sez. U, n. 23406 del 30/01/2025, Cecchini, Rv. 288155) la quale nell’affermare il principio in forza del quale, in tema di procedimento dinanzi al giudice di pace, la parte civile che non ha chiesto la citazione a giudizio dell’imputato è legittimata a proporre appello, ai
soli effetti della responsabilità civile, avverso le sentenze di proscioglimento pronunciate anche in relazione ai reati puniti con la sola pena pecuniaria o con la pena alternativa – in motivazione ha precisato che la disciplina di cui all’art. 593, comma 3, cod. proc. pen. (nella formulazione, applicabile ratione temporis , anteriore all’intervento, operato anche su detto comma, dalla legge n. 114 del 2024), non si applica all ‘ impugnazione della parte civile. Si è osservato, invero, che nella riferita previsione secondo cui «sono in ogni caso inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell’ammenda o la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, nonché le sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa», non si rinviene «alcun elemento univoco a conforto della tesi secondo la quale, in nome di esigenze di efficienza processuale, alla parte civile sarebbe stata preclusa la facoltà di appellare le sentenze di proscioglimento relative a reati meno gravemente sanzionati: infatti, a fronte della collocazione del terzo comma subito dopo i commi che menzionano unicamente imputato e pubblico ministero, e senza che alcuna menzione della parte civile sia in esso operata, il citato terzo comma non può che essere interpretato come logicamente “incluso” nell’alveo, non espandibile, dei precedenti commi».
Le fondamentali considerazioni compiute dalle richiamate pronunce di questa Corte nel suo massimo consesso nomofilattico operano a maggior ragione nella fattispecie in esame nella quale, invero, la disposizione espressa dall’art. 593, comma 2, cod. proc. pen., come novellata dalla legge n. 114 del 2024, a differenza di quanto avviene ancora all’attualità per il comma 3 della stessa disposizione, non contempla un’inappell a bilità ‘in ogni caso’, bensì limitata sul piano soggettivo al Pubblico Ministero.
In definitiva deve essere affermato il seguente principio di diritto:
L’art. 593, comma 2, cod. proc. pen., nella formulazione novellata dall’art. 2, comma 1, lett. p), della legge 9 agosto 2024, n. 114, laddove prevede che il pubblico ministero non può appellare le pronunce di proscioglimento per i reati di cui all’art. 550, commi 1 e 2 del medesimo codice, non trova applicazione per la parte civile, sia in quanto fa espresso riferimento al solo pubblico ministero, sia perché il potere impugnatorio della parte civile è regolato in via esclusiva, in ragione delle differenti finalità dell’azione civile nel processo penale rispetto all’azione penale d e l Pubblico Ministero, dall’ar t. 576 cod. proc. pen.
5. In applicazione dell’enunciato principio, pertanto, il ricorso deve essere qualificato come appello, e gli atti devono essere rimessi alla Corte di Appello di Catanzaro per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Qualificato il ricorso come appello dispone rimettersi gli atti alla Corte di Appello di Catanzaro per l’ulteriore corso. Così è deciso, 17/09/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME