Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23199 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23199 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Napoli il 05/12/1968
avverso la sentenza del 04/10/2024 della CORTE di APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata; udito il difensore dell’imputato, avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Firenze ha confermato la condanna di NOME COGNOME per i delitti di emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8 d. Igs. n. 74 del 2000, ora inserito all’art. 79 del d. Igs. n. 1 del 2024 – capo B) e di bancarotta impropria da operazioni dolose (art. 223, comma secondo, n. 2 legge fall. – capo El) a lui ascritti nella veste di
amministratore, dall’Il maggio 2015 al 21 settembre 2016, di RAGIONE_SOCIALE società dichiarata fallita 18 giugno 2017.
Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, nel periodo in cui COGNOME era amministratore, la RAGIONE_SOCIALE aveva emesso fatture per oltre 3 milioni e 500mila euro verso la società RAGIONE_SOCIALE. Si trattava di fatture relative a operazioni soggettivamente inesistenti, poiché RAGIONE_SOCIALE era una “cartiera” che operava quale intermediaria fittizia: la merce veniva consegnata a RAGIONE_SOCIALE direttamente dall’effettivo fornitore; RAGIONE_SOCIALE si limitava ad emettere le fatture maggiorate dell’IVA che poi non versava, così accumulando un ingente debito verso l’erario, avviandosi al fallimento.
Ricorre l’imputato, tramite il difensore, articolando tre motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
Con il primo denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la mancanza assoluta di apparato argomentativo sul motivo di appello attinente al capo B).
La sentenza impugnata muove dal rilievo che l’imputato non avrebbe impugnato il capo B), sicché nulla espone al riguardo, quando invece l’atto di appello svolgeva una specifica critica alla affermazione di responsabilità per tale delitto, evidenziando l’assenza di prova su un apporto concorsuale dell’imputato in relazione alla emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. c) ed e) cod. proc. pen., che l’erroneità dell’assunto di partenza travolge anche la statuizione di colpevolezza in ordine al capo El), dato che la stessa, secondo l’impostazione della sentenza impugnata, riposa sul “giudicato” che erroneamente la Corte di appello ha ritenuto essersi formato sul capo B).
Con il terzo contesta il diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Si è proceduto a discussione orale su richiesta del difensore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Il primo motivo è fondato.
La sentenza impugnata premette che “nessuna contestazione è stata mossa in relazione al capo B) dell’imputazione, concernente l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, sicché il relativo accertamento è passato in giudicato”
[rectius è
oggetto di preclusione, come insegnano le Sez. U, n. 1 del 2000,
Tuzzolino] (cfr. pag. 10).
Il presupposto è erroneo, poiché l’atto di appello, invece, dichiarava di impugnare espressamente anche la condanna dell’imputato in ordine al reato di
cui al capo B (cfr. pag. 2 atto di appello), svolgendo critiche sulla affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato fiscale (pagg. 6 e ss. atto di appello).
Critiche del tutto ignorate dal giudice di secondo grado che, così, è incorso nel vizio di nullità sanzionato dall’art. 125 comma 3 cod. proc. pen.
3. È del pari fondato il secondo motivo.
Con il gravame l’imputato aveva contestato di essere responsabile del delitto di bancarotta da operazioni dolose, assumendo di essere stato un mero
“prestanome”.
La Corte di appello non fornisce alcuna concreta risposta sul tema in oggetto poiché, dopo una affermazione generica
(“niente consente di ritenere la sua estraneità ai fatti”),
aggiunge che gravava sull’imputato, quale amministratore della società, l’obbligo di impedire che altri operassero nella maniera illecita
contestata (ma in tal modo crea una responsabilità oggettiva di posizione del tutto sganciata dall’analisi di condotte concrete e consapevoli addebitabili all’agente) per poi cadere nel medesimo errore di impostazione rilevato per il capo B), vale a dire ritenere che su detto capo non ci fossero contestazioni: “l’irretrattabilità del reato di cui al capo B) impedisce di mettere in discussione la responsabilità di COGNOME anche per il reato residuo (sul fatto che egli sia responsabile della emissione delle fatture false si è formato il giudicato )” (pag. 11 sentenza impugnata).
Il motivo attinente alla concessione delle circostanze attenuanti generiche è assorbito.
Consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze. Così deciso il 16/05/2025