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Appello misura cautelare: i poteri del Tribunale

La Cassazione chiarisce l’estensione dei poteri del giudice in sede di appello misura cautelare proposto dal Pubblico Ministero. Anche se il PM impugna solo la qualificazione giuridica del reato, il Tribunale della Libertà deve riesaminare tutti i presupposti per l’applicazione della misura, come i gravi indizi e le esigenze cautelari. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando che l’appello del PM devolve l’intera questione al giudice superiore, il quale non è vincolato ai singoli motivi proposti.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello misura cautelare: quali sono i poteri del giudice?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9958 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: l’estensione dei poteri del giudice in caso di appello misura cautelare proposto dal Pubblico Ministero contro un’ordinanza di rigetto. La pronuncia chiarisce che, anche a fronte di un motivo di appello circoscritto, il Tribunale della Libertà ha il potere-dovere di riesaminare l’intera vicenda cautelare, senza essere vincolato dai specifici punti sollevati dall’accusa.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla richiesta del Pubblico Ministero di applicare la custodia cautelare in carcere nei confronti di un soggetto, indagato per tentata estorsione continuata e lesioni aggravate. Secondo l’accusa, l’indagato aveva tentato di costringere, con violenza e minaccia, un’altra persona a consegnargli 400 euro come prezzo per la cessione di sostanze stupefacenti.

Il Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.) rigettava la richiesta, riqualificando il fatto come esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza. Tale diversa qualificazione giuridica escludeva la possibilità di applicare misure cautelari coercitive.

Il Pubblico Ministero proponeva appello, contestando esclusivamente la qualificazione giuridica operata dal G.i.p. Il Tribunale di Bari, in accoglimento dell’appello, annullava l’ordinanza del G.i.p. e disponeva la custodia cautelare in carcere per l’indagato, ravvisando gravi indizi per i reati originariamente contestati e la sussistenza di esigenze cautelari. L’indagato, a sua volta, proponeva ricorso per cassazione avverso quest’ultima decisione.

L’Appello Misura Cautelare e i Motivi di Ricorso

La difesa dell’indagato ha articolato il ricorso in Cassazione su tre motivi principali:

1. Inammissibilità dell’appello del PM per carenza di specificità: Secondo il ricorrente, il Pubblico Ministero si era limitato a contestare la qualificazione giuridica del fatto, omettendo di indicare le ragioni a sostegno di tutti gli altri presupposti della misura cautelare (gravi indizi, esigenze cautelari, adeguatezza). L’appello sarebbe stato, quindi, generico e inammissibile.
2. Carenza di interesse del PM ad impugnare: La difesa sosteneva che il PM avesse perso interesse ad agire, poiché in un altro procedimento connesso, relativo a fatti analoghi, non aveva impugnato i provvedimenti di attenuazione e successiva revoca della misura cautelare. Tale comportamento sarebbe stato contraddittorio.
3. Manifesta illogicità della motivazione: Il ricorrente lamentava una contraddizione nella motivazione del Tribunale, che da un lato affermava di non essere condizionato dalle vicende di un procedimento connesso, ma dall’altro valorizzava elementi di quello stesso procedimento per giustificare la misura più afflittiva.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, rigettando tutte le censure difensive e offrendo importanti chiarimenti sui poteri del giudice dell’appello cautelare.

Sul primo motivo, relativo alla specificità dell’appello del PM, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato, richiamando anche una pronuncia delle Sezioni Unite (sent. n. 18339/2004). Quando il Pubblico Ministero appella un’ordinanza che ha rigettato la sua richiesta cautelare, l’effetto devolutivo è pieno. Ciò significa che l’intera questione viene trasferita al giudice superiore (il Tribunale della Libertà), il quale non agisce solo come un organo di revisione critica, ma deve riesaminare ex novo l’intera vicenda. Il suo thema decidendum (l’oggetto della decisione) è costituito dalla verifica di tutti i presupposti richiesti dalla legge per l’adozione della misura (artt. 273, 274, 275 c.p.p.), indipendentemente dalla specificità dei motivi di appello. Pertanto, il PM può legittimamente limitarsi a contestare un singolo punto (come la qualificazione giuridica), investendo comunque il Tribunale del compito di una valutazione completa e autonoma.

Anche il secondo motivo, sulla presunta carenza di interesse del PM, è stato ritenuto infondato. La Corte ha sottolineato che le condotte oggetto dei due procedimenti, sebbene connesse, erano diverse. Di conseguenza, le valutazioni sulla sussistenza dei presupposti cautelari in un procedimento non possono pregiudicare o vincolare quelle relative all’altro. L’acquiescenza del PM in un caso non comporta la perdita di interesse a impugnare in un altro, poiché i fatti sono distinti.

Infine, la Cassazione ha escluso la manifesta illogicità della motivazione. Non vi è contraddizione nell’affermare che la valutazione è autonoma rispetto alle vicende di un altro procedimento e, al contempo, utilizzare alcune risultanze di quel procedimento (come la collaborazione di correi) per valutare l’adeguatezza della misura. Le due affermazioni non sono logicamente incompatibili.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale in materia di impugnazioni cautelari. L’appello del Pubblico Ministero contro il diniego di una misura cautelare ha un effetto devolutivo ampio, che investe il Tribunale della Libertà del potere-dovere di una rivalutazione integrale e autonoma di tutti i presupposti di legge. Il giudice dell’appello non è un mero revisore dei motivi proposti, ma è chiamato a decidere nuovamente sulla richiesta cautelare nella sua interezza, garantendo una verifica completa della fondatezza della pretesa punitiva dello Stato in quella fase procedimentale.

Quando il Pubblico Ministero appella il rigetto di una misura cautelare, il giudice dell’appello è vincolato ai motivi specifici sollevati?
No. Secondo la Cassazione, la cognizione del giudice dell’appello si estende all’intero ‘thema decidendum’, cioè alla verifica di tutti i presupposti per l’applicazione della misura (gravi indizi, esigenze cautelari, adeguatezza), anche se il PM ha contestato un solo aspetto, come la qualificazione giuridica del fatto.

L’inerzia del Pubblico Ministero in un procedimento connesso può fargli perdere l’interesse ad impugnare in un altro procedimento?
No. La Corte ha stabilito che, trattandosi di condotte diverse, sebbene connesse, le valutazioni cautelari sono autonome per ciascun procedimento. Il fatto che il PM non abbia impugnato un’attenuazione della misura in un caso non gli preclude l’interesse a impugnare il rigetto della misura in un altro caso basato su fatti distinti.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi sollevati sono stati ritenuti manifestamente infondati. La Corte ha confermato la correttezza della decisione del Tribunale, sia per quanto riguarda l’ampiezza dei poteri decisori in sede di appello, sia per l’assenza di carenza di interesse del PM e di vizi logici nella motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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