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Appello licenza internato: la Cassazione chiarisce

Un internato ha impugnato il diniego di una licenza. La Cassazione ha riqualificato il ricorso, stabilendo che l’appello licenza internato va presentato al Tribunale di Sorveglianza, non direttamente in Cassazione, e ha trasmesso gli atti all’organo competente.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello licenza internato: La Cassazione chiarisce il giudice competente

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un importante aspetto procedurale: a chi va rivolto l’appello licenza internato? La Suprema Corte, con una decisione chiara e fondata su principi consolidati, ha stabilito che il rimedio corretto contro il diniego di una licenza da parte del Magistrato di Sorveglianza è l’appello al Tribunale di Sorveglianza, e non il ricorso diretto in Cassazione. Questa pronuncia riafferma le garanzie giurisdizionali previste per le persone sottoposte a misure di sicurezza detentive.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla richiesta di un uomo, internato in una Casa Circondariale in regime speciale ex art. 41-bis Ord. pen., di ottenere una licenza di nove giorni. Il Magistrato di Sorveglianza di Udine, con un provvedimento, dichiarava inammissibile tale istanza. Contro questa decisione, l’interessato, tramite il suo difensore, proponeva un’impugnazione, chiedendo che venisse qualificata come ricorso per Cassazione per violazione di legge. Il Tribunale di Sorveglianza di Trieste, ricevuti gli atti, li trasmetteva quindi alla Corte di Cassazione per la relativa decisione.

La Decisione sulla competenza per l’appello licenza internato

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha preso una decisione puramente processuale ma di fondamentale importanza. Invece di decidere nel merito del ricorso, ha stabilito che l’atto di impugnazione era stato erroneamente indirizzato. Il provvedimento del Magistrato di Sorveglianza che nega una licenza non è ricorribile direttamente per Cassazione, ma deve essere impugnato mediante appello dinanzi al Tribunale di Sorveglianza, ai sensi dell’art. 680 del codice di procedura penale.

Di conseguenza, la Corte ha applicato il principio di conservazione degli atti giuridici, ha riqualificato il ricorso come appello e ha ordinato la trasmissione degli atti al Tribunale di Sorveglianza di Trieste, quale giudice funzionalmente competente a decidere.

Le Motivazioni

La Suprema Corte basa la sua decisione su un solido orientamento giurisprudenziale. Le motivazioni possono essere così riassunte:

1. Natura del provvedimento: Le licenze previste dall’art. 53 dell’Ordinamento Penitenziario sono considerate misure di trattamento extramurale. I provvedimenti che le concedono, le negano o le revocano incidono direttamente sulla modalità esecutiva della misura di sicurezza detentiva e, di conseguenza, sul grado di libertà personale dell’internato. Negare una licenza significa inasprire il grado di afflittività della misura.

2. Estensione delle garanzie giurisdizionali: La Corte richiama una fondamentale sentenza della Corte Costituzionale (n. 53 del 1993), la quale ha chiarito che le garanzie giurisdizionali previste per l’esecuzione della pena devono essere estese anche all’esecuzione delle misure di sicurezza. Di conseguenza, decisioni così importanti non possono essere sottratte a un pieno controllo giurisdizionale.

3. Il rimedio dell’appello: Proprio per garantire questo pieno controllo, il codice di procedura penale, all’art. 680, prevede l’appello al Tribunale di Sorveglianza come strumento per contestare le decisioni del Magistrato di Sorveglianza in materia di misure di sicurezza. Questo rimedio consente un riesame completo, sia dei fatti che del diritto, a differenza del ricorso per Cassazione, che è limitato al solo controllo di legittimità.

4. Principio di conservazione: L’errore della parte nel qualificare l’impugnazione non ne determina l’inammissibilità. L’art. 568, comma 5, c.p.p. stabilisce il cosiddetto “principio di conservazione dell’impugnazione”. Secondo tale principio, il giudice che riceve un’impugnazione erroneamente proposta deve qualificarla correttamente e trasmetterla al giudice competente. È esattamente ciò che ha fatto la Cassazione in questo caso, riqualificando il ricorso in appello.

Le Conclusioni

La decisione in esame è un importante promemoria sulla corretta procedura da seguire nell’impugnare i provvedimenti del Magistrato di Sorveglianza. La Corte di Cassazione ribadisce che per le decisioni relative alle licenze agli internati, che toccano la libertà personale, è garantito un doppio grado di giudizio di merito. L’appello licenza internato va proposto al Tribunale di Sorveglianza, che può valutare nuovamente tutti gli aspetti della questione. Questa pronuncia non solo guida gli operatori del diritto, ma rafforza il sistema di tutele per i soggetti sottoposti a misure di sicurezza, assicurando che le decisioni che li riguardano siano soggette a un controllo giurisdizionale completo ed effettivo.

Qual è il rimedio corretto per impugnare il diniego di una licenza da parte del Magistrato di Sorveglianza?
Il rimedio corretto è l’appello al Tribunale di Sorveglianza, come previsto dall’art. 680 del codice di procedura penale, e non il ricorso diretto alla Corte di Cassazione.

Cosa succede se un’impugnazione viene presentata a un giudice incompetente, come la Corte di Cassazione in questo caso?
L’impugnazione non viene dichiarata inammissibile. In applicazione del principio di conservazione degli atti (art. 568, comma 5, c.p.p.), il giudice riqualifica l’atto con il nome corretto (da ricorso ad appello) e lo trasmette al giudice che ha la competenza per decidere.

Perché i provvedimenti sulle licenze agli internati sono appellabili davanti al Tribunale di Sorveglianza?
Perché tali provvedimenti incidono sul grado di privazione della libertà personale dell’internato. Secondo la giurisprudenza, anche costituzionale, queste decisioni devono essere assistite da piene garanzie giurisdizionali, che includono la possibilità di un riesame completo nel merito da parte di un giudice collegiale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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