Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 19966 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 19966 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BERGAMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/03/2023 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
uditi gli AVV_NOTAIOti AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, entrambi in difesa di COGNOME NOME, che, riportandosi ai motivi del ricorso, ne chiedono l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
GLYPH Con sentenza del 28 marzo 2023, la Corte di Appello di Trieste, decidendo sull’appello della parte civile e del Pubblico Ministero, nonché sull’appello incident dell’imputato, ha, in parziale riforma della sentenza emessa, in data 13 luglio 2018, dal Tribunale di Pordenone – che aveva condannato NOME NOME per il reato di bancarotta
fraudolenta documentale e distrattiva limitatamente agli importi di euro 13.000,00 e di euro 16.300,00 (Capo A n. 1, da 1.A a 1.D e 2), in qualità di presidente del consiglio amministrazione – dal 27.10.2009 al 24.05.2010 – e di amministratore di fatto – nel periodo antecedente dal 2008 al 26.10.2009 e successivo dal 25 maggio 2010 alla data del fallimento – della RAGIONE_SOCIALE (in seguito RAGIONE_SOCIALE), dichiarata fallita dal Tribuna Pordenone il 7.10.2010, alla pena di anni tre di reclusione – rideterminato la pena in ann due di reclusione, disponendo, inoltre, la revoca della pena accessoria dell’interdizione da pubblici uffici e la riduzione delle pene accessorie dell’inabilitazione all’eserci un’impresa commerciale e dell’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsias impresa in anni due; ha confermato nel resto la decisione di primo grado.
Avverso l’indicata sentenza ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo dei propri difensori di fiducia, AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, articolando quattro motivi.
In premessa, si ricorda che, con ordinanza del 27.01.2022, la Corte di appello di Trieste, accoglieva la richiesta di rinnovazione della notifica all’imputato degli appelli principa art. 584 cod. proc. pen., a cui seguiva la proposizione di appello ircidentale da parte del difesa, con cui si chiedeva la radicale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale d Pordenone nei confronti dell’odierno ricorrente per i fatti contestatigli.
Nel corso del procedimento, la Corte territoriale acquisiva varia documentazione oggetto del giudizio civile riguardante la responsabilità della gestione della fallita, promosso confronti del coimputato COGNOMECOGNOME che aveva patteggiato la pena in relazione ai fatti per c è processo. Nel giudizio civile si era disposta una perizia tecnica il c:ui esito avrebbe dov indurre ad effettuare una perizia anche in sede penale per dissipare ogni dubbio sui fatti oggetto del giudizio, specie ove si consideri che il Tribunale di Trieste – Sezio specializzata in materia di impresa -, con sentenza del 27.04.2023, forniva una diversa ricostruzione tecnica, respingendo la richiesta risarcitoria promossa dalla stessa parte civi impugnante in sede penale contro il NOME.
2.1. Con il primo motivo, si denunzia l’inosservanza dell’art. 595 cod. proc. pen., relazione alla dichiarazione di inammissibilità dell’appello incidentale proposto dalla dif dell’odierno ricorrente.
In particolare, la Corte di appello ha erroneamente sostenuto che l’appello incidentale proposto nell’interesse dell’imputato sia limitato ai soli motivi dell’impugnazione princi proposta sia dalla parte civile, sia dal pubblico ministero, anziché estendersi anche agli al punti della decisione, connessi all’appello principale, non tenendo conto che l’appell incidentale deve estendersi necessariamente all’intero capo della sentenza, investita da quello principale, ancorché sia stato limitato solo ad alcuni aspetti parziali d contestazione. Peraltro, la declaratoria di inammissibilità indicata non ha consentito l’esam della vicenda processuale nel merito.
La difesa sostiene che la circostanza per cui l’appello principale ha riguardato solo la par della sentenza che ha assolto l’imputato, determina che l’appello incidentale riguardante quello stesso ed unico capo di imputazione, giustifichi che lo stesso abbia riguardato anche altri aspetti, direttamente legati a quell’unico capo, anche se non trattati negli ap principali. Per tali ragioni, tali aspetti avrebbero dovuto essere esaminati dalla Co territoriale, conducendola a diverse conclusioni a favore del ricorrente.
In tale valutazione si deve altresì considerare – sottolinea la difesa – che il rea bancarotta patrimoniale anche quando si compone di una pluralità di condotte è unico e da ritenere unitario, sebbene aggravato dalla pluralità dei fatti.
2.2. Con il secondo motivo, si deduce la violazione degli artt. 216 e SS. I. fall. relazione all’erronea qualificazione di amministratore di fatto attribuita all’imputato.
Si osserva, in particolare, come il COGNOME abbia sostenuto finanziariamente i soci COGNOME e COGNOME – finanziandoli per euro 100.000, prestando garanzie alla società per altr euro 190.000,00, cercando di intervenire quando era ormai troppo tardi, essendo stato nominato presidente della società per soli sei mesi – e ciò egli ha fatto senza mai assumere reali e diretti poteri gestionali.
Si aggiungono poi riflessioni in ordine alle singole condotte attribuite al ricorrente, a pa da quella di bancarotta fraudolenta documentale, al cui riguardo si evidenzia, in particolare come il sistema informatico acquistato da COGNOME, a costi elevati, denominato “gemini”, era stato armonizzato con quello del commercialista AVV_NOTAIO, che deteneva, per tale ragione, tutti i dati sia del ciclo passivo che di quello attivo, potendo effettuare le riconciliazioni di cassa per elaborare il “bilancino” mensile. A tal proposito, la cont COGNOME ha testimoniato come il AVV_NOTAIO COGNOME, C.T.U. della curatela, non si è mai rivolto a commercialista e alla stessa per ottenere la documentazione necessaria, limitandosi a denunciarne la mancanza negli uffici della società. L’omissione di tale documentazione è invece stata evidenziata dalla C.T.U., AVV_NOTAIOssa COGNOME, nominata nel giudizio civile presso
Tribunale di Trieste.
La tesi accusatoria della sentenza riguardante la somma di euro 29:300,00 e quelle abnormi degli appelli principali sono state smentite sia dalla C.T.U. del processo civile, svolt contraddittorio con i C.T.P. degli altri coimputati, sia dal Giudice della sezione specializ d’impresa che ha accolto le valutazioni della C.T.U., nonché dagli stessi organi della curatel fallimentare, nel processo civile contro i coimputati che hanno acc:ettato i risarcimento danni in euro 50.000,00, dopo l’abnorme richiesta di euro 2.300.000,00, poi ridotta ad euro 700.000,00.
A ciò si aggiunga che il COGNOME non ha mai ricevuto alcun compenso né rimborsi a fronte dei cospicui finanziamenti e delle garanzie escusse per complessivi euro 290.000,00 per capitale, che sono stati fagocitati dalla gestione dei due soci – amministratori esperti in
attività. Di ciò si sarebbe dovuto tener conto nel condannarlo per la distrazione del complessiva somma di euro 29.300.
2.3. Con il terzo motivo, si deduce la mancata assunzione di prove decisive, respinte dalla Corte territoriale con ordinanza dibattimentale del 28.03.202:3. In particolare, la Co di appello rigettava la richiesta di audizione della C.T.U. designata nella causa civ intentata dalla curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE nei confronti degli amministra della società poi fallita -, AVV_NOTAIOssa COGNOME, che aveva concluso per la totale mancanza prove della ipotizzata distrazione di beni sociali da parte degli amministratori della fallit cui l’odierno ricorrente. Inoltre, con tale ordinanza si rigettava anche la richies acquisizione dei verbali della suindicata causa civile.
Si evidenzia che la decisività della prova richiesta e rigettata riguarda anche l’elemen soggettivo dell’unico reato di cui al capo A) per il quale l’imputato è stato condannato: Corte di appello ha rigettato tale richiesta difensiva solo dopo aver parzialmente riconosciu la rilevanza con vari provvedimenti interlocutori endoprocessuali, diretti all’acquisizi proprio di quegli elaborati della C.T.U., ovvero altri atti resi nell’indicata causa affermandone invece l’inutilità attesa l’assoluzione dell’imputato per la parte più gra dell’imputazione, riguardante la pretesa distrazione di circa euro 700.000,00 di merce e non per quella di euro 29.300,00.
In sostanza, il Tribunale civile di Trieste, basandosi sulla C.T.U. la cui acquisizione è s rigettata dalla Corte di appello, ha smentito la ricostruzione dei fatti proposta in sede pen dalla curatrice AVV_NOTAIOssa COGNOME e dal suo tecnico incaricato COGNOME, confermando la totale erroneità delle accuse penali. Pertanto, sussistono due giudicati in parte difformi in quanto recepimento delle motivazioni della sentenza civile del 27.04.2023, da parte della sentenza impugnata, non è stato integrale ed esaustivo.
2.4. Con il quarto motivo, si lamenta vizio di motivazione della sentenza impugnata, per palese contraddittorietà, nella parte in cui ha rideterminato la pena irrogata al NOME n giudizio di primo grado, basandosi sulle ragioni illustrate nell’appello incidentale propo dall’odierno ricorrente, tuttavia dichiarato inammissibile. Invero, nonostante tale decisio sia conforme al principio del favor rei, essa si rende contraddittoria nella parte in cui dichiara inammissibile un appello incidentale, che tuttavia, quoad poenam, riconosce fondato e motivato.
Le parti hanno concluso in pubblica udienza come riportato in epigrafe.
Le difese hanno, poi, fatto pervenire una memoria conclusiva, allegando elementi da cui desumere il passaggio in giudicato della sentenza emessa nel giudizio civile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è inammissibile, essendo stati dedotti motivi nella maggior pa infondati (come si vedrà, anche agli effetti civili), con la conseguenza che si deve rilev decorso del termine di prescrizione in relazione agli unici reati di bancarotta fraudol documentale e patrimoniale residuati, con conferma delle relative statuizioni civili.
Ed invero, come ha già avuto modo di affermare questa Corte, allorquando il ricorso per cassazione non è inammissibile si deve rilevare l’intervenuta prescrizione del reato, poiché non manifesta infondatezza del ricorso non ha impedito il decorso del tempo necessario a prescrivere (secondo la giurisprudenza di questa Corte, come tracciata dalle Sezioni Unite, l norme sulla prescrizione del reato non possono trovare applicazione in ipotesi d inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla mancanza, liell’atto di impugnazione dei requisiti prescritti dall’art. 581 cod.proc.pen., ovvero alla manifesta infondatezz motivi, poiché la conseguente mancata formazione di un valido rapporto di impugnazione preclude la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’ar cod.proc.pen., cfr. Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 – dep. 21/12/2000, D. L, Rv. 21726601; Sez. U, n. 21 del 11/11/1994 – dep. 11/02/1995, Cresci, Rv. 19990:301).
Nel caso di specie, va precisato che la Corte di appello di Trieste, respingendo gli appe formulati dalla parte civile e dal pubblico ministero e dichiarando inammissibile que dell’imputato relativamente a tutte le questioni sollevate, tranne che per quella impingente qualifica di amministratore di fatto (correttamente ritenuta ammissibile e quindi valutata, essere essa connessa alle deduzioni svolte negli appelli principali), ha confermato eccezione dei profili riguardanti il trattamento sanzionatorio, ritenuti connessi con l’a principale del P.M. che aveva affrontato anche il tema della pena, e comunque valutabili ex art. 597 comma 5 cod. proc. pen. – la sentenza con la quale il Tribunale di Pordenone aveva riconosciuto la responsabilità dell’imputato in relazione al reato di bancarotta fraudole documentale ed in relazione a due delle quattro condotte contestate a titolo di bancarott fraudolenta per distrazione, con relative statuizioni civili. Sicché, avendo in buona sostanz Corte di appello ritenuto ammissibile, sia pure in parte, l’appello incidentale dell’imputa deve ritenere non formato il giudicato cd. progressivo in relazione alla sentenza di condann di primo grado per i reati di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale suindicati quindi, rilevabile la decorrenza del relativo termine di prescrizione.
D’altra parte, per un verso, in presenza di una causa di estinzione del reato non son rilevabili in cassazione vizi di motivazione della sentenza, perché l’inevitabile rinvio causa all’esame del giudice di merito dopo la pronuncia di annullamento è incompatibile con l’obbligo della immediata declaratoria di proscioglimento per l’intervenuta estinzione reato, stabilito dall’art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, Sentenza n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275 – 01) e, per altro verso, trattandosi di causa di estinzione del re
essa deve essere immediatamente rilevata in mancanza di elementi che depongano per l’immediata pronuncia assolutoria dell’imputato ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.; eleme che non sono evincibili, nel caso di specie, alla stregua delle stesse risultanze della pronu impugnata non messe in discussione dai motivi di ricorso in scrutinio, che si sono rivela come si è già detto, nel loro complesso, infondati (si rammenta che in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norm dell’art. 129 comma secondo, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee a escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto d “constatazione”, ossia di percezione “ictu oculi”, che a quello di “apprezzamento” e sia quin incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento, Sez. U, Sentenza n. 35490 del 28/05/2009, Rv. 244274).
Consegue che deve essere rilevata la estinzione per prescrizione dei reati per i quali intervenuta condanna. I reati in questione sono infatti quelli di cui all’art. 216 I.f., p la pena massima di anni dieci di reclusione, sicché il termine prorogato di prescrizio determinato ai sensi degli artt. 157 e 161 cod. pen., è pari ad anni dodici e mesi sei, co conseguenza che, pure a tener conto dell’unico periodo di sospensione per adesione degli avvocati all’astensione proclamata dalla categoria di appartenenza (dal 28.6.2022 al 15.11.2022), tale termine è interamente decorso prima della pronuncia della presente pronunzia, coincidendo la data di consumazione dei reati con quella della sentenza di fallimento intervenuta in data 7.10.2010.
1.2. Ciò posto, si impongono delle riflessioni sulla preliminare questione sollevata ricorso circa il discrimine esistente ai fini della valutazione di ammissibilità dell’ incidentale; questione che, come preannunciato, è stata adeguatamente affrontata dalla Corte di merito. Tale questione risulta, invero, da tempo affrontata nella giurisprudenza questa Corte, che ha trovato la sua massima espressione nella pronuncia Sez. U, n. 10251 del 17/10/2006, dep. 09/03/2007, Rv. 235699 – 01, la quale ha affermato che l’appello incidentale può essere proposto soltanto in relazione ai punti della decisione ogget dell’appello principale, nonché a quelli che hanno connessione essenziale con essi (cfr. recente, anche Sez. 2, n. 3877 del 20/10/2022, dep. 30/01/2023, Rv. 284308 – 01, che ha ribadito il principio affermato dalle Sezioni Unite, principio non superabile alla stregua considerazioni svolte in ricorso sul rilievo della intervenuta abrogazione della possibilità pubblico ministero di proporre appello incidentale, essendo rimasta immutata, nel resto, l disciplina di cui all’art. 595 del codice di rito, come interpretata nella giurisprudenza di Corte, la cui ratio decidendi va oltre il profilo del divieto di reformatio in peius segnalato in ricorso).
Ne deriva che l’ammissibilità dell’appello incidentale non è collegata alla modalità formulazione dei capi di imputazione da parte del P.M., che potrebbe, erroneamente avere affasciato tutte le condotte distrattive sotto un medesimo capo – come accaduto nel caso di specie e non di rado accade proprio in relazione alle condotte di bancarotta patrimoniale trascurando che Sez. U, n. 21039 del 27/01/2011 ha affermato che la disciplina speciale sul concorso di reati prevista dall’art. 219, comma secondo, n. 1, legge fall. si applica sia nel caso di reiterazione di fatti riconducibili alla medesima ipotesi di bancarotta, che in que commissione di più fatti tra quelli previsti dagli artt. 216 e 217 della stessa legge, e c caso dei reati di bancarotta è pacifico che la unificazione delle condotte ai sensi dell’art comma 1 n. 1 I.f. interviene unicamente quoad poenam, rimanendo distinte strutturalmente le singole fattispecie (la citata sentenza Sez. U, n. 21039 del 27/01/2011, Rv. 249665 ha affermato che in tema di reati fallimentari, nel caso di consumazione di una pluralità condotte tipiche di bancarotta nell’ambito del medesimo fallimento’ le stesse mantengono la propria autonomia ontologica, dando luogo ad un concorso di reati, unificati, ai soli sanzionatori, nel cumulo giuridico previsto dall’art. 219, comma secondo, n. 1, legge fal disposizione che pertanto non prevede, sotto il profilo strutturale, una circosta aggravante, ma detta per i reati fallimentari una peculiare disciplina della continuazi derogatoria di quella ordinaria di cui all’art. 81 cod. pen.; cfr. altresì, Sez. 5, n. 4 16/05/2017, Rv. 271013 – 01 che ha precisato che, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, è configurabile l’aggravante di cui all’art. 219, comma 2, n. 1, legge fall., nel caso di più condotte distrattive compiute in continuità temporale ed aventi ad oggetto stesso bene – nella specie, somme di denaro).
Discende che, se l’appello principale ha ad oggetto – come nel caso di specie – il capo del sentenza che ha assolto l’imputato da determinate fattispecie di bancarotta fraudolenta patrimoniale (distrattive, afferenti le merci), l’appello incidentale non è ammissibi inerente alle diverse condotte distrattive, ulteriori, contestate – aventi ad oggetto somm denaro in diretto favore del ricorrente – ovvero a quelle di bancarotta fraudole documentale, per tenuta irregolare, per le quali è intervenuta condanna, evidentemente confluita in un capo separato della sentenza impugnata.
Ciò non esclude, tuttavia, che vi possa, comunque, essere un collegamento di un punto dell’appello incidentale con quello principale, nel caso di specie, costituito, secondo qu ritenuto dalla Corte di appello con argomenti non manifestamente infondati, dalla qualifica amministratore di fatto, presupposto comune a tutte le fattispecie di reato (sia quelle esi nell’assoluzione che quelle per le quali vi è stata condanna.
1.3. Ciò posto, passando, quindi, a valutare i singoli motivi articolati in rico innanzitutto evidente, alla stregua di tutto quanto sopra osservato, l’improponibilità di quelle questioni che, al di là del requisito della qualifica di amministratore di fatto, so a contestare la sussistenza dei reati di bancarotta fraudolenta documentale e distrattiva
rispetto ai quali sono state confermate anche le relative statuizioni civili non ogg peraltro, di specifiche contestazioni – con la conseguenza che rimangono del tutto irrileva anche quelle deduzioni con cui si lamenta la mancata acquisizione di documentazione (fatture relative alla società fallita) e la mancata disposizione di perizia tecnica relativamente ad e ritenute peraltro non necessarie dalla Corte di appello, attenendo tali richiese istrut piuttosto, alla vicenda della distrazione delle merci (per la quale la sentenza impugnata confermato l’assoluzione).
Peraltro, la perizia espletata nel giudizio civile, a cui pure la difesa ha ancorato le p deduzioni, pur avendo evidenziato l’impossibilità di giungere a risultati certi quanto determinazione del valore delle merci non rinvenute, non ha affatto comportato un totale esito sfavorevole, del medesimo giudizio civile, per la curatela. Ed invero, come si evin dalla stessa pronuncia emessa dal Tribunale di Trieste, Sezione specializzata in materia d impresa, citata in ricorso ed allegata nuovamente con la memoria difensiva, il giudizio civi a differenza di quanto assume il ricorrente, si è concluso con l’accoglimento, sia pu parziale, della domanda attorea della curatela fallimentare della RAGIONE_SOCIALE e con condanna di NOME COGNOME (coimputato del ricorrente, che ha definito la sua posizione co patteggiamento, come il coimputato COGNOMECOGNOME che pure definiva la questione civilistica co accordo transattivo con la curatela) al pagamento, a titolo di risarcimento dei danni (deriva dalla mancata adozione delle misure previste dall’art. 2482-ter c.c. per l’aggravamento del dissesto), della somma, attualizzata, di euro 204.842,49, oltre interessi legali, calco considerando non superata la presunzione di cui all’art. 1298, comma 2, cod. civ., in tema d parità delle quote di ciascuno dei coobbligati in solido, ravvisata in relazione amministratori della RAGIONE_SOCIALE, ivi compreso il COGNOME (la cui posizione era esaminata al so fine di verificare se COGNOME dovesse essere escluso dalla gestione societaria, da attribuir solo COGNOME, come dallo stesso sostenuto, circostanza esclusa nella ricostruzione svolta nella sentenza civile che ha ritenuto, come detto, la responsabilità solidale tra amministratori – COGNOME, COGNOME e COGNOME – precisando che tale suo accertamento era tra l’altro imposto dal fatto che la curatela aveva comunque esercitato analoga azione risarcitori nei confronti del COGNOME in sede penale e che la medesima curatela nel processo civile aveva impostato la richiesta di risarcimento nei confronti di COGNOME sul presupposto del esistenza di tre coobbligati). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In ogni caso, quanto alle conclusioni della c.t.u. svolta nel processo civile rimane evident sua inconferenza ai fini che occupano, una volta esclusa, da parte della Corte di appello, possibilità di rivedere le statuizioni di condanna per essere l’appello incidentale, in inammissibile, proprio in relazione all’accertamento degli ammanchi e della tenuta irregolar delle scritture contabili.
Peraltro – è il caso di precisare – per la distrazione delle somme relativa ai versament favore degli altri due amministratori, COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME comprese quindi le somme pe
euro 13.000 ed euro 16.300 per le quali vi è stata condanna nel presente processo – il riget della domanda attorea nei confronti del COGNOME è conseguito unicamente al fatto che non si era raggiunta la prova che i detti versamenti fossero stati eseguiti ed ordinati dal Sottori che questi, a fronte del compimento della condotta illecita di altri, fosse rim colpevolmente inerte, violando i propri obblighi di amministratore (cfr. pag. 16 d pronuncia civile citata).
Discende che anche le doglianze, di cui al terzo motivo, che si appuntano sulla mancata rinnovazione istruttoria nei termini indicati dalla difesa si appalesano infondate.
1.4. Pur a volere ritenere, poi, non manifestamente infondato il motivo che contesta l qualifica di amministratore di fatto in capo al ricorrente, si osserva che la sent impugnata, nel valutare la sussistenza di tale qualifica (conformandosi, in buona sostanza all’indirizzo giurisprudenziale consolidato secondo cui la qualifica di amministratore di fat una società richiede l’individuazione di prove significative e concludenti dello svolgime delle funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produtti commerciale dell’attività imprenditoriale – cfr., tra le altre, Sez. 5, n. 4865 del 25/11 dep. 2022, Rv. 282775 – 01), ha posto in rilievo come nel caso di specie il ruo dell’imputato, a differenza di quanto assume la difesa, non potesse essere relegato a quello d mero finanziatore esterno alla gestione societaria e alle decisioni che la involse evidenziando come ciò fosse emerso non solo dalle conformi dichiarazioni rese dai coimputati COGNOME e COGNOME, ma anche dalle deposizioni di testimoni.
1.5. E’ superfluo, in ragione della declaratoria di estinzione del reato, valutare il q motivo, che, peraltro, è infondato, non sussistendo il vizio denunciato, dal momento che l Corte di appello è giunta a rideterminare la pena considerando la entità delle condott residuate, ritenendo, da un lato, il trattamento sanzionatorio essere stato comunque oggetto di motivo di ricorso da parte del Pubblico Ministero, e quindi suscettibile di rivalutazion luce dell’appello incidentale sul punto, e, dall’altro, come, esso, fosse comunque rivalutab ex art. 597, comma 5, cod. proc. pen.
Alla luce di tutto quanto sopra argomentato, consegue altresì la infondatezza del ricorso agli effetti civili, né si ritiene di dovere aggiungere ulteriori considerazioni qua sussistenza degli illeciti civili riconducibili alle condotte per le quali è residuata co tenuto conto, da un lato, che si tratta di tenuta irregolare, fraudolenta, delle sc contabili e di sottrazioni di somme dagli evidenti risvolti civilisti e, dall’altro, che in la condanna inflitta è di tipo generico, essendo stata rimessa al giudice civil determinazione in concreto del danno patito dalla curatela.
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata agli effetti penali perché i reati sono estinti per prescrizione. Il ricorso deve essere, invece, rigettato agli effetti
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali perché i reati sono estinti per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili. Così deciso il 6/3/2024.