Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 19639 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 19639 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMOROSO NOME COGNOME
Data Udienza: 09/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato a Reggio Calabria il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del Tribunale di Rimini del 20/09/2021
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza per intervenuta prescrizione.
RITENUTO IN FATTO
1 Con sentenza del 20/09/2021, il Tribunale di Rimini ha condannato NOME COGNOME per i reati a lui contestati ai capi a) e b) d’imputazione.
Al capo a) si contestava all’imputato, nella !:;ua qualità di legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE, e nella sua qualità di proprietario e committente “di aver utilizzato e consentito l’utilizzazione dii opere meglio descritte nel capo d imputazione in assenza del certificato di collaudo ed in particolare:”1) realizzazione di due strutture metalliche poste al piano terra del lato di INDIRIZZO di circa mt. 10×4 h. 3,50 -3,00 mt. Tali strutture sono ancorate al fabbricato; una si configura come pergolato mentre l’altra coperta con telo in pvc si
configura come tettoia; 2) realizzazione di accesso ai piani posti dal lato di INDIRIZZO realizzato con struttura metallica e coperta con pannelli rigidi
Al capo b) gli si contestava, nella medesima qualità, di non aver provveduto ad ottemperare all’ordinanza sindacale prot. n. 158630 del 21 luglio 2015 con la quale veniva ordinato lo sgombero e la pulizia del menzionato immobile in INDIRIZZO per ragioni di sicurezza pubblica.
Riconosciuta la responsabilità penale dell’imputato per le contravvenzioni a lui ascritte, il Tribunale lo ha condannato alla pena di euro 60Ci di ammenda per il reato di cui al capo a) e alla pena di euro 138 per il reato di cui al capo b) co pena sospesa.
Avverso tale provvedimento, il difensore dell’imputato, ha proposto appello.
In relazione al capo a) si deduce l’insussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato contestato.
Quanto al profilo oggettivo si censura che le strutture sarebbero state realizzate negli anni antecedenti al 1972, e dunque in un periodo in cui, in base alle leggi vigenti non avrebbero richiesto collaudo statico; la preesistenza delle strutture sarebbe desumibile dalla indicazione delle stesse già nella domanda di condono, legge n. 326 del 24 novembre 2003, presentata in data 10 ottobre 2001.
Sotto il profilo soggettivo si deduce che l’imputato, persona incensurata ed ottantenne, alla luce delle circostanze di cui sopra, ha sempre ritenuto che l’immobile fosse assolutamente del tutto conforme a quanto richiesto dalla legge e tale convinzione sarebbe stata supportata anche dal rilascio da parte del RAGIONE_SOCIALE di Rimini dei certificati di residenza per gli abitanti dell’immobile.
Ad ulteriore supporto della tesi difensiva si evidenzia che, nel 2015, l’imputato ricevuta la relativa contestazione amministrativa ha provveduto alla rimozione delle due strutture metalliche ed ha immediatamente pagato la sanzione irrogata dal RAGIONE_SOCIALE.
Nel secondo motivo di ricorso, afferente al capo b) d’imputazione, si osserva che il ricorrente non avrebbe mai potuto adempiere totalmente all’ingiunzione atteso che la stessa, giova ribadirlo, intimava al NOME nella sua qualità di amministratore della società RAGIONE_SOCIALE proprietaria dell’immobile di sgombrare il fabbricato. Gli abitanti del fabbricato, infatti, erano legittimati ad occupa l’immobile in base a contratti di locazione, ed erano legittimamente residenti nello stesso.
L’imputato, ad avviso della difesa, avrebbe dunque effettuato ogni incombenza rientrante nelle sue possibilità (disinfezione e clisinfestazione delle parti comuni dell’immobile) ed avrebbe notificato ai conduttori un invito al
rilascio dell’immobile, rispettando l’ordinanza per quanto di sua esclusiva spettanza.
In ogni caso, si deduce che la condotta contestata avrebbe al più integrato la violazione di precetti amministrativi e non penali.
Si contesta, inoltre, che la responsabilità penale abbia trovato giustificazione nella dichiarazione dell’unico teste dell’accusa, che tuttavia aveva proceduto ad un controllo dell’immobile sei mesi dopo la notifica dell’ordinanza.
In ogni caso si chiede la dichiarazione di prescrizione dei reati contestati.
3.Con ordinanza del 15/11/2023 la Corte d’appello di Bologna ha dichiarato inammissibile l’appello avverso la pronunzia di condanna alla sola pena pecuniaria pronunciata dal Tribunale di Rimini nei confronti di NOME COGNOME, con conversione dell’impugnazione in ricorso per cassazione e conseguente trasmissione degli atti a Questa Corte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
Poiché avverso la sentenza di condanna alla sola pecuniaria pronunciata dal Tribunale non poteva essere interposto appello, si pone la correlata questione dell’eventuale conversione dell’atto di impugnazione.
In proposito va ricordato l’orientamento in base al quale l’appello erroneamente proposto avverso la sentenza di condanna a pena pecuniaria pronunciata dal giudice di pace, non si converte automaticamente in ricorso per cassazione, stante la necessità di avere riguardo, al di là dell’apparente “nomen juris”, alle reali intenzioni dell’impugnante ed all’effettivo contenuto dell’att gravame, con la conseguenza che, ove dall’esame di tale atto si tragga la conclusione che l’impugnante abbia effettivamente voluto il mezzo di impugnazione non consentito dalla legge, l’appello deve essere dichiarato inammissibile (Sez. 5, n. 55830 del 08/10/2018, NOME, Rv. 274624).
Detto principio, cui il Collegio intende dare continuità, è applicabile anche al caso di specie, così che è possibile affermare che in tema di conversione dell’impugnazione, l’appello erroneamente proposto avverso la sentenza di condanna a pena pecuniaria pronunciata dal Tribunale, non si converte automaticamente in ricorso per cassazione, stante la necessità di avere riguardo, al di là dell’apparente “nomen juris”, alle reali intenzioni dell’impugnante ed all’effettivo contenuto dell’atto di gravame, con la conseguenza che, ove dall’esame di tale atto si tragga la conclusione che l’impugnante abbia effettivamente voluto il mezzo di impugnazione non consentito dalla legge, l’appello deve essere dichiarato inammissibile.
Nella specie, dalla lettura dell’atto di appello, si evince che co l’impugnazione avverso la sentenza di primo grado il Nicol 5 ha lamentato vizi estranei al sindacato di legittimità, deducendo l’insussistenza dell’elemento oggettivo e dell’elemento soggettivo del delitto contestatogli, doglianze proprie di un giudizio di merito che non si attagliano ai canoni richiesti per promuovere un giudizio di legittimità e non consentendo, quindi, la conversione dell’atto di impugnazione in ricorso per cassazione.
3.L’inammissibilità del ricorso impedisce a questa Corte di valutare l’eventuale prescrizione dei reati.
4.Per questi motivi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato alle spese processuali ed al pagamento di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in data 09/04/2024
Il Consigliere estensore