Appello Inammissibile: La Necessità di Motivi Specifici nel Ricorso
Presentare un ricorso in Cassazione è un passo cruciale nel sistema giudiziario, ma affinché venga preso in esame, deve rispettare requisiti di forma e sostanza ben precisi. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di cosa accade quando un ricorso è troppo vago, portando a una dichiarazione di appello inammissibile. Questa decisione sottolinea un principio fondamentale: non basta dissentire da una sentenza, bisogna spiegare perché, con argomenti specifici e pertinenti.
I Fatti del Caso
La vicenda giudiziaria ha origine da una condanna emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato era stato riconosciuto colpevole della violazione delle prescrizioni associate a una misura di prevenzione, un reato previsto dal Codice Antimafia (D.Lgs. 159/2011). La pena inflitta era di otto mesi di reclusione.
Non soddisfatto della decisione di secondo grado, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per Cassazione. Tuttavia, come evidenziato dalla Suprema Corte, l’atto di impugnazione si è rivelato problematico sin dall’inizio.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, con ordinanza, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma si ferma a un livello precedente, quello procedurale. In sostanza, il ricorso non aveva le caratteristiche necessarie per essere giudicato.
La conseguenza diretta di tale decisione è stata non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di ricorsi inammissibili.
Le Motivazioni: Perché un Appello è Inammissibile?
La Corte ha basato la sua decisione su una constatazione molto netta: la manifesta infondatezza del ricorso. I giudici hanno spiegato che l’impugnazione era composta da ‘deduzioni generiche’ e mancava di ‘qualsivoglia critica specifica’ alle ragioni esposte nella sentenza della Corte d’Appello. In altre parole, il ricorrente non ha costruito un vero e proprio dialogo critico con la decisione che intendeva contestare, limitandosi a un dissenso generale.
L’unico punto leggermente più specifico riguardava la determinazione della pena. Anche su questo fronte, però, la Corte ha smontato la censura. I giudici hanno infatti sottolineato come la sentenza impugnata avesse agito nel modo più favorevole possibile all’imputato: era stato applicato il minimo della pena previsto dalla legge (il ‘minimo edittale’) e, in aggiunta, erano state riconosciute le circostanze attenuanti generiche. Pertanto, lamentarsi del trattamento sanzionatorio era palesemente infondato, dato che non si sarebbe potuta applicare una pena inferiore.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio cardine della procedura penale: l’onere della specificità dei motivi di ricorso. Chi impugna una sentenza ha il dovere di indicare con precisione le parti del provvedimento che contesta e le ragioni giuridiche a sostegno della propria tesi. Ricorsi vaghi, generici o basati su lamentele infondate non superano il vaglio di ammissibilità della Corte di Cassazione. La conseguenza non è solo il fallimento dell’impugnazione, ma anche un aggravio di spese per il ricorrente, a sanzione di un uso non corretto dello strumento processuale.
Cosa significa che un appello è inammissibile?
Significa che il ricorso non possiede i requisiti di legge per essere esaminato nel merito dalla Corte. Questo accade, come nel caso di specie, quando i motivi sono troppo generici e non contengono critiche specifiche e argomentate contro la sentenza che si sta impugnando.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
La conseguenza principale è che la sentenza di condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, che in questo caso ammontava a 3.000 euro, da versare alla Cassa delle ammende.
È possibile contestare la pena se il giudice ha già applicato il minimo previsto dalla legge?
No. Se il giudice ha già concesso il trattamento sanzionatorio più favorevole possibile, applicando la pena minima edittale e riconoscendo eventuali attenuanti, un motivo di ricorso che si limiti a lamentare la severità della pena è considerato manifestamente infondato, come stabilito in questa ordinanza.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36394 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36394 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a FOLIGNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/03/2025 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
f/
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
EsamiNOME il ricorso proposto dal difensore di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe, con cui in data 18.3.2025 la Corte d’Appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto ha confermato la sentenza del Tribunale di Taranto in data 5.2.2024 di condanna alla pena di mesi otto di reclusione per il reato di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011;
Rilevato che il ricorso prospetta deduzioni generiche e manca di qualsivoglia critica specifica alle ragioni poste a base della sentenza impugnata;
Evidenziato che la manifesta infondatezza del ricorso è plasticamente rivelata dall’unico passaggio appena più specifico in cui si censura la determinazione del trattamento sanzioNOMErio, laddove la sentenza impugnata dà espressamente atto che sia stato invece applicato il minimo edittale con il contestuale riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’11.9.2025