Appello inammissibile: quando la Corte non è tenuta a rispondere
Con l’ordinanza n. 22163/2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, chiarendo un punto cruciale: se un motivo di gravame è fin dall’origine viziato da manifesta infondatezza, la Corte d’Appello non è tenuta a fornire una motivazione specifica sulla sua reiezione. Questa pronuncia sottolinea l’importanza di formulare censure precise e giuridicamente sostenibili, pena la dichiarazione di un appello inammissibile a prescindere da eventuali omissioni del giudice di secondo grado.
I fatti di causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino. Il ricorrente lamentava principalmente tre vizi:
1. La mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza del cosiddetto ‘delitto presupposto’, elemento fondamentale per i reati di ricettazione, riciclaggio o reimpiego.
2. Il diniego ingiustificato delle circostanze attenuanti generiche.
3. La determinazione di una pena ritenuta eccessiva e superiore al minimo edittale.
Il ricorrente, in sostanza, sosteneva che la Corte d’Appello avesse omesso di rispondere adeguatamente alle sue doglianze, violando il suo diritto a una decisione motivata.
La decisione della Cassazione su un appello inammissibile
La Suprema Corte ha respinto integralmente il ricorso, dichiarandolo inammissibile. L’analisi dei giudici si è concentrata non tanto sull’operato della Corte d’Appello, quanto sulla validità intrinseca dei motivi di ricorso presentati in origine.
La questione del delitto presupposto e la manifesta infondatezza
Sul primo punto, la Cassazione ha applicato un principio consolidato: è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso che lamenta l’omessa motivazione su un motivo d’appello a sua volta inammissibile ab origine per manifesta infondatezza. In altre parole, è inutile contestare il silenzio del giudice se la domanda posta era palesemente priva di fondamento.
I giudici hanno ribadito che, per configurare reati come la ricettazione, non è necessario che il delitto presupposto sia stato accertato con una sentenza passata in giudicato. È sufficiente che la sua esistenza non sia stata esclusa in modo definitivo e che la provenienza illecita del bene possa desumersi da altri elementi, come la sua natura o le circostanze del ritrovamento. Poiché il motivo d’appello si basava su un presupposto giuridico errato, era manifestamente infondato, e l’eventuale accoglimento della doglianza non avrebbe comunque portato a un esito favorevole per il ricorrente.
La genericità dei motivi su attenuanti e pena
Anche il secondo e il terzo motivo sono stati giudicati inammissibili, ma per aspecificità. Il ricorrente non aveva formulato critiche puntuali e argomentate contro la decisione della Corte d’Appello. Quest’ultima, infatti, aveva correttamente basato il diniego delle attenuanti e la quantificazione della pena sulla gravità dei fatti, l’intensità del dolo, l’assenza di pentimento (resipiscenza) e la mancanza di elementi favorevoli alla mitigazione. Il ricorso si limitava a una contestazione generica, senza confrontarsi adeguatamente con le solide ragioni esposte nella sentenza impugnata.
le motivazioni
La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nel principio di economia processuale e di autosufficienza del ricorso. La Cassazione afferma che il processo non può essere utilizzato per correggere omissioni su argomenti che non avrebbero mai potuto trovare accoglimento. L’appello inammissibile perché manifestamente infondato ‘assorbe’ il vizio di omessa pronuncia del giudice di secondo grado. L’interesse ad agire, requisito fondamentale di ogni impugnazione, viene meno quando, anche in caso di accoglimento del ricorso, non potrebbe derivarne alcuna utilità concreta per il ricorrente.
le conclusioni
Questa decisione della Suprema Corte invia un messaggio chiaro agli operatori del diritto: la redazione di un atto di appello richiede rigore e specificità. Non è sufficiente sollevare dubbi generici o basare le proprie censure su interpretazioni giuridiche superate dalla giurisprudenza consolidata. Per superare il vaglio di ammissibilità, i motivi devono essere pertinenti, specifici e giuridicamente fondati. In caso contrario, il ricorso sarà dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, senza che le questioni di merito vengano neppure esaminate.
Un motivo di appello è inammissibile se si basa su un presupposto giuridico errato?
Sì. Se un motivo di appello si fonda su un principio giuridico palesemente errato o superato dalla giurisprudenza costante (come la necessità di una condanna definitiva per il delitto presupposto nella ricettazione), esso è considerato manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.
La Corte d’Appello deve sempre motivare il rigetto di ogni singolo motivo di impugnazione?
No. Secondo la Cassazione, se il motivo di appello originario era di per sé inammissibile per manifesta infondatezza, la Corte d’Appello non è tenuta a fornire una motivazione specifica. L’omessa pronuncia su un motivo inammissibile non costituisce un vizio della sentenza.
Cosa si intende per motivo di ricorso ‘aspecifico’ in relazione alla pena?
Un motivo è ‘aspecifico’ quando si limita a contestare la pena come ‘eccessiva’ senza confrontarsi in modo critico e dettagliato con le ragioni fornite dal giudice per la sua determinazione, quali la gravità del fatto, l’intensità del dolo o l’assenza di pentimento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22163 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22163 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME SCILLA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/09/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal RAGIONE_SOCIALEliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME, ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si lamenta la mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza del delitto presupposto è dedotto in carenza di interesse. La Corte di merito, pur investita della doglianza, non ha invero provveduto, non risultando dalla sentenza alcuna motivazione al riguardo; questa constatazione, tuttavia, deve esser letta in relazione al contenuto della doglianza medesima, dovendosi apprezzare se la stessa rispondesse ai richiesti canoni di ammissibilità. Ciò premesso deve ribadirsi il principio, di costante affermazione giurisprudenziale, in forza del quale in tema d’impugnazioni è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile ab origine per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio avendo il giudice di primo grado adeguatamente motivato sul punto (vedi Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, Rv. 277281; Sez. 2, n. 35949 del 20/06/2019, Rv. 276745);
rilevato che, ai fini della sussistenza dei reati di ricettazione, riciclaggio e reimpiego, non è necessario che il delitto presupposto risulti accertato con sentenza passata in giudicato, ma è sufficiente che lo stesso non sia stato giudizialmente escluso, nella sua materialità, in modo definitivo (vedi Sez. 5, n. 527 del 13/09/2016, COGNOME, Rv. 269017 – 01; Sez. 2, n. 10746 del 21/11/2014, COGNOME, Rv. 263156 – 01) in considerazione del fatto che la provenienza delittuosa del bene ricettato può ben desumersi dalla natura e dalle caratteristiche del bene stesso (Sez. 1, n. 46419 del 18/09/2019, Failla Rv. 277334-01) con conseguente manifesta infondatezza del motivo di appello in relazione al quale la Corte di merito non ha espressamente argomentato;
osservato che il secondo ed il terzo motivo di ricorso, con i quali si contesta il diniego delle circostanze attenuanti generiche e la determinazione di una pena eccessivamente superiore al minimo edittali sono aspecifici non risultando adeguatamente enunciati e argomentati rilievi critici rispetto alle ragioni poste a fondamento della determinazione del trattamento sanzioNOMErio. I giudici di appello, con percorso argomentativo privo di illogicità, hanno correttamente valorizzato, ai fini del diniego delle invocate attenuanti ed alla determinazione di una pena superiore al minimo edittale, la gravità dei fatti, l’intensa del dolo, la mancanza di resipiscenza e l’assenza elementi favorevoli alla mitigazione della pena (vedi pag. 4 e 5 della sentenza impugnata), elementi con i quali il ricorso ha
omesso di confrontarsi adeguatamente con conseguente difetto di specificità delle doglianze;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 aprile 2024 Il RAGIONE_SOCIALE re g RAGIONE_SOCIALE
Il PrsIente