Appello Inammissibile: L’Analisi della Cassazione su Attenuanti e Sospensione Pena
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 107/2024, ha fornito importanti chiarimenti sui limiti del ricorso di legittimità, dichiarando un appello inammissibile proposto contro una sentenza della Corte d’Appello di Catania. La decisione si concentra su due questioni centrali del diritto penale: il diniego delle circostanze attenuanti generiche e la mancata concessione della sospensione condizionale della pena. Questo caso offre uno spaccato chiaro della distinzione tra giudizio di fatto e di diritto.
I Fatti del Processo
Il procedimento trae origine da un ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza emessa dalla Corte d’appello di Catania il 14 luglio 2022. L’imputato, attraverso i suoi legali, ha sollevato due specifici motivi di doglianza dinanzi alla Suprema Corte, sperando di ottenere una riforma della decisione di secondo grado.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
Il ricorrente ha basato il suo appello su due principali argomentazioni:
1. Vizio di motivazione e violazione di legge (artt. 62-bis e 133 c.p.): Si contestava il modo in cui la Corte d’Appello aveva negato la concessione delle circostanze attenuanti generiche, ritenendo la motivazione inadeguata.
2. Violazione di legge (art. 163 c.p.): Si lamentava la mancata applicazione della sospensione condizionale della pena, sostenendo che ne sussistessero i presupposti.
Appello Inammissibile: Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, concludendo che il ricorso fosse interamente inammissibile perché manifestamente infondato. Vediamo nel dettaglio le ragioni di questa decisione.
Sul Diniego delle Attenuanti Generiche
Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha stabilito che la doglianza era palesemente infondata. Gli Ermellini hanno sottolineato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua e logica per giustificare il diniego delle attenuanti generiche. Tale valutazione rientra in un giudizio di fatto, che non può essere riesaminato in sede di legittimità. Il compito della Cassazione, infatti, non è quello di rivalutare le prove o le circostanze del caso, ma solo di verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia esente da vizi logici.
Sulla Sospensione Condizionale della Pena
Anche il secondo motivo è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha osservato che i giudici d’appello avevano correttamente escluso la possibilità di concedere la sospensione condizionale. La pena inflitta in aumento (tre anni e otto mesi di reclusione), in applicazione dell’art. 81 c.p. per la continuazione con un reato già giudicato con sentenza irrevocabile, superava i limiti massimi previsti dall’art. 163 c.p. per l’applicazione del beneficio. La decisione della Corte territoriale era, quindi, pienamente conforme alla legge.
Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione
L’ordinanza in esame ribadisce principi fondamentali del processo penale. In primo luogo, consolida il principio secondo cui la valutazione circa la concessione delle attenuanti generiche è una prerogativa del giudice di merito e, se adeguatamente motivata, non è censurabile in Cassazione. In secondo luogo, chiarisce che i requisiti per la sospensione condizionale della pena sono tassativi e devono essere verificati con rigore, specialmente quando si tratta di pene calcolate in continuazione. La dichiarazione di appello inammissibile e la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria sottolineano l’importanza di presentare ricorsi fondati su reali violazioni di legge, e non su un mero dissenso rispetto alle valutazioni di merito dei giudici dei gradi inferiori.
Quando un motivo di ricorso in Cassazione è considerato ‘manifestamente infondato’?
Un motivo di ricorso è ritenuto manifestamente infondato quando la decisione del giudice di grado inferiore è basata su una motivazione adeguata per quanto riguarda le valutazioni di fatto, oppure quando la sua applicazione della legge risulta palesemente corretta, rendendo la contestazione priva di ogni fondamento giuridico.
La valutazione del giudice sul negare le attenuanti generiche è sempre sindacabile in Cassazione?
No. Secondo quanto emerge dall’ordinanza, la valutazione sul diniego delle attenuanti generiche costituisce un giudizio di fatto che non è sindacabile in sede di legittimità, a condizione che il giudice di merito abbia fornito una motivazione adeguata e non contraddittoria.
Perché la sospensione condizionale della pena non è stata concessa in questo specifico caso?
La sospensione condizionale non è stata concessa perché la pena inflitta in aumento (tre anni e otto mesi di reclusione), calcolata per la continuazione tra reati ai sensi dell’art. 81 cod. pen., superava i limiti massimi stabiliti dall’art. 163 del codice penale per poter beneficiare di tale istituto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 107 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 107 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato ad Augusta il 18/11/1968
avverso la sentenza del 14/07/2022 della Corte d’appello di Catania
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che i motivi di ricorso, che contestano il vizio motivazionale e la violazione di legge in relazione agli artt. 62-bis e 133 cod. peri (primo motivo) e all’art. 163 cod. pen. (secondo motivo), sono: il primo, manifestamente infondato in quanto la Corte d’appello ha motivato in modo adeguato in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche, esprimendo un giudizio di fatto non sindacabile in questa sede di legittimità (si veda, in particolare, la pag. 7 della sentenza impugnata); il secondo, manifestamente infondato, avendo la Corte d’appello correttamente ritenuto che la pena irrogata in aumento, ex art. 81 cod. pen. (tre anni e otto mesi di reclusione), sulla pena già irrogata con sentenza irrevocabile non rientrasse nei limiti di cui all’art. 163 cod. pen. (si veda la pag. della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q .
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa d ammende.
Così deciso, in data 21 novembre 2023.