Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 1441 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 1441 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 21/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a GROTTE DI CASTRO il 23/12/1954
avverso l’ordinanza del 30/05/2023 del TRIBUNALE di GROSSETO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 30.5.2023 il Tribunale di Grosseto ha dichiarato inammissibile l’appello avverso la pronunzia di condanna alla sola pena pecuniaria pronunciata dal Giudice di Pace di Grosseto nei confronti di COGNOME NOMECOGNOME in relazione al delitto di cui all’art. 590, commi 1 e 2, cod. pen,atteso che l’imputato ai sensi dell’art. 37 d.lgs. n. 274 del 2000 può proporre appello solo avverso le sentenze di condanna del Giudice di pace che applicano una pena diversa da quella pecuniaria ovvero contro le sentenze che applicano la pena pecuniaria se impugna anche il capo relativo alla condanna anche generica al risarcimento del danno.
Avverso detta ordinanza l’imputato, per il tramite del difensore, ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi.
Con il primo denuncia l’inosservanza o l’erronea applicazione di legge per aver dichiarato inammissibile l’impugnazione anziché trasmettere gli atti al giudice competente ed inosservanza delle norme processuali per aver emesso ordinanza di inammissibilità dell’impugnazione anziché ordinanza di conversione dell’atto di impugnazione con violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen.
Con il secondo motivo deduce l’intervenuta prescrizione del reato.
Con il terzo motivo deduce il vizio di motivazione nelle forme della contraddittorietà, carenza e manifesta illogicità e travisamento della prova con riguardo alla evidente discrasia tra le risultanze istruttorie e la ricostruzione d fatto contestato e l’erronea applicazione di legge per non aver riconosciuto l’assenza dell’elemento soggettivo del reato.
Con il quarto motivo deduce l’erronea applicazione di legge per non aver riconosciuto la ricorrenza del caso fortuito ed il concorso di colpa della proprietaria del terreno.
Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto/inammissibilità,
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso è infondato con assorbimento dei restanti motivi.
Va premesso che ai sensi dell’art. 37 d.lgs. n. 274 del 2000: “1. L’imputato può proporre appello contro le sentenze di condanna del giudice di pace che applicano una pena diversa da quella pecuniaria; può proporre appello anche
contro
le sentenze che applicano la pena pecuniaria se impugna il capo relativo alla condanna, anche generica, al risarcimento del danno.
L’imputato può proporre ricorso per cassazione contro le sentenze di condanna del giudice di pace che applicano la sola pena pecuniaria e contro le sentenze di proscioglimento”.
Poiché alla stregua della norma citata, avverso la sentenza di condanna alla sola pecuniaria pronunciata dal Tribunale di Grosseto non poteva essere interposto appello, si pone la correlata questione dell’eventuale conversione dell’atto di impugnazione.
A riguardo secondo una prima impostazione in tema di impugnazioni, allorché un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l’atto deve limitarsi, a norma dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., a verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonché l’esistenza di una “voluntas impugnationis”, consistente nell’intento di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competente (Sez. U, n. 45371 del 31/10/2001, Rv. 220221).
Sul punto sono stati enunciati i seguenti principii: a) se un provvedimento giurisdizionale è impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso dal tipo (unico) legislativamente prescritto e/o proposto dinanzi a giudice incompetente, il giudice adito – prescindendo da qualunque analisi valutativa in ordine alla indicazione di parte, se frutto cioè di errore ostativo o di scel deliberata – deve limitarsi semplicemente, a norma della regula iuris dettata dall’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., a prendere atto della voluntas impugnationis (elemento minimo questo che dà esistenza giuridica all’atto proposto e lascia impregiudicata la sua validità) e a trasmettere gli atti al giudice competente; b) tale fenomeno è dogmaticamente inquadrabile nella categoria dell’esatta qualificazione giuridica dell’atto; c) il potere di procedere a t qualificazione e di accertare l’esistenza dei requisiti di validità dell’at riservato in via esclusiva al giudice competente a conoscere, secondo la previsione del sistema delineato dal codice, sia dell’ammissibilità che della fondatezza dell’impugnazione; d) la trasmissione degli atti al giudice competente non richiede necessariamente un provvedimento giurisdizionale, ma può avvenire anche con un atto di natura meramente amministrativa; e) unico limite all’operatività della menzionata disposizione di cui all’art. 568, comma 5, è costituito dall’inimpugnabilità del provvedimento, la quale concettualmente esclude qualunque possibilità di diversa qualificazione del gravame eventualmente proposto.
Secondo altro orientamento, invece, cui questo Collegio ritiene di aderire, il giudice ha il potere-dovere di provvedere all’appropriata qualificazione del gravame, privilegiando, rispetto alla formale apparenza, la volontà della parte di attivare il rimedio all’uopo predisposto dall’ordinamento giuridico. Ma proprio perché la disposizione indicata è finalizzata alla salvezza e non alla modifica della volontà reale dell’interessato, al giudice non è consentito sostituire il mezzo d’impugnazione effettivamente voluto e propriamente denominato (ma inammissibilmente proposto dalla parte) con quello, diverso, che sarebbe stato astrattamene ammissibile: in tale ipotesi, infatti, non può parlarsi di inesatta qualificazione giuridica del gravame, come tale suscettibile di rettifica ope iudicis, ma di una infondata pretesa, da sanzionare con l’inammissibilità.
3.Pertanto, l’appello erroneamente proposto avverso la sentenza di condanna a pena pecuniaria pronunciata dal giudice di pace, non si converte automaticamente in ricorso per cassazione, stante la necessità di avere riguardo al di là dell’apparente “nomen juris” alle reali intenzioni dell’impugnante ed all’effettivo contenuto dell’atto di gravame, con la conseguenza che, ove dall’esame di tale atto si tragga la conclusione che l’impugnante abbia effettivamente voluto il mezzo di impugnazione non consentito dalla legge, l’appello deve essere dichiarato inammissibile (Sez. 5 – n. 55830 del 08/10/2018 Rv. 274624).
Nella specie, dalla lettura dell’atto di appello, si evince che con l’impugnazione avverso la sentenza di primo grado il COGNOME ha dedotto vizi estranei al sindacato di legittimità, denunziando il travisamento delle prove e contestando sub specie di motivazione l’orario dell’incidente, la presenza dell’imputato sui luoghi e comunque la sussistenza dell’elemento oggettivo e dell’elemento soggettivo del delitto contestatogli, doglianze proprio di un giudizio di merito che quindi non si attagliano ai canoni richiesti per promuovere un giudizio di legittimità non consentendo quindi la conversione dell’atto di impugnazione in ricorso per cassazione.
In conclusione il ricorso va rigettato con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso il 21.11.2023