Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 302 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 302 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME n. Faenza (Bo) 14/08/2000
avverso l’ordinanza n. 94/2024 della Corte di appello di Bologna del 07/02/2024
letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso con l’annullamento della ordinanza impugnata e rinvio alla Corte di appello di Bologna ,
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata la Corte di appello di Bologna ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza di
condanna emessa a suo carico dal Tribunale di Ravenna in data 10/10/2023 in ordine al reato di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 cod. pen.) per aspecificità dei motivi di gravame, formulati in violazione delle prescrizioni di cui all’art. 581, comma 1-bis, cod. proc. pen.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato che deduce violazione di legge in relazione agli artt. 591 e 581 cod. proc. pen., sostenendo che la Corte di appello nel dichiarare generico il ricorso ha assunto come parametro di confronto la motivazione della sentenza di primo grado, definita come articolata ma in realtà limitata ad una pagina di considerazioni riferite alla vicenda processuale.
Sostiene, pertanto, la difesa che l’appellante ha preso posizione su ogni argomentazione contenuta nella sentenza di primo grado, contrastandola nella sua interezza ed esponendo le ragioni per le quali le condotte poste in essere, non negate, non configurano in ogni caso il reato contestato, difettando l’elemento psicologico necessario per la relativa sussistenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.
Dall’ordinanza d’inammissibilità impugnata si ricava che, secondo la Corte di appello, l’appellante si è limitato a negare di avere avuto un comportamento oppositivo agli agenti intervenuti nella propria abitazione, non negando, peraltro, di avere pronunziato espressioni ingiuriose ed offensive al loro indirizzo, versando oltre tutto in stato di ubriachezza.
L’esame dell’atto di appello, imposto dalla natura della doglianza, evidenzia a sua volta che lo stesso consiste di un unico motivo denominato ‘Insussistenza dell’addebito’ con cui si sostiene la tesi che nessun comportamento sarebbe stato attuato dall’imputato per ostacolare gli atti d’ufficio posti in essere dagli operanti mancando, quindi, il dolo del reato di resistenza (art. 337 cod. pen.), affermazione preceduta da un breve riassunto del fatto, in parte riportando un brano della sentenza di primo grado, seguito dalla riproduzione di un brano della comunicazione della notizia di reato (giudizio definito con rito abbreviato) con una chiosa aggiuntiva secondo cui ‘la mera reazione alterata posta in essere nei confronti del pubblico ufficiale alla presenza di questi, senza la finalità di opporsi ad un atto che deve ancora manifestarsi’ non integra il reato contestato.
Nessun accenno, invece, alla circostanza che – come da imputazione e da pronuncia di primo grado – alle prime espressioni verbali all’indirizzo degli operanti abbia fatto seguito il tentativo dell’imputato di colpire con un pugno la spalla destra di uno di essi né a quella che le espressioni ingiuriose siano continuate nel momento in cui gli operanti, per ricondurlo alla ragione e svolgere gli adempimenti del caso (identificazione in primis), abbiano fatto uso di uno spray antiaggressione.
Tanto premesso, è di necessità concludere per la genericità di un motivo di censura che, senza enucleare alcuno specifico tema della decisione, ha anche volutamente omesso di prendere in considerazione tutti gli elementi della complessiva fattispecie concreta, per non tacere delle ragioni di diritto alla stessa – e non all’altra arbitrariamente circoscritta e ridefinita nell’atto di appello connes del tutto assenti.
Risulta, pertanto, corretta la statuizione della Corte di appello in ordine alla violazione degli artt. 581, comma 1 e 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. e manifestamente infondate le censure avverso di essa formulate in ricorso.
Alla dichiarazione d’inammissibilità dell’impugnazione segue, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che stimasi equo quantificare in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, 6 novembre 2024
Il consiglier COGNOME ensore COGNOME
Il Presidente