Appello in Cassazione: L’Importanza di Proporre Tutti i Motivi in Appello
L’ordinanza in esame offre uno spunto fondamentale sulla strategia processuale e sui requisiti di ammissibilità dell’appello in Cassazione. La Suprema Corte ribadisce un principio cardine del nostro ordinamento: non è possibile sollevare per la prima volta in sede di legittimità delle censure che non siano state formulate nel precedente grado di giudizio. Analizziamo insieme la vicenda per comprendere la portata di questa regola.
Il Caso in Analisi: Dalla Bancarotta all’Appello in Cassazione
La vicenda processuale trae origine da una condanna in primo grado, confermata dalla Corte di Appello, nei confronti di un soggetto per due distinti delitti di bancarotta fraudolenta. L’imputato decideva di impugnare la sentenza di secondo grado, proponendo ricorso per Cassazione.
I motivi del ricorso si concentravano esclusivamente sulla violazione di legge e sul vizio di motivazione in merito al riconoscimento di una specifica circostanza aggravante, prevista dall’articolo 219 della legge fallimentare. Questa mossa difensiva, tuttavia, si è rivelata proceduralmente errata.
La Decisione della Corte e il Principio Processuale Applicato
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza entrare nel merito delle questioni sollevate. La decisione si fonda su una regola procedurale precisa, sancita dall’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale.
Questa norma stabilisce che i motivi di ricorso non possono essere dedotti per la prima volta in Cassazione se non sono stati precedentemente presentati come motivi di appello. Nel caso specifico, la difesa non aveva contestato il riconoscimento dell’aggravante nel giudizio di secondo grado. Di conseguenza, la censura è stata ritenuta inammissibile in sede di legittimità.
Le Motivazioni dietro l’Inammissibilità dell’Appello in Cassazione
La motivazione della Suprema Corte è netta e si basa su un principio di preclusione processuale. I gradi di giudizio hanno funzioni diverse e sequenziali. L’appello serve a riesaminare sia i fatti che le questioni di diritto, mentre il giudizio in Cassazione è un giudizio di legittimità, volto a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, senza poter rivalutare il merito della vicenda.
Permettere di introdurre nuove questioni direttamente in Cassazione snaturerebbe questa ripartizione di competenze e creerebbe un’incertezza processuale. La legge impone quindi alle parti di esporre tutte le loro doglianze al giudice d’appello. Se una censura non viene sollevata in quella sede, si presume che la parte l’abbia accettata, e non può più ‘ripescarla’ nel successivo grado di giudizio.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa
La pronuncia in esame rappresenta un monito fondamentale per la strategia difensiva. È essenziale che l’atto di appello sia redatto con la massima completezza e precisione, articolando tutti i possibili motivi di contestazione della sentenza di primo grado. Omettere una censura in appello significa perderla per sempre, chiudendo la porta a una sua eventuale discussione davanti alla Corte di Cassazione. Questa ordinanza, pertanto, sottolinea come la conoscenza delle regole procedurali sia tanto importante quanto la conoscenza del diritto sostanziale per garantire una difesa efficace e non incorrere in declaratorie di inammissibilità che precludono l’esame del merito.
È possibile presentare un nuovo motivo di ricorso per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che non è possibile. I motivi di ricorso devono essere stati precedentemente dedotti come motivo di appello, altrimenti il ricorso viene dichiarato inammissibile, come previsto dall’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale.
Qual era il motivo di ricorso presentato dall’imputato in questo caso?
L’imputato contestava la sussistenza di un’aggravante specifica (prevista dall’art. 219, comma 2, n. 1 della legge fallimentare) legata al reato di bancarotta fraudolenta.
Qual è stata la conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36159 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36159 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TRICARICO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/11/2024 della CORTE APPELLO di POTENZA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
R.g. NUMERO_DOCUMENTO–NUMERO_DOCUMENTO – Rel. Borrelli Ud. 24.09.2025 –
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Potenza che ha confermato la pronunzia di primo grado con la quale il ricorrente era stato ritenuto responsabile di due delitti di bancarotta fraudolenta.
Considerato che i due motivi di ricorso – con cui si denunzia violazione di legge vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all 219, comma 2, n. 1 della legge fallimentare – non sono consentiti in sede di legittim perché la censura circa il riconoscimento dell’aggravante in parola non risulta ess stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3, cod. proc. pen.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, c condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24 settembre 2025.