Appello in Cassazione: Perché Non Puoi Introdurre Nuovi Motivi
L’appello in Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma le sue porte non sono sempre aperte. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce un punto fondamentale: è inammissibile sollevare per la prima volta in Cassazione questioni non discusse in Appello. Questa regola, apparentemente tecnica, ha implicazioni pratiche enormi per la strategia difensiva.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte d’Appello di Bari per detenzione di sostanze stupefacenti, nello specifico cocaina e circa 687 grammi di hashish. L’imputato ha deciso di contestare la sentenza di secondo grado presentando un ricorso alla Corte di Cassazione, basandolo su tre distinti motivi.
L’analisi dei motivi del ricorso
La difesa dell’imputato si articolava su tre punti principali, ma nessuno di essi ha superato il vaglio di ammissibilità della Suprema Corte.
1. Primo Motivo: Rigetto dell’ipotesi lieve del reato. L’imputato contestava la mancata applicazione della fattispecie di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti. La Corte ha ritenuto questo motivo inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte dal giudice d’appello, senza muovere una critica specifica alla motivazione della sentenza impugnata. Inoltre, il ricorso menzionava solo la cocaina, ignorando la condanna per la detenzione di una quantità significativa di hashish.
2. Secondo Motivo: Confisca del denaro. La difesa sosteneva l’illegittimità della confisca del denaro, ritenendo fosse stata disposta ai sensi dell’art. 240 c.p. La Corte ha rapidamente liquidato il motivo come manifestamente infondato, precisando che la confisca era stata correttamente applicata in base all’art. 240-bis c.p., una norma differente con presupposti diversi.
3. Terzo Motivo: Trattamento sanzionatorio. Il ricorrente lamentava vizi di motivazione riguardo alla pena e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile, ed è qui che emerge il principio giuridico più rilevante della decisione.
Le Motivazioni: la preclusione di un nuovo appello in Cassazione
La Corte di Cassazione ha bocciato il terzo motivo (e, implicitamente, rafforzato l’inammissibilità degli altri) sulla base di un orientamento consolidato, richiamando una storica sentenza delle Sezioni Unite (n. 24/1999, Spina). Il principio è chiaro: non è possibile introdurre in sede di legittimità questioni che non sono state specificamente devolute al giudice d’appello.
In altre parole, se la difesa non ha contestato la pena o richiesto le attenuanti generiche nel secondo grado di giudizio, non può farlo per la prima volta davanti alla Cassazione. La ragione è logica e processuale: la Corte d’Appello non si è pronunciata su quel punto semplicemente perché non le è stato chiesto. Ammettere un simile motivo in Cassazione creerebbe un paradosso: la Suprema Corte dovrebbe annullare la sentenza d’appello per un difetto di motivazione su un argomento che il giudice di merito non è mai stato chiamato a valutare. Si tratterebbe di un annullamento basato su un vizio creato ad arte, una strategia che l’ordinamento non consente.
Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un concetto cruciale per chiunque affronti un processo penale: la strategia difensiva deve essere completa e articolata sin dal primo grado, e soprattutto in appello. Il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti o introdurre nuove doglianze. È, invece, un controllo di pura legittimità, limitato ai motivi specificamente consentiti dalla legge e, come dimostra questo caso, a quelli già sottoposti all’attenzione del giudice precedente. La decisione finale è stata quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Posso presentare per la prima volta in Cassazione dei motivi di ricorso non discussi in Appello?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che qualsiasi questione non prospettata nel giudizio di appello non può essere sollevata per la prima volta in sede di legittimità, pena l’inammissibilità del ricorso.
Perché non è ammesso sollevare nuove questioni in Cassazione?
Perché il giudice d’appello non si è potuto pronunciare su tali questioni, non essendogli state sottoposte. Ammettere un motivo nuovo in Cassazione comporterebbe un annullamento per un vizio di motivazione su un punto che il giudice di merito non ha mai potuto valutare, il che è contrario alla logica del sistema processuale.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 304 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 304 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BARI il 10/11/1987
avverso la sentenza del 20/03/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Il primo motivo del ricorso di COGNOME COGNOME con cui si deducono i vizi di violazione di legge e della motivazione per il rigetto della richiesta di applicazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, è inammissibile perché è stato proposto per motivi non consentiti in sede di legittimità. I motivi sono riproduttiv di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi cori corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da una specifica critica delle argomentazioni a base della sentenza impugnata.
Il motivo prospetta solo la detenzione della cocaina mentre la condanna è intervenuta anche per la detenzione di 687 grammi di hashish.
Il secondo motivo è inammissibile perché è stato proposto per motivi manifestamente infondati: la confisca del denaro è intervenuta ex art. 240-bis cod. pen. e non ex art. 240 cod. pen., come sostenuto nel ricorso.
Il terzo motivo, con cui si deducono i vizi di violazione di legge e di mancanza della motivazione sul trattamento sanzionatorio, è inammissibile perché con l’appello non furono dedotte questioni relative all’applicazione delle circostanze attenuanti generiche ed alla pena.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, la lettura coordinata degli artt. 609 e 606, comma 3, cod. proc. pen. impedisce la proponibilità in cassazione di qualsiasi questione non prospettata in appello, quale rimedio contro il rischio concreto di un annullamento, in sede di cassazione, del provvedimento impugnato, in relazione ad un punto intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello: in questo caso, infatti è facilmente diagnosticabile in anticipo un inevitabile difetto di motivazione della relativa sentenza con riguardo al punto dedotto con il ricorso, proprio perché mai investito della verifica giurisdizionale (in tal senso cfr. Sez. U. n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 214794, in motivazione).
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ikrnmende.
Così deciso il 1 dicembre 2023.