Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 7201 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 7201 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME ( CODICE_FISCALE ) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/05/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del P.G.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 26.5.2023 la Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della sentenza con cui il locale Tribunale aveva ritenuto NOME colpevole del reato di cui agli artt. 186, commi 1 e 2 lett:. b) e 186, comma 2 bis e comma 2 sexies, d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285 condannandolo alla pena di mesi otto di arresto ed Euro 4000 di ammenda (assolvendolo, invece, dal reato di cui all’art. 495 cod.pen.), ha ridotto la pena inflitta al medesimo a mesi cinque di arresto ed Euro 2500,00 di multa.
I fatti oggetto del procedimento, in sintesi, possono essere così riassunti: in data 28.8.2018, alle ore 1 e 20 circa di notte, in Milano, all’incrocio tra INDIRIZZO e INDIRIZZO l’odierno imputato perdeva il coni:rollo del motociclo Gilera Runner da lui condotto ed andava a collidere con il palo della luce. Condotto presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale San Carlo di Milano, eseguito un prelievo ematico, si riscontrava un tasso alcolemico pari ad 1,26g/I. Il giudice di primo grado ha ritenuto quindi la sussistenza del reato di cui al capo a); il giudice d’appello ha modificato il trattamento sanzionatorio, considerando che il fatto ha causato solo danni a cose e che il prevenuto non risulta aver mai
subito condanne per violazioni del codice della strada.
Avverso la sentenza d’appello l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in un motivo.
In via preliminare sollecita la proposizione di questione di legittimit costituzionale dell’art. 581 comma 1 ter e comma 1 quater cod.proc.pen. in relazione agli artt. 3, 24, 27 e 111 Cost., ed in via subordinata dell’art. 89 comma 3, d.lgs. n. 150 del 2022 in relazione agli artt. 3, 24, 27 e 111 Cost.
Espone che nel caso di specie si é proceduto in assenza dell’imputato e che il difensore nominato non é mai stato in grado di entrare in contatto con il proprio assistito e ad oggi non é munito di un mandato difensivo fiduciario contenente un’ulteriore dichiarazione o elezione di domicilio come previsto dagli artt. 581 comma 1 ter e comma 1 quater cod.proc.pen.
Rileva l’evidente inammissibilità nell’attuale assetto costituzionale di un regime normativo che giunge ad interrompere la libera estrinsecazione del ruolo difensivo, senza che l’imputato abbia ricevuto effettiva conoscenza dei presupposto che dovrebbe determinare la richiamata cesura, ovvero l’avvenuta pronuncia di una sentenza di condanna a suo carico, non potendo ammettersi alcuna forma di preminenza sul diritto di difesa di eventuali esigenze attinenti alla riduzione del carico giudiziale.
Inoltre rileva l’ingiustificata differenziazione della disciplina relativa all’imp assente rispetto a quella dell’imputato presente, attuata dall’art. 581 comma 1 quater, cod.proc.pen. proprio in ragione degli obbiettivi pratici perseguiti da legislatore.
Con l’unico motivo di ricorso deduce ai sensi dell’art. 606 comma 1, lett. b) ed e) cod.proc.pen. la violazione degli artt. 125 comma 3, 546 comma 1, lett. e), 605 cod.proc.pen., 132, 133, 62 bis, 163 cod.pen.
Assume che la sentenza impugnata non ha sottoposto ad adeguata valutazione gli elementi offerti dalla difesa a sostegno della concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il P.G. presso la Corte di cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
La difesa dell’imputato ha depositato conclusioni scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto proposto da difensore privo dello specifico mandato ad impugnare contenente un’ulteriore dichiarazione o elezione di domicilio, così come previsto dall’art. 581, commi 1 ter e 1 quater, cod. proc. pen.
Ed invero, il Collegio ritiene che le proposte questioni di legittimit costituzionale siano manifestamente infondate.
Il ricorrente sollecita la proposizione di questione di legittimità costituzional degli artt. 581 co. 1 ter e 1 quater cod. proc. pen. ed in subordine dell’art. 89 comma 3, d.lgs 150/22 per violazione dei principi di uguaglianza, effettività della tutela giurisdizionale, presunzione di non colpevolezza e giusto processo, di cui agli artt. 3, 24, 27 e 111 della Costituzione e dell’art. 6 CEDU.
L’art. 581 co. 1 ter e 1 quater cod. proc. pen. (così come introdotti dall’art. 3 del d.lgs. 150/2022, la c.d. Riforma Cartabia) richiede che, unitamente all’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori, sia depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio ai fini della notificazio del decreto di citazione a giudizio (art. 581 co. 1 ter), nonché, ove trattasi d imputato rispetto ai quale si è proceduto in assenza che, unitamente all’atto di appello sia depositato, a pena di inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato ai fini della notificazione de decreto che dispone il giudizio (art. 581 co. IL quater). Tale disposizione, ai sensi dell’art. 89, comma 3, d.lgs. 150/2022, si applica per le impugnazioni proposte
avverso le sentenze pronunciate in data successiva all’entrata in vigore del succitato decreto, ossia dopo il 30/12/2022.
La citata normativa transitoria considera rilevante, infatti, solo la data di pronuncia della sentenza ai fini dell’applicazione delle nuove disposizioni in tema di impugnazione specificate al comma 3 dell’art. 89 del d.lgs. n. 150/2022, diversamente dalle altre disposizioni sull’assenza e da quelle in terna di rescissione di cui al comma 1 dell’art. 89 cit., che continuano ad essere regolate dalle disposizioni ante riforma se la dichiarazione di assenza sia avvenuta prima della entrata in vigore della riforma (30 dicembre 2022).
Il Collegio ritiene di confermare l’orientamento espresso da Sez. 5 n. 39166 del 4/7/2023, Nappi, non mass., secondo cui sono applicabili al ricorso per cassazione proposto dall’imputato, nei cui confronti si sia proceduto in assenza, gli specifici oneri formali previsti dall’art. 581, co. 1 quater cod. proc. pen. come novellato dall’art. 33 co. 1 lett. d) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, posto che tale norma rientra tra le disposizioni generali relative alle impugnazioni valevoli, in mancanza di indici normativi di segno contrario, anche per il ricorso per cassazione, non potendo essere intesa nel senso di consentire l’impugnazione di legittimità nell’interesse dell’imputato assente secondo un regime meno rigoroso di quello vigente per l’appello ed essendo funzionale a garantire a quest’ultimo l’esercizio consapevole del diritto di impugnazione.
Si richiamano altresì altre recenti decisioni di questa Corte (Sez. 4, n. 43718 dei 11/10/2023; Sez. 4, n. 41763/2023, Sez. 2, in. 47327 del 3/11/2023), condivise dal Collegio che intende dare continuità al detto orientamento, che hanno ritenuto manifestamente infondata, per quanto rilevante, la questione di legittimità costituzionale posta in via principale dalla difesa.
Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, tale interpretazione non vulnera i principi costituzionali e convenzionali in tema di giusto processo, ragionevolezza delle forme di accesso alla giurisdizione di impugnazione e parità delle armi tra le parti.
Ebbene, ritiene il Collegio che si tratti di una norma che appare del tutto ragionevole ed esercizio di una legittima scelta discrezionale attribuita al legislatore, e che non collide con alcuna delle norme costituzionali invocate.
Altrettanto condivisibile, ragionevole e logica appare la ratio legis di operare una diversa scelta tra l’imputato presente nel processo e quello che ha deciso di non parteciparvi, se non attraverso la sua difesa tecnica.
La norma riguarda l’imputato assente ovvero quello che, a conoscenza del processo a suo carico, sceglie, qualunque sia la ragione, di essere assente e di farsi rappresentare dal difensore (art. 420-bis, co. 4 cod. proc., pen.).
La sua scelta deve essere volontaria e consapevole e il giudice è tenuto ad accertarlo (art. 420-bis, co. 1 e 2). Il difensore, pertanto, non dovrebbe incontrare soverchie difficoltà a farsi rilasciare, dopo la sentenza di primo grado, il mandato specifico ad appellare. Analogamente, non si rinviene alcun contrasto con le norme costituzionali nell’aver imposto all’imputato assente la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio. Quanto ai tempi a disposizione per poter proporre l’impugnazione, proprio al fine di garantire la compatibilità costituzionale della nuova disciplina, il legislatore ha contemplato tutele compensative rispetto alla nuova previsione, quali l’ampliamento di quindici giorni del termine per impugnare per l’imputato assente e l’estensione del rimedio della restituzione in termini per impugnare.
La nuova disciplina prevede che i termini, previsti a pena di decadenza, per proporre impugnazione di cui al comma 1 (15, 30 e 45 giorni a seconda dei casi) sono aumentati di quindici giorni (30, 45 e 60 giorni) per l’impugnazione dei difensore dell’imputato giudicato in assenza. E il nuovo comma 2.1 dell’art. 175 cod. proc. pen. prevede, poi, che l’imputato giudicato in assenza sia restituito, a richiesta, nel termine per proporre impugnazione, qualora dia prova di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non aver potuto proporre impugnazione nei termini senza sua colpa.
Analogamente, non si rinviene alcun contrasto con le norme costituzionali nell’aver imposto all’imputato assente la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.
La nuova disposizione dell’art.581, co. 1 ter, cod. proc. pen., così come l’analoga incombenza imposta dall’art. 581 co. 1 quater cod. proc. pen., riproduttiva, come in precedenza ricordato, dell’art. 1, comma 13, lett:. a) della legge delega, si coordina perfettamente con il novellato art. 157-ter co. 3 cod. proc. pen. secondo cui «3. In caso di impugnazione proposta dall’imputato o nel suo interesse, la notificazione dell’atto di citazione a giudizio nei suoi confronti eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell’articolo 581, commi 1 ter e 1 quater» e con l’art. 164 (rubricato «Durata dei domicilio dichiarato o eletto»), che stabilisce ora quanto segue «La determinazione del domicilio dichiarato o eletto è valida per le notificazioni dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, degli atti di citazione in giudiz ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale, salvo quanto previsto dall’articolo 156, comma 1.». Il dettato normativo, sostituendo l’inciso contenuto nell’art.164 cod. proc. pen. in base al quale la dichiarazione ci l’elezione di domicilio era valida per ogni stato e grado dei procedimento, ha dunque escluso che la dichiarazione o l’elezione di domicilio già
presente in atti possa esimere l’impugnante dal deposito di una nuova dichiarazione o elezione di domicilio.
Le questioni di legittimità costituzionale che con i motivi di ricorso si sollecita a sollevare sono pertanto manifestamente infondate.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 23.1.2024