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Appello generico: quando l’atto è valido?

Un imputato, condannato per ricettazione nonostante avesse confessato il furto di un aratro, si vede dichiarare inammissibile l’appello perché ritenuto generico. La Corte di Cassazione, però, annulla la decisione d’appello. La Suprema Corte stabilisce che la specificità richiesta per un appello è proporzionale a quella della sentenza impugnata. Se il provvedimento di primo grado è eccessivamente sintetico e immotivato, anche un appello conciso che ne evidenzia le lacune è valido e non può essere considerato un appello generico.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello Generico: Quando un Atto di Impugnazione è Davvero Inammissibile?

L’istituto dell’appello generico rappresenta uno dei motivi più comuni di inammissibilità nel processo penale. Ma cosa succede quando la sentenza di primo grado è talmente sintetica da rendere difficile una critica dettagliata? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10205/2024, offre un’importante chiave di lettura, stabilendo un principio di proporzionalità tra la motivazione della sentenza e la specificità dei motivi d’appello.

Il Caso: Furto Confessato, Condanna per Ricettazione

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un uomo per il reato di ricettazione di un aratro. L’elemento peculiare del caso risiede nel fatto che l’imputato aveva confessato di essere l’autore del furto dell’attrezzo agricolo, non un semplice ricettatore. La sua confessione era, inoltre, corroborata da un dato oggettivo: le tracce lasciate dalle ruote metalliche dell’aratro, che conducevano inequivocabilmente dalla proprietà della persona offesa fino alla masseria del ricorrente.
Nonostante questi elementi, il Tribunale di primo grado aveva ritenuto l’uomo responsabile non per il furto da lui stesso ammesso, ma per ricettazione, senza tuttavia fornire una spiegazione adeguata per questa diversa qualificazione giuridica.

L’Appello Generico e la Decisione della Corte Territoriale

Di fronte a questa decisione, la difesa proponeva appello, lamentando proprio la mancata considerazione delle dichiarazioni autoindizianti e chiedendo la riqualificazione del fatto in furto. La Corte d’appello, tuttavia, dichiarava il gravame inammissibile, bollandolo come appello generico. Secondo i giudici di secondo grado, l’atto si limitava a ripetere la ricostruzione dei fatti senza un reale confronto argomentativo con la sentenza impugnata e senza fornire prove a sostegno della tesi difensiva.

Il Principio di Proporzionalità nell’Appello secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha ribaltato completamente la prospettiva. Accogliendo il ricorso della difesa, ha chiarito che il requisito di specificità dei motivi di appello non può essere valutato in astratto. Al contrario, deve essere messo in relazione con la qualità e la completezza della motivazione della sentenza che si intende impugnare.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Cassazione ha osservato che la sentenza di primo grado era “poco più che telegrafica” e aveva completamente omesso di argomentare sulla ragione per cui la confessione di furto fosse stata ritenuta inattendibile o irrilevante. In sostanza, il primo giudice aveva ignorato un elemento probatorio cruciale senza fornire alcuna giustificazione.
A fronte di una simile lacuna motivazionale, l’atto di appello non poteva fare altro che lamentare tale “omessa ed ingiustificata pretermissione”. L’appello, pur essendo sintetico, era perfettamente idoneo a contrapporre le ragioni della difesa (basate sulla confessione) alle motivazioni, altrettanto sintetiche se non inesistenti, del giudice. Citando il noto principio delle Sezioni Unite “Galtelli”, la Corte ha ribadito che l’onere di specificità dell’appello è direttamente proporzionale alla specificità delle ragioni poste a fondamento della decisione impugnata.

Le Conclusioni

La decisione in esame ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, riafferma il diritto dell’imputato a ottenere una decisione motivata in ogni sua parte. In secondo luogo, fornisce uno strumento fondamentale alla difesa: quando una sentenza è carente nelle sue argomentazioni, non è necessario produrre un appello prolisso e complesso. È invece sufficiente, e doveroso, redigere un atto mirato, che colpisca direttamente il punto debole della decisione: la sua mancanza di motivazione. Un appello non è generico se individua con precisione una lacuna logica o una palese omissione del giudice, indipendentemente dalla sua lunghezza. Questo principio garantisce che il diritto di impugnazione non venga svuotato di significato di fronte a decisioni giudiziarie superficiali.

Un appello può essere dichiarato inammissibile perché generico se critica una sentenza poco motivata?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la specificità richiesta a un atto di appello è direttamente proporzionale alla specificità della sentenza impugnata. Se la sentenza di primo grado è laconica o “telegrafica”, anche un appello sintetico che ne contesta le omissioni è da considerarsi ammissibile.

Cosa si intende per “appello generico”?
Un “appello generico” è un’impugnazione che non formula critiche specifiche e argomentate contro la decisione del giudice, ma si limita a ripetere fatti o a presentare doglianze vaghe, senza un confronto puntuale con le motivazioni della sentenza.

In questo caso, perché l’imputato è stato condannato per ricettazione se aveva confessato il furto?
La sentenza di primo grado lo ha condannato per ricettazione senza fornire una motivazione chiara sul perché abbia scartato la confessione di furto. Proprio questa mancanza di motivazione è stata il punto centrale del ricorso in Cassazione, che ha portato all’annullamento della sentenza d’appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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