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Appello generico: la Cassazione conferma la condanna

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per falsa dichiarazione finalizzata all’ottenimento del gratuito patrocinio. La Corte ha confermato la decisione di merito che aveva dichiarato l’appello generico e quindi inammissibile, in quanto i motivi non contestavano specificamente le argomentazioni della sentenza di primo grado.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello generico: la Cassazione chiarisce i requisiti di ammissibilità

L’impugnazione di una sentenza è un diritto fondamentale, ma deve rispettare precise regole formali e sostanziali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: un appello generico, che non si confronta specificamente con le motivazioni del giudice di primo grado, è destinato a essere dichiarato inammissibile. Il caso analizzato riguarda una condanna per falsa dichiarazione finalizzata all’ottenimento del patrocinio a spese dello Stato, ma i principi espressi hanno una valenza generale per tutti i processi penali.

I Fatti di Causa: una falsa dichiarazione per il gratuito patrocinio

Il caso trae origine dalla condanna di un uomo per il reato previsto dall’art. 95 del Testo Unico sulle Spese di Giustizia. L’imputato, presentando un’istanza per essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato, aveva autocertificato un reddito familiare per l’anno 2016 pari a circa 9.500 euro. Tuttavia, le indagini avevano rivelato che il reddito reale del suo nucleo familiare era di oltre 19.000 euro, quasi il doppio del limite di legge, a causa della mancata dichiarazione dei redditi di un fratello convivente.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano confermato la sua colpevolezza. In particolare, la Corte territoriale aveva dichiarato inammissibili i motivi d’appello con cui si chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.) e il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (art. 62 bis c.p.), ritenendoli privi della necessaria specificità.

I motivi del ricorso e l’appello generico

L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando proprio la declaratoria di inammissibilità del suo appello. A suo dire, i motivi presentati contenevano elementi sufficienti per una valutazione nel merito da parte del giudice di secondo grado. La difesa sosteneva di aver indicato la posizione soggettiva dell’imputato come elemento di fatto idoneo a giustificare le richieste formulate.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha sposato la tesi della Corte d’Appello, evidenziando come l’atto di impugnazione fosse in realtà un appello generico. L’appellante, infatti, si era limitato a una riproposizione astratta delle richieste, senza confutare punto per punto le argomentazioni con cui il Tribunale aveva già escluso l’applicazione dei benefici invocati. Mancava, in altre parole, quella critica ragionata alla decisione di primo grado che costituisce il cuore di un’impugnazione ammissibile.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire i requisiti di specificità dell’atto di appello, come delineati dall’art. 581 del codice di procedura penale. Un’impugnazione non può essere una mera ripetizione di richieste già respinte. L’appellante ha l’onere di contrapporre alle ragioni del primo giudice argomentazioni puntuali, sia in fatto che in diritto, che ne dimostrino l’erroneità. Non è sufficiente contestare il risultato finale (‘decisum’), ma occorre attaccare il percorso logico-giuridico che lo ha determinato.

Nel caso di specie, la richiesta di applicazione della particolare tenuità del fatto era basata su un’eccentrica affermazione di ‘ignoranza’ in materia tributaria, irrilevante rispetto all’oggetto della contestazione (l’omessa dichiarazione dei redditi del convivente). Allo stesso modo, la richiesta di attenuanti generiche era una mera insistenza, priva di argomenti nuovi o critici rispetto alla valutazione negativa già espressa dal Tribunale. La Cassazione ha inoltre sottolineato come la Corte d’Appello, pur dichiarando l’inammissibilità, avesse comunque aggiunto una motivazione nel merito, evidenziando elementi ostativi come l’intensità del dolo, i numerosi precedenti penali dell’imputato e il fatto che il reato fosse stato commesso mentre si trovava agli arresti domiciliari. Elementi, questi, che il ricorrente non ha in alcun modo contestato nel suo ricorso finale.

Le conclusioni

La sentenza in esame riafferma un principio fondamentale per la pratica forense: l’appello non è una seconda occasione per ripetere le proprie tesi, ma un mezzo di gravame a critica vincolata. Per evitare una declaratoria di inammissibilità, è indispensabile che l’avvocato rediga un atto che dialoghi criticamente con la sentenza impugnata, individuando con precisione i passaggi errati e proponendo una ricostruzione alternativa supportata da solidi argomenti di fatto e di diritto. Un appello generico, astratto e ripetitivo è destinato a naufragare prima ancora di essere esaminato nel merito, con conseguente spreco di tempo e risorse e la cristallizzazione della condanna.

Perché un appello viene dichiarato inammissibile per genericità?
Un appello è dichiarato inammissibile per genericità perché non contesta in modo specifico le ragioni di fatto e di diritto della sentenza impugnata. L’atto di impugnazione deve contenere una critica puntuale e argomentata della decisione del primo giudice, non limitarsi a richieste astratte o alla semplice riproposizione di tesi già respinte.

È sufficiente riproporre in appello le stesse richieste del primo grado?
No, non è sufficiente. Anche quando si ripropongono le stesse richieste (ad esempio, il riconoscimento di attenuanti), è necessario confrontarsi specificamente con le motivazioni della sentenza di primo grado, spiegando le ragioni per cui non si condividono le conclusioni del giudice e perché, invece, le richieste dovrebbero essere accolte.

Quali elementi ha considerato la Corte per negare la particolare tenuità del fatto e le attenuanti generiche?
La Corte ha considerato diversi elementi negativi: l’intensità del dolo della falsa dichiarazione, il fatto che il reato fosse stato commesso mentre l’imputato si trovava agli arresti domiciliari e, infine, i suoi numerosi precedenti penali. Questi fattori, nel loro complesso, deponevano in senso contrario alla concessione dei benefici richiesti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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