Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26034 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26034 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Gobbi NOME Luigi n. a Verona il 28/2/1957
avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia in data 04/12/2024
dato atto che si è proceduto a trattazione con rito cartolare, ai sensi dell’art. 611, comma 1bis , cod. proc. pen.
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del Cons. NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente all’omessa statuizione sul beneficio della sospensione condizionale della pena.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza la Corte di Appello di Brescia, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Cremona in data 14/03/2023, dichiarava l’estinzione per maturata prescrizione dei reati di truffa ascritti ai capi 1, 4, 6 della
rubrica e rideterminava in anni uno di reclusione ed euro 400,00 di multa la pena inflitta a COGNOME NOME NOME per le residue imputazioni.
Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, il quale ha dedotto:
2.1. il vizio cumulativo della motivazione per avere la Corte d’Appello valutato in modo contraddittorio le dichiarazioni del teste NOMECOGNOME con specifico riguardo all’affermazione di aver corrisposto all’imputato la somma aggiuntiva di euro 50,00 per ogni polizza assicurativa.
Il difensore sostiene che la Corte di merito ha reso una motivazione illogica e contraddittoria in ordine alle censure difensive concernenti le dichiarazioni del teste COGNOME il quale ha riferito di aver versato all’imputato, oltre il premio, l’importo di euro 50 per ogni polizza sottoscritta. Si tratta, ad avviso del ricorrente, di una grave anomalia nell’esecuzione di un contratto assicurativo in quanto l’importo della polizza è comprensivo delle provvigioni per l’intermediario, circostanza che dimostra che il dichiarante era consapevole dell’irregolarità dell’operazione e ne aveva accettato le conseguenze. La condiscendenza dell’NOME nei confronti del prevenuto e il riconoscimento all’imputato di un compenso non dovuto denotano che la truffa non era diretta verso l’assicurato ma nei confronti del sistema assicurativo;
2.2. il vizio di motivazione per avere la Corte di Appello basato la valutazione sull’entità del dolo su un’affermazione mai fatta dall’imputato.
Il difensore lamenta che la Corte di merito ha richiamato a sostegno della responsabilità del ricorrente sue velate ammissioni circa il mancato versamento alla compagnia assicuratrice dei premi riscossi sebbene il COGNOME non abbia mai effettuato simili affermazioni, avendo al contrario sostenuto di aver versato gli importi di tutte le polizze con una sola eccezione;
2.3. la violazione degli artt. 163 e 164 cod. pen. con riguardo all’omessa valutazione della richiesta avanzata con l’atto d’appello di riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale.
Il difensore rappresenta che il COGNOME ha riportato una condanna a pena pecuniaria, condizionalmente sospesa, per reato depenalizzato nell’anno 1999 e nel 2002 ulteriore condanna a mesi dieci di reclusione con il beneficio della sospensione. Aggiunge che della prima condanna non può tenersi conto ai fini della reiterazione del beneficio, stante la cessazione degli effetti penali conseguente all’ abolitio criminis, sicchè, ai sensi dell’art. 164, quarto comma, cod. pen., l’imputato poteva nuovamente fruire del beneficio richiesto dal momento che il cumulo delle pene inflitte non superava i limiti stabiliti dall’art. 163 cod. pen. La Corte territoriale ha omesso di pronunziare in ordine alla richiesta difensiva
nonostante la condotta processuale del prevenuto e quella successiva ai fatti avrebbero consentito di formulare una favorevole prognosi circa il suo futuro comportamento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è inammissibile per genericità ed aspecificità delle censure che reiterano rilievi adeguatamente scrutinati e motivatamente disattesi dalla Corte di merito sulla scorta di argomenti che non prestano il fianco a rilievi per completezza e congruenza logica. La Corte d’Appello a pag. 11 ha confermato l’attendibilità delle dichiarazioni dell’COGNOME, persona offesa del delitto di truffa contestato al capo 7, escludendo che la circostanza relativa alla richiesta di una somma aggiuntiva di euro 50 per ciascuna polizza da parte del prevenuto, di cui ha riferito il teste, si presti ad inficiare la logica e coerente ricostruzione dei fatti dal medesimo fornita. Né può darsi ingresso ai sospetti sollevati dalla difesa secondo cui la compiacenza dell’assicurato denoterebbe la consapevolezza dell’anomalia dei contratti stipulati, circostanza priva di qualsivoglia rilievo ai fini della responsabilità del prevenuto e comunque smentita in via logica dal fatto che, in conseguenza del mancato versamento dei premi corrisposti, i due veicoli della persona offesa sono risultati privi di copertura assicurativa ed assoggettati a sequestro amministrativo.
Ad analoghi esiti deve pervenirsi in relazione alle doglianze svolte nel secondo motivo. L’inesatta affermazione del Collegio a pag. 11, relativa alle ‘velate’ ammissioni del prevenuto circa il fatto che ‘spesso’ aveva omesso di versare i premi incassati alla compagnia assicurativa mentre l’imputato ha esclusivamente ammesso di averlo fatto per mera ‘dimenticanza’ in una sola occasione, non ha alcuna attitudine scardinante della trama giustificativa della sentenza impugnata. Invero, i giudici d’appello alle pagg. 6-7 hanno richiamato i contenuti dell’esame dell’imputato, sottoposti ad una serrata e demolitoria confutazione da parte del primo giudice, segnalando che il COGNOME aveva ammesso l’omessa consegna del denaro incassato solo in relazione alla posizione dell’assicurata COGNOME (capo 6), fornendo per il resto versioni implausibili ed inverosimili, smentite dalle acquisizioni dibattimentali, circa il mancato versamento delle somme riscosse in contanti oppure in ordine all’accredito dei premi sul proprio conto personale. La difesa non chiarisce le ragioni per cui l’affermazione censurata, inserita nel contesto relativo alla valutazione delle censure concernenti il capo 9), abbia una valenza decisiva nell’apprezzamento del dolo in relazione a detto specifico addebito.
Anche il terzo motivo è manifestamente infondato. Deve innanzitutto rilevarsi che questa Corte ha autorevolmente chiarito in tema di sospensione condizionale della pena che, fermo l’obbligo del giudice d’appello di motivare circa il mancato esercizio del potere-dovere di applicazione di detto beneficio in presenza delle condizioni che ne consentono il riconoscimento, l’imputato non può dolersi, con ricorso per cassazione, della sua mancata concessione qualora non ne abbia fatto richiesta nel corso del giudizio di merito (Sez. U, n. 22533 del 25/10/2018, dep. 2019, Salerno, Rv. 275376-01). Il massimo consesso nomofilattico ha precisato in motivazione, pag. 10, che sono estranei al perimetro della questione in quella sede dibattuta ‘i casi in cui il giudice di primo o di secondo grado, anche d’ufficio, abbia vagliato l’applicazione dei benefici e, segnatamente, della sospensione condizionale della pena riconoscendola o escludendola, con conseguente facoltà della parte interessata di impugnare specificamente il corrispondente punto della decisione nel rispetto delle disposizioni generali in materia di impugnazioni e, quanto al ricorso per cassazione, negli stretti limiti in cui tale mezzo è ammesso’.
3.1. Nella specie, il Tribunale di Cremona (pag. 14), a fronte della richiesta difensiva in sede di conclusioni di riconoscere i benefici di legge, evidenziava che la sospensione non poteva essere riconosciuta in ragione dei precedenti a carico del COGNOME, aggiungendo che, alla luce della condotta processuale dell’imputato, priva di qualsivoglia manifestazione di resipiscenza, non era possibile una positiva prognosi circa la futura astensione da condotte illecite.
3.2. La difesa non impugnava specificamente detto capo della sentenza di primo grado, limitandosi nell’atto d’appello, in sede di conclusioni, a chiedere il contenimento del trattamento sanzionatorio e la concessione dei benefici di legge senza confronto alcuno con la motivazione reiettiva del primo giudice e senza l’illustrazione delle ragioni a fondamento della richiesta. Il difensore si esprimeva nello stesso senso rassegnando le conclusioni scritte per il processo d’appello.
3.3. In siffatto contesto deve ritenersi, in adesione al principio devolutivo che governa la fattispecie alla stregua della perimetrazione del potere officioso del giudice d’appello operata da Sezioni Unite ‘ Salerno ‘, che l’assenza di uno specifico e argomentato gravame in ordine alla motivazione reiettiva del Tribunale renda incensurabile in questa sede la mancata considerazione della questione da parte della sentenza impugnata.
Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarao inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo, non ravvisandosi ragioni d’esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso in Roma, 3 luglio 2025