Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5939 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5   Num. 5939  Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/10/2023
SENTENZA
dalla parte civile DI COGNOME NOME NOME a CAMPOBASSO il DATA_NASCITA
sul ricorso proposto da: nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/02/2023 del TRIBUNALE di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Sostituto Procuratore NOME COGNOME, il quale si è riportato alla requisitoria già depositata e ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’impugnata sentenza.
uditi:
L’avvocato COGNOME NOME, che insiste per l’annullamento della sentenza impugnata e deposita conclusioni scritte e nota spese delle quali chiede la liquidazi L’avvocato COGNOME NOME, che chiede la conferma della sentenza impugnata
Ritenuto in fatto
 Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Roma ha rigettato l’appello proposto, ai soli fini civili, da NOME COGNOME, parte civile costituita nel processo a carico di NOME COGNOME, assolto in primo grado dall’imputazione di percosse di cui ai capi b), c) e d), perché il fatto non sussiste e da quella di cui al capo a), per difetto di querela.
 Avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, per il tramite del proprio difensore, affidando le proprie censure ai tre motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, si duole di violazione di legge processuale, con riferimento all’art. 573, comma 1 bis, cod. proc. pen., atteso il mancato rinvio alla competente sezione civile per la trattazione dell’appello proposto ai soli fini civili.
2.2 Col secondo motivo, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione, per non avere la Corte territoriale replicato in alcun modo all’eccezione relativa al contestato reato di diffamazione (capo d), e alla rilevanza della dichiarazione dell’imputato, in concreto confessoria, con cui lo stesso affermava di aver egli stesso posto in essere una condotta diffamatoria nei confronti della persona offesa, attraverso un uso distorto e strumentale dei messaggi inviati dall’odierna ricorrente.
2.3 Col terzo motivo, si eccepisce violazione di legge, in riferimento all’art. 595 del codice di rito, per omessa valutazione di prova decisiva circa la sussistenza della condotta diffamatoria contestata, vale a dire la dichiarazione dell’imputato, avente valore confessorio, di cui si è detto nel motivo precedente.
 All’udienza del 19 ottobre 2023 si è svolta la trattazione orale del procedimento.
Considerato in diritto
Il primo motivo è infondato, dato che la censura si appalesa in contrasto con quanto statuito dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’art. 573, comma 1 -bis, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, si applica alle impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile sia intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022, quale data di entrata in vigore della citata disposizione (Sez. U, n. 38481 del 25/05/2023, D., Rv. 285036 – 01).
Nel caso di specie la costituzione di parte civile risale a un’epoca precedente rispetto alla data del 30 dicembre 2022.
 Il secondo e il terzo motivo, esaminabili congiuntamente per la loro stretta connessione, sono, nel loro complesso, infondati.
Innanzi tutto, sono inammissibili per genericità le doglianze che si riferiscono al non precisato contenuto della messaggistica whatsapp e alle dichiarazioni dei testi escussi.
Per il resto, si osserva che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il vizio di motivazione che denunci la carenza argomentativa della sentenza rispetto ad un tema contenuto nell’atto di impugnazione può essere utilmente dedotto in Cassazione soltanto quando gli elementi trascurati o disattesi abbiano carattere di decisività (Sez. 6, n. 3724 del 25/11/2015, dep. 2016, Perna, Rv. 267723 – 01).
La dichiarazione dell’imputato, che, secondo parte ricorrente, avrebbe contenuto confessorio, è, in realtà, tutt’altro che decisiva, in quanto: a) il primo punto dell – atto di rinuncia alla querela” del 29 maggio 2015 ha riguardo a fatti comunicati a non precisate terze persone, che comunque sono da identificarsi ragionevolmente nell’AVV_NOTAIO secondo la formula utilizzata nell’atto (“ho raccontato a terze persone e, in particolare, all’AVV_NOTAIO….”); b) il secondo punto, ancora una volta, ha riguardo a non precisate terze persone e peraltro non indica alcuno specifico contenuto diffamatorio (“ho mostrato a terze persone messaggi che l’AVV_NOTAIO mi aveva inviato nel mese di dicembre 2014, strumentalizzando gli stessi e decontestualizzandoli, nel tentativo di ledere la reputazione dell’AVV_NOTAIO“), talché non è dato cogliere alcuna portata scardinante del dato rispetto alla complessiva valutazione delle risultanze istruttorie operata dai giudici di merito; c) il terzo punto riguarda esplicitamente la sola AVV_NOTAIO.
In altre parole, il contenuto dell’atto non consente l’emergere di alcun dato univoco rivelatore di specifiche comunicazioni con una pluralità di persone con contenuti oggettivamente apprezzabili come lesivi della reputazione della ricorrente.
Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 19/10/2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente