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Appello del pubblico ministero: i requisiti di validità

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso relativo all’appello del pubblico ministero contro un’ordinanza che aveva respinto una richiesta di custodia cautelare. La difesa sosteneva l’inammissibilità dell’appello per mancanza di specificità. La Corte ha rigettato il ricorso, affermando che l’appello è ammissibile anche se ripropone le argomentazioni della richiesta originaria, qualora il primo giudice non le abbia esaminate a fondo. La sentenza chiarisce i requisiti di specificità del gravame e conferma la sussistenza delle esigenze cautelari basate sulla presunzione legale.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello del Pubblico Ministero: Quando è Ammissibile?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23748/2025, offre un importante chiarimento sui requisiti di validità dell’appello del pubblico ministero avverso un’ordinanza di rigetto di una misura cautelare. Questa decisione si concentra sul principio di specificità dell’atto di impugnazione, delineando i confini tra un appello ammissibile e uno meramente riproduttivo dell’istanza originaria. L’analisi della Corte fornisce una guida preziosa per comprendere le dinamiche processuali in una fase delicata come quella delle misure cautelari.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale del Riesame di Roma che, accogliendo l’appello del pubblico ministero, aveva disposto la custodia in carcere per un individuo accusato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e di plurimi episodi di cessione di ingenti quantità di droga. Inizialmente, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) aveva rigettato la richiesta di misura cautelare. La difesa dell’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione avverso la decisione del Tribunale del Riesame, sollevando due questioni principali: la presunta inammissibilità dell’appello del PM per difetto di specificità e l’insussistenza delle esigenze cautelari.

La Questione della Specificità dell’Appello del PM

Il primo motivo di ricorso si basava sulla violazione degli articoli 310, 581 e 591 del codice di procedura penale. Secondo la difesa, l’appello del pubblico ministero era inammissibile perché si limitava a riprodurre l’istanza cautelare originaria, senza criticare puntualmente le argomentazioni del GIP che l’aveva respinta. Si sosteneva che un simile atto mancasse del requisito di specificità richiesto dall’art. 581, comma 1-bis, c.p.p., configurandosi come un gravame generico.

La Valutazione sulle Esigenze Cautelari

Con il secondo motivo, la difesa contestava la sussistenza delle esigenze cautelari, in particolare il pericolo di reiterazione del reato (art. 274 c.p.p.). Si argomentava che il Tribunale avesse erroneamente ritenuto attuale tale pericolo, senza considerare la presunta disarticolazione del sodalizio criminale e la non configurabilità di un’aggravante specifica. In sostanza, mancavano elementi concreti che dimostrassero un rischio effettivo e attuale di recidiva.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, respingendo entrambe le doglianze della difesa. Sul primo punto, relativo alla specificità, la Corte ha chiarito un principio fondamentale: l’appello del pubblico ministero non è inammissibile solo perché ripropone deduzioni già presenti nell’originaria istanza. La specificità è rispettata quando l’atto di impugnazione, pur richiamando la richiesta iniziale, evidenzia le critiche al provvedimento del primo giudice. Nel caso di specie, il GIP non aveva affatto esaminato la parte relativa ai gravi indizi di colpevolezza. Pertanto, era legittimo che il PM riproponesse tali argomenti nell’appello, poiché non erano mai stati scrutinati. La Cassazione ha richiamato la propria giurisprudenza (Sez. 6, n. 32355/2024), secondo cui l’appello motivato con il mero richiamo alla richiesta cautelare originaria è inammissibile, salvo il caso in cui, per motivi formali o per l’apoditticità della decisione, sia mancata qualsiasi valutazione della richiesta medesima. Questo era esattamente ciò che era accaduto nel caso in esame.

Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte ha ritenuto corretta la valutazione del Tribunale del Riesame sulla sussistenza delle esigenze cautelari. Ha sottolineato che, per il delitto di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/1990), opera la presunzione relativa di pericolosità sancita dall’art. 275, comma 3, c.p.p. La ritenuta sussistenza di gravi indizi per tale reato giustificava, quindi, l’applicazione della misura cautelare, rendendo la decisione del Tribunale del tutto in linea con la normativa e la giurisprudenza di legittimità.

Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale per la dialettica processuale in materia cautelare. Stabilisce che la specificità dell’appello del pubblico ministero non deve essere valutata in modo formalistico, ma sostanziale. Se il giudice di prime cure omette di valutare una parte della richiesta cautelare, il PM ha il diritto di riproporla in appello, e tale atto non può essere considerato generico. Inoltre, la pronuncia ribadisce l’importanza delle presunzioni legali in tema di esigenze cautelari per reati di particolare gravità, confermando l’operatività della presunzione di pericolosità per chi è gravemente indiziato di far parte di un’associazione dedita al narcotraffico. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Quando un appello del pubblico ministero è considerato specifico anche se ripropone la richiesta originale?
L’appello del pubblico ministero è considerato specifico e ammissibile, anche se ripropone le argomentazioni della richiesta cautelare originaria, quando il giudice di primo grado ha omesso di valutarle. Se la decisione impugnata è apodittica o ha ignorato una parte della richiesta, il PM può legittimamente riproporre tali argomenti per ottenere una valutazione nel merito.

Come è stato valutato il pericolo di reiterazione del reato nel caso di specie?
La Corte ha confermato la sussistenza del pericolo di reiterazione del reato basandosi sulla presunzione relativa di pericolosità prevista dall’art. 275, comma 3, del codice di procedura penale. Poiché l’imputato era gravemente indiziato del delitto di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/1990), tale presunzione legale è stata ritenuta sufficiente a giustificare le esigenze cautelari.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente a seguito della decisione della Cassazione?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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