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Appello del PM: il principio del ‘tempus regit actum’

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, condannato in appello per reati fiscali dopo un’assoluzione in primo grado. La decisione chiarisce che l’ammissibilità dell’appello del PM è regolata dalla legge in vigore al momento dell’emissione della sentenza impugnata, non da leggi successive, in applicazione del principio ‘tempus regit actum’. La Corte ha inoltre ribadito che il giudice d’appello può integrare o redigere ex novo la motivazione carente in primo grado.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

L’appello del PM: quando si applica una nuova legge processuale?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un’importante questione di diritto intertemporale: quale legge si applica all’appello del PM quando, tra l’emissione della sentenza e la presentazione dell’impugnazione, entra in vigore una nuova norma che ne limita la facoltà? La risposta dei giudici si fonda su un antico ma sempre valido principio: tempus regit actum. Analizziamo il caso per comprendere le implicazioni pratiche di questa decisione.

La vicenda processuale

Il caso nasce da un procedimento per reati fiscali. In primo grado, il Tribunale assolve l’imputato. Contro questa decisione, sia il Pubblico Ministero che lo stesso imputato (per un capo di imputazione per cui era stato condannato) propongono appello. La Corte di Appello, in riforma della prima sentenza, dichiara l’imputato responsabile dei reati per i quali era stato assolto, condannandolo a due anni di reclusione, e dichiara prescritto un altro reato.

L’imputato, non soddisfatto della condanna, decide di portare il caso davanti alla Corte di Cassazione, sollevando diverse questioni procedurali.

I motivi del ricorso: tra procedura e merito

La difesa dell’imputato ha articolato il ricorso in Cassazione su quattro punti principali:

1. Inammissibilità dell’appello del PM: Si sosteneva che una modifica legislativa, intervenuta dopo la sentenza di primo grado ma prima della presentazione del gravame, rendesse inappellabili le sentenze di assoluzione per quel tipo di reati, rendendo quindi nullo l’intero processo d’appello.
2. Nullità per mancanza di motivazione: L’imputato lamentava che la sentenza di primo grado fosse priva di motivazione e che il giudice d’appello non potesse semplicemente ‘sanare’ questa mancanza senza violare il principio del doppio grado di giudizio.
3. Vizio di motivazione rafforzata: Collegato al punto precedente, si argomentava che, in assenza di una motivazione da confutare, la Corte d’Appello non era tenuta a fornire una ‘motivazione rafforzata’ per ribaltare l’assoluzione, incorrendo così in una carenza motivazionale.
4. Travisamento della prova: Infine, si contestava il modo in cui la Corte d’Appello aveva interpretato le testimonianze e i documenti, sostenendo un travisamento dei fatti.

La decisione della Cassazione sull’appello del PM

La Corte di Cassazione ha respinto tutti i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. Il punto cruciale riguarda la prima doglianza. I giudici hanno chiarito che, in assenza di una disciplina transitoria specifica, per individuare la legge applicabile in materia di impugnazioni vale il principio tempus regit actum. Il momento determinante non è quello in cui l’appello viene materialmente depositato, ma quello in cui sorge il diritto a impugnare, cioè la data di pubblicazione della sentenza. Poiché la sentenza di primo grado era stata emessa prima dell’entrata in vigore della nuova legge restrittiva, il Pubblico Ministero aveva legittimamente esercitato il suo diritto secondo le norme allora vigenti.

I poteri del Giudice d’Appello in caso di motivazione assente

Anche gli altri motivi sono stati giudicati infondati. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la mancanza assoluta di motivazione in una sentenza è causa di nullità, non di inesistenza. Di conseguenza, il giudice d’appello ha il potere e il dovere di esaminare pienamente il merito della causa e redigere ex novo la motivazione mancante, senza che ciò costituisca una lesione del diritto di difesa o del doppio grado di giudizio.

Infine, la censura sul travisamento della prova è stata dichiarata inammissibile perché mirava a ottenere una nuova valutazione dei fatti, compito precluso alla Corte di Cassazione, che è giudice di legittimità e non di merito.

le motivazioni

La Corte Suprema ha basato la sua decisione su principi cardine del diritto processuale penale. In primo luogo, l’applicazione del principio tempus regit actum garantisce certezza giuridica, ancorando la disciplina dell’impugnazione alla legge esistente al momento della pronuncia della sentenza. In secondo luogo, la Corte ha confermato l’ampiezza dei poteri del giudice d’appello, che non è un mero revisore della motivazione di primo grado, ma un giudice con piena cognizione dei fatti, capace di rimediare a vizi come la mancanza di motivazione. Infine, ha ribadito la propria funzione di giudice di legittimità, respingendo ogni tentativo di trasformare il ricorso in Cassazione in un terzo grado di giudizio sul merito.

le conclusioni

La sentenza consolida l’orientamento secondo cui le riforme processuali in tema di impugnazioni non hanno effetto retroattivo sulle sentenze già emesse. La decisione riafferma la distinzione netta tra vizi di legittimità, sindacabili in Cassazione, e valutazioni di fatto, riservate ai giudici di merito. Per l’imputato, la conseguenza è la conferma della condanna d’appello e la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, data l’inammissibilità del ricorso.

Una nuova legge che limita l’appello del PM si applica ai processi in cui la sentenza è stata emessa prima della sua entrata in vigore?
No. La Corte di Cassazione applica il principio ‘tempus regit actum’, secondo cui il regime delle impugnazioni è disciplinato dalla legge in vigore al momento della pronuncia della sentenza, poiché è in quel momento che sorge il diritto di impugnare.

Se la sentenza di primo grado manca di motivazione, il giudice d’appello deve annullarla?
No. La mancanza assoluta di motivazione è una causa di nullità, non di inesistenza della sentenza. Pertanto, il giudice d’appello, in forza dei suoi poteri di piena cognizione, può redigere integralmente la motivazione mancante senza dover trasmettere gli atti al giudice di primo grado.

È possibile contestare in Cassazione il modo in cui i giudici di merito hanno valutato le prove?
No, di regola non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei gradi precedenti, a meno che non si denuncino vizi logici manifesti o un travisamento del fatto che emerga in modo incontrovertibile dagli atti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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