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Appello del PM: il principio del tempus regit actum

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato in appello per ricettazione, dopo un proscioglimento in primo grado. La Corte ha stabilito che l’appello del PM era legittimo, applicando il principio ‘tempus regit actum’. Secondo tale principio, il diritto di impugnare una sentenza è regolato dalla legge in vigore al momento della sua emissione, non da una legge successiva, anche se più favorevole all’imputato. Rigettati anche i motivi sull’utilizzo delle prove testimoniali.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello del PM e Leggi Processuali: La Cassazione Applica il Tempus Regit Actum

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 27150/2025) offre un importante chiarimento sul regime delle impugnazioni nel processo penale, in particolare riguardo l’appello del PM contro sentenze di proscioglimento. Il caso verteva sulla questione di quale legge applicare quando le norme processuali cambiano nel tempo: quella in vigore al momento della sentenza di primo grado o una nuova legge, più favorevole, entrata in vigore successivamente? La Suprema Corte ha ribadito la centralità del principio tempus regit actum, fornendo indicazioni preziose per gli operatori del diritto.

I Fatti del Processo

Il procedimento nasceva da un’accusa di ricettazione di un ciclomotore. In primo grado, il Tribunale aveva dichiarato il non doversi procedere nei confronti dell’imputato a causa dell’intervenuta prescrizione del reato. Contro questa decisione, il Procuratore generale presso la Corte d’appello proponeva impugnazione.

La Corte d’appello, in riforma della prima sentenza, condannava l’imputato alla pena di dieci mesi di reclusione e 800 euro di multa. L’imputato, tramite il suo difensore, presentava quindi ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Inammissibilità dell’Appello del Pubblico Ministero

Il ricorrente sosteneva che l’appello del PM avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile. Egli faceva riferimento a una nuova legge (L. n. 114/2024), entrata in vigore dopo la sentenza di primo grado ma prima della decisione d’appello. Questa nuova norma limitava la possibilità per il pubblico ministero di appellare le sentenze di proscioglimento per reati come la ricettazione. Secondo la difesa, in base al principio del favor rei (applicazione della norma più favorevole), si sarebbe dovuta applicare la nuova disciplina, rendendo l’appello inammissibile.

Violazione di Legge e Travisamento della Prova

In secondo luogo, la difesa lamentava un’errata gestione e valutazione della prova testimoniale. Si contestava l’utilizzo da parte dei giudici di appello di dichiarazioni rese da un testimone chiave durante le indagini preliminari. Secondo il ricorrente, tali dichiarazioni non erano state correttamente acquisite al processo e, in ogni caso, la testimonianza resa in aula era talmente incerta e contraddittoria da non poter fondare una sentenza di condanna.

La Decisione della Corte: l’Appello del PM è Legittimo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la condanna emessa dalla Corte d’appello. La decisione si fonda su un’attenta analisi dei principi che governano la successione delle leggi processuali nel tempo.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha smontato entrambe le argomentazioni della difesa con motivazioni precise e radicate in consolidati principi giuridici.

Il Principio Tempus Regit Actum nelle Impugnazioni

Sul primo punto, la Cassazione ha chiarito che in materia di impugnazioni processuali non si applica il principio del favor rei, bensì quello del tempus regit actum (“il tempo regola l’atto”). Questo significa che il diritto di impugnare una sentenza sorge nel momento in cui la sentenza stessa viene emessa e, pertanto, è disciplinato dalle norme in vigore in quel preciso momento.

Nel caso specifico, la sentenza di proscioglimento di primo grado era stata emessa il 24/11/2023, mentre la nuova legge restrittiva per l’appello del PM è entrata in vigore solo il 25/08/2024. Di conseguenza, al momento della decisione del Tribunale, il Procuratore generale aveva pieno diritto di appellare secondo le regole allora vigenti. La legge successiva non poteva retroattivamente annullare un diritto già sorto. La Corte ha inoltre specificato che la mancata motivazione esplicita su questo punto da parte della Corte d’appello non costituisce un vizio, poiché la Cassazione può valutare direttamente la correttezza della procedura e, nel caso di specie, l’eccezione era manifestamente infondata.

La Corretta Utilizzazione della Prova Testimoniale

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Corte ha ricordato che eventuali eccezioni sulla modalità di conduzione dell’esame di un testimone devono essere sollevate immediatamente durante l’udienza, cosa che la difesa non aveva fatto.

Inoltre, i giudici hanno confermato la correttezza dell’operato della Corte d’appello nell’utilizzare le dichiarazioni predibattimentali del testimone. La giurisprudenza costante ammette che, quando un testimone in aula mostra difficoltà a ricordare, le sue precedenti dichiarazioni possano essere usate per aiutarlo. Se il testimone, anche in modo sintetico, ne conferma la veridicità, tali dichiarazioni entrano a far parte a pieno titolo del materiale probatorio utilizzabile per la decisione.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce un caposaldo del diritto processuale penale: le regole che disciplinano un atto processuale, come l’appello, sono quelle vigenti al momento del suo compimento. Questa pronuncia offre certezza giuridica, stabilendo che le riforme processuali non hanno effetto retroattivo sulle impugnazioni già proponibili secondo la vecchia normativa. Per l’imputato, la decisione comporta la condanna definitiva al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, a causa dell’evidente infondatezza del ricorso.

Quando cambia una legge processuale, quale si applica all’appello: quella vecchia o quella nuova più favorevole?
Secondo la Corte di Cassazione, si applica il principio ‘tempus regit actum’. Ciò significa che il diritto di impugnare una sentenza è regolato dalla legge in vigore al momento in cui la sentenza stessa viene emessa, non da una legge successiva, anche se più favorevole.

Il principio del favor rei (norma più favorevole all’imputato) si applica alle norme processuali sull’impugnazione?
No. La sentenza chiarisce che il principio del favor rei si applica alla legge penale sostanziale (quella che definisce i reati e le pene), mentre le norme processuali, come quelle sulle impugnazioni, sono governate dal principio tempus regit actum.

Le dichiarazioni fatte prima del processo possono essere usate se il testimone in aula non ricorda bene i fatti?
Sì. La Corte ha confermato che le dichiarazioni rese durante le indagini possono essere utilizzate per contestare o aiutare la memoria di un testimone. Se il testimone conferma la veridicità di quelle precedenti dichiarazioni, queste possono essere legittimamente utilizzate dal giudice per formare il proprio convincimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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