Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22527 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22527 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a GIOIA TAURO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a TAURIANOVA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a GIOIA TAURO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 31/10/2023 del TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 31 ottobre 2023 il Tribunale di Reggio Calabria, in parziale accoglimento dell’appello proposto dal pubblico ministero avverso l’ordinanza applicativa di misura cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palmi in data 19 settembre 2023 a carico di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, ha applicato al primo la misura degli arresti domiciliari, al secondo l’ulteriore misura del divieto di dimora in Ponte Vecchio di Gioia Tauro, e al terzo la misura del divieto di dimora nella medesima località.
Il g.i.p. aveva applicato una misura cautelare agli indagati NOME COGNOME e NOME COGNOME solo per il delitto di detenzione illecita di armi comuni da sparo, ma aveva respinto la richiesta del pubblico ministero in relazione al delitto di furto di materiale inerte, prelevato abusivamente dal greto del torrente Petrace, contestato a tutti e tre gli indagati, non sussistendo, al momento, la necessaria procedibilità a querela e non essendo contestata l’aggravante dell’essere il bene destinato a pubblica utilità. Il Tribunale ha ritenuto procedibile il reato non per essere l’aggravante contestata in fatto, come affermato dal pubblico ministero, ma perché era stata successivamente presentata querela da parte di un funzionario in servizio presso il settore “Tutela del territorio e dell’ambiente” della Città metropolitana di Reggio Calabria, atto che il pubblico ministero ha depositato nel corso dell’udienza di appello e che il Tribunale ha valutato, perciò, tempestivo ed utilizzabile, benché la sussistenza della querela non fosse una questione sollevata nell’atto di appello.
Avverso l’ordinanza hanno proposto ricorso, con un unico atto, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, per mezzo dei loro difensori AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO COGNOME e NOME COGNOME, articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo deducono la mancanza di motivazione, con violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod.proc.pen.
L’ordinanza è, di fatto, priva di motivazione in merito alla decisione di ritenere utilizzabili atti prodotti successivamente al deposito dell’atto di appello, avendo il Tribunale citato sentenze della corte di cassazione non pertinenti al caso concreto.
2.2. Con il secondo motivo deducono l’inosservanza della legge penale, con violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod.proc.pen.
Il Tribunale non ha tenuto conto degli elementi nuovi addotti dalla difesa a sostegno della tesi della insussistenza di esigenze cautelari tali da legittimare
l’applicazione di ulteriori misure cautelari. Il pericolo di reiterazione dei rea deve essere attuale, non può essere desunto esclusivamente dalla gravità del titolo di reato contestato. Il Tribunale doveva quindi tenere conto della distanza temporale rispetto ai fatti contestati e di quella relativa ai precedenti penali dello COGNOME, distanza tale da dimostrare la insussistenza di esigenze cautelari attuali e concrete.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi proposti dai tre indagati, con un unico atto, sono generici e manifestamente infondati, e devono essere dichiarati inammissibili.
Il primo motivo dell’unico atto di ricorso è manifestamente infondato.
L’ordinanza è ampiamente motivata, sul punto relativo all’acquisizione dell’atto di querela depositato in udienza dal pubblico ministero appellante, avendo il Tribunale valutato, alla pagina 3, l’ammissibilità e non tardività della produzione di atti ed elementi nuovi, tra i quali ha motivatamente ritenuto doversi comprendere anche la condizione di procedibilità, e l’insussistenza di una lesione dei diritti difensivi, essendo la produzione avvenuta in udienza, nel contraddittorio, nonché avendo valutato, alla pagina 4, anche la compatibilità di quella specifica produzione con il perimetro di conoscenza del tribunale del riesame, stante la natura limitatamente devolutiva del giudizio di appello cautelare. Ha altresì richiamato, a sostegno della sua decisione, una pronuncia della corte di cassazione, relativa alla medesima questione e non «non pertinente», come asserito dai ricorrenti, ed ha motivato la sua decisione anche mediante un’argomentazione logica, deducendo il potere del pubblico ministero di produrre elementi nuovi nel procedimento di appello relativo alle misure cautelari dal divieto di richiedere altre misure per lo stesso fatto, in pendenza di un giudizio cautelare da lui intentato, anche se fondate su tali nuovi elementi.
Il motivo di ricorso non si confronta con questa motivazione, in quanto sostiene, erroneamente, la sua inidoneità perché il Tribunale si sarebbe limitato «a richiamare giurisprudenza non pertinente al caso di specie». Il Tribunale, invece, oltre a riportarsi ai principi giurisprudenziali consolidati e attinenti al questione proposta (si vedano anche Sez. 2, n. 3854 del 30/11/2021, dep. 2022, Rv. 282687, e Sez. U, n. 18339 del 31/03/2004, COGNOME, Rv. 227357; Sez. U, n.
15403 del 30/11/2023, dep. 2024, Galati, Rv. 286155), valutando anche, esplicitamente, la loro applicabilità all’allegazione di una querela sopravvenuta quale condizione di procedibilità, ha fornito una motivazione autonoma e approfondita, esaminando il caso di specie e decidendo l’ammissibilità della produzione con riferimento alle sue modalità e al contenuto del documento prodotto.
Il motivo di ricorso, oltre che manifestamente infondato, risulta anche generico, limitandosi a richiamare i principi giurisprudenziali relativi all’obbligo di motivazione dei provvedimenti cautelari, senza precisare per quali ragioni e in quali parti la motivazione dell’ordinanza impugnata non rispetterebbe tali principi.
3. Anche il secondo motivo dell’unico ricorso è inammissibile.
Deve ribadirsi che «In tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito» (Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, Rv. 269884).
Il Tribunale ha motivato l’applicazione della misura cautelare al ricorrente COGNOME e di ulteriori misure a NOME COGNOME e a NOME COGNOME, alle pagine 4 e 5, con il pericolo attuale e concreto di recidiva, ritenendolo dimostrato dal fatto che solo due mesi prima i tre indagati avrebbero commesso un identico furto, su terreni vicini, dalla valutazione già espressa nei confronti di NOME COGNOME in relazione al delitto precedentemente commesso, e dai molti precedenti penali, anche specifici, di COGNOME. La tesi difensiva, della insussistenza di tale pericolo perché nei due mesi intercorsi tra i due delitti i tre indagati non avrebbero commesso altre violazioni, è stata esaminata e ritenuta «recessiva», per la brevità di tale arco temporale e per il possibile effetto deterrente svolto dal giudizio cautelare.
Il motivo di ricorso non si confronta con questa motivazione, in quanto sostiene che il Tribunale avrebbe dedotto l’attualità e concretezza del pericolo di recidiva «in via esclusiva dalla gravità (astratta) del titolo di reato per cui s procede», senza tenere conto dell’arco temporale rispetto ai fatti del procedimento e alla anteriorità nel tempo delle precedenti condanne di COGNOME. I ricorrenti non prendono in esame, quindi, la reale motivazione del
pericolo di recidiva, sopra indicata, omettendo del tutto di menzionare la breve distanza nel tempo della precedente condotta di reato analoga.
Questo motivo, pertanto, è inammissibile perché non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato, cadendo così nel vizio di aspecificità (vedi Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, Rv. 236945), ed inoltre non prospetta violazioni di legge o una manifesta illogicità della motivazione, ma si limita a chiedere una diversa valutazione degli elementi da cui è declucibile il pericolo di recidiva, valutazione che è preclusa al giudice di legittimità (Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, Rv. 284556).
Sulla base delle considerazioni che precedono, i ricorsi proposti con un unico atto dai tre ricorrenti devono essere, pertanto, dichiarati inammissibili.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
Il presente provvedimento deve essere trasmesso, per estratto, al pubblico ministero per l’immediata esecuzione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 22 marzo 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente