Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 37414 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 37414 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Cosenza il DATA_NASCITA rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, di fiducia
avverso l’ordinanza del 03/10/2023 del Tribunale di Catanzaro, sezione per il riesame;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del di. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto; ,…
udita la relazione svolta dal consigliere NOME r NOME; lette le conclusioni scritte depositate in data 08/ p7/2024 dal sostituto Procuratore generale, NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto diql -gt -drsi l’inammissibilità del ricorso; letti i motivi nuovi tempestivamente depositati in data 05/09/2024 dall’AVV_NOTAIO, con relativi allegati;
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale per il riesame di Catanzaro rigettava l’appello proposto, ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., avverso l’ordinanza emessa in data 08/05/2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro che aveva, a sua volta, respinto la richiesta di sostituzione con il regime domiciliare della misura cautelare coercitiva della custodia in carcere, in corso di esecuzione nei confronti di COGNOME NOME per i reati di cui agli artt. 416-bis cod. pen. (capo 1 di incolpazione provvisoria) e 629 aggravato ai sensi dell’art. 628, comma 3, n. 1 e 3 e dell’art. 461-bis.1 cod. pen. (capo 55).
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso in cassazione l’indagato tramite il difensore fiduciario con il quale si deduce un unico motivo e cioè il vizio d motivazione per non avere il Tribunale esaminato gli elementi nuovi favorevoli emersi nel corso delle indagini e rappresentati dalle dichiarazioni delle persone offese del delitto di estorsione oggetto di imputazione provvisoria che “scagionano” l’indagato, in tal modo omettendo, in presenza di sollecitazione difensiva, di verificare la persistenza del quadro di gravità indiziaria e della attualità dell esigenze cautelari.
Con i motivi nuovi depositati in data 05/09/2024, la difesa ha ribadito il vulnus motivazionale dell’ordinanza impugnata. Ha evidenziato nuovamente che le persone offese, escusse dalla polizia giudiziaria successivamente alla esecuzione dell’ordinanza genetica, con riferimento all’ipotesi estorsiva, avevano dichiarato di non conoscere COGNOME NOME e di non avere mai subito atti intimidatori ed ha allegato i relativi verbali di sommarie informazioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Va preliminarmente richiamato il principio dettato dalla pronuncia a Sezioni Unite n. 15403 del 30/11/2023, Galati, Rv. 286155 secondo cui nel giudizio di appello cautelare, celebrato nelle forme e con l’osservanza dei termini previsti dall’art. 127 cod. proc. pen., possono essere prodotti dalle parti elementi probatori “nuovi”, nel rispetto del contraddittorio e del principio di devoluzione, contrassegnato dalla contestazione, dalla richiesta originaria e dai motivi contenuti nell’atto di appello. Il supremo consesso ha, in particolare, affermato come
l’appello de libertate attribuisce al giudice investito dell’impugnazione tutti i poteri ab origine rientranti nella competenza funzionale del primo giudice ed impone la valutazione, pur nei limiti dei motivi che definiscono il devolutum, anche delle circostanze sopravvenute rispetto alla piattaforma cognitiva sulla base della quale è stato emesso il provvedimento genetico; ciò in quanto il sistema cautelare deve corrispondere alla logica del costante adeguamento dello status libertatis dell’indagato alle risultanze del procedimento, nell’ottica della minore compressione possibile della libertà personale e del rispetto del principio di ragionevole durata di tale restrizione.
2.1. Tanto premesso, il ricorrente lamenta che il Giudice per le indagini preliminari ha respinto l’istanza, formulata ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen., di sostituzione della misura carceraria con quella degli arresti domiciliari, senza in alcun modo considerare il novum indicato nella richiesta e rappresentato dalle dichiarazioni delle persone offese del delitto di estorsione escusse dalla polizia giudiziaria dopo l’esecuzione del provvedimento cautelare genetico.
In analoga omissione sarebbe incorso il Tribunale per il riesame investito, ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., della impugnazione dell’ordinanza reiettiva.
2.2. Se è pur vero che l’ordinanza impugnata non contiene una espressa valutazione dei portati dichiarativi indicati come nova probatori, va tuttavia evidenziato come sia l’atto di appello cautelare che il presente ricorso si limitano genericamente a prospettare l’esistenza di elementi astrattamente favorevoli all’indagato senza in alcun modo indicare – rispetto alle ulteriori complessive emergenze a carico dell’indagato poste a base del provvedimento custodiale – se ed in quale misura essi inciderebbero in concreto sulla piattaforma di gravità indiziaria e sul quadro cautelare sui quali si fonda l’ordinanza genetica.
Ciò tanto più ove si consideri che le imputazioni provvisorie formulate nei confronti di COGNOME NOME non attengono solo a condotte estorsive (rispetto alle quali i prospettati fatti “nuovi”, secondo il ricorrente, avrebbero rilievo), ma anche alla partecipazione ad associazione mafiosa.
2.3. Correttamente, quindi, il Tribunale della cautela ha ritenuto l’assenza di elementi di novità idonei a modificare apprezzabilmente sia il requisito di cui all’art. 273 cod. proc. pen. in relazione ai reati di cui sopra, sia l’attualità delle esigenze cautelari.
Con riguardo a tale ultimo profilo, l’ordinanza impugnata ha evidenziato come la difesa non aveva offerto alcunchè di idoneo a superare la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. operante con riferimento al delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen., in particolare nessun dato degno di apprezzamento era stato introdotto in ordine all’allontanamento di COGNOME dalla associazione mafiosa e alla irreversibile rescissione dei rapporti con tale sodalizio. In ragione
della indifferenza del mero tempo decorso dalla esecuzione della ordinanza di custodia, il tribunale ha pertanto correttamente ritenuto la persistente attualità delle esigenze cautelari a fronte delle quali la restrizione non poteva che essere quella inframuraria, in considerazione, appunto, della contestazione anche del delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. che impedisce una possibile favorevole gradazione del presidio carcerario, unico imposto dalla legge processuale, salve le specifiche ipotesi contemplate dall’art. 275, commi 4 e 4-bis, cod. proc. pen., neppure adombrate nell’atto di appello.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. att., cod. proc. pen., la condizione detentiva del ricorrente impone al direttore dell’istituto penitenziario di provvedere agli adempimenti indicati al comma 1 bis della medesima disposizione normativa.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il 10/09/2024.