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Appello cautelare e sequestro: quando è tardivo?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, sebbene assolto, si era visto mantenere un sequestro preventivo. La Corte ha chiarito che il rimedio corretto non era il ricorso per Cassazione, ma un appello cautelare da proporre entro 10 giorni. Essendo stato presentato in ritardo, il ricorso è stato respinto per tardività, confermando l’importanza di rispettare i termini procedurali per le impugnazioni.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello Cautelare e Sequestro: la Cassazione chiarisce i termini per l’impugnazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale: la scelta del corretto strumento di impugnazione e il rispetto dei termini perentori. Il caso in esame riguarda un imputato che, pur essendo stato assolto, ha visto mantenersi un sequestro preventivo sui suoi beni. La sua reazione, un ricorso in Cassazione, si è rivelata errata e tardiva, portando a una dichiarazione di inammissibilità. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere la natura dell’appello cautelare e la sua autonomia rispetto al giudizio di merito.

I Fatti di Causa

Un imprenditore veniva assolto dal Tribunale di Roma dall’accusa di un reato tributario previsto dall’art. 10-quater del d.lgs. 74/2000, con la formula “per non aver commesso il fatto”. Nonostante l’esito favorevole del giudizio di merito, il Tribunale decideva di non revocare il sequestro preventivo disposto sui suoi beni. La motivazione del giudice era singolare: si ipotizzava uno “scambio di persone” con un coimputato, suggerendo che l’imprenditore avesse in realtà commesso un altro reato (art. 10-ter) che era stato erroneamente attribuito all’altro soggetto. Di conseguenza, il Tribunale trasmetteva gli atti al Pubblico Ministero per le sue valutazioni e manteneva in vita la misura cautelare.

Ritenendo illegittimo il mantenimento del sequestro a fronte di un’assoluzione, l’imprenditore proponeva ricorso direttamente in Cassazione.

L’Analisi della Corte e la natura dell’appello cautelare

La Corte di Cassazione, nell’analizzare il ricorso, ha immediatamente riqualificato l’impugnazione. Ha spiegato che la decisione di mantenere, modificare o revocare una misura cautelare, anche se contenuta materialmente in una sentenza, ha la natura giuridica di un’ordinanza. Questo è un punto cruciale: i provvedimenti cautelari, per la loro natura, seguono un percorso di impugnazione separato e autonomo rispetto alla sentenza di merito.

L’unico strumento corretto per contestare tale decisione non era il ricorso per Cassazione, bensì l’appello cautelare previsto dall’articolo 322-bis del codice di procedura penale. Questo specifico rimedio deve essere proposto davanti al cosiddetto Tribunale della Libertà (o del riesame).

Le motivazioni della decisione

La Corte ha fondato la sua decisione su un principio consolidato: i rimedi contro le misure cautelari (sia personali che reali) sono immediatamente esperibili e seguono regole procedurali proprie. La sentenza che decide sul merito dell’accusa e l’ordinanza (anche se implicita) che decide sulla misura cautelare sono due provvedimenti concettualmente distinti.

Il ricorrente avrebbe dovuto, quindi, proporre appello cautelare entro il termine perentorio di dieci giorni dal deposito della sentenza del Tribunale. La sentenza era stata depositata il 15 dicembre 2022. Calcolando i giorni e tenendo conto delle festività natalizie (25 e 26 dicembre), il termine ultimo per l’impugnazione scadeva il 27 dicembre 2022. Il ricorso, invece, è stato depositato solo il 30 dicembre 2022, risultando quindi tardivo. La tardività ha reso l’impugnazione, correttamente qualificata come appello cautelare, inammissibile.

Le conclusioni

La pronuncia della Cassazione è un monito sull’importanza della precisione tecnica nella scelta dei mezzi di impugnazione. Anche in presenza di un’assoluzione piena, la battaglia legale per liberare i propri beni da un sequestro deve essere combattuta con gli strumenti giusti e nei tempi previsti dalla legge. Confondere un ricorso per Cassazione con un appello cautelare può avere conseguenze fatali, come in questo caso, dove un errore procedurale ha portato alla conferma di una misura patrimoniale pur in assenza di una condanna. La decisione sottolinea l’autonomia del procedimento “de libertate” (riguardante le misure cautelari) rispetto a quello di merito, un principio che avvocati e imputati devono sempre tenere a mente.

Cosa succede a un sequestro preventivo se l’imputato viene assolto?
Secondo la sentenza, il giudice può decidere di mantenere il sequestro preventivo anche in caso di assoluzione, se ritiene che sussistano ancora le esigenze cautelari o, come nel caso specifico, ipotizzando la commissione di un reato diverso da quello per cui si è proceduto.

Qual è il rimedio corretto per contestare un sequestro mantenuto dopo un’assoluzione?
Il rimedio corretto non è il ricorso per Cassazione, ma l’appello cautelare ai sensi dell’art. 322-bis del codice di procedura penale. La decisione sul sequestro, anche se contenuta in una sentenza, è considerata a tutti gli effetti un’ordinanza impugnabile con questo specifico strumento.

Entro quale termine va proposto l’appello cautelare?
L’appello cautelare deve essere proposto nel termine di dieci giorni dal deposito del provvedimento impugnato. Nel caso di specie, il termine decorreva dal deposito della sentenza di primo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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