Aperture abusive di locali: la sola licenza di somministrazione non basta
L’organizzazione di eventi e serate danzanti è un’attività complessa, che richiede il rispetto di rigorose norme a tutela della sicurezza pubblica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: possedere una licenza per la ristorazione o la somministrazione di bevande non autorizza automaticamente a trasformare il proprio locale in una sala da ballo. La vicenda analizzata evidenzia i gravi rischi legali derivanti da aperture abusive di locali senza il necessario certificato di agibilità, che attestino la sicurezza delle strutture per un elevato numero di persone.
I Fatti del Caso: Da Ristorante a Discoteca Occasionale
Il caso riguarda il gestore di un locale a cui era stata rilasciata una licenza per attività di ristorazione, con una capienza massima autorizzata di 84 persone. Tuttavia, il titolare era solito organizzare serate danzanti che attiravano un numero di avventori enormemente superiore, talvolta superando le mille unità.
Questa condotta è stata contestata come reato, poiché il locale non possedeva il certificato di agibilità specifico per eventi di pubblico spettacolo di quella portata. La difesa del gestore sosteneva che altre autorizzazioni, come la licenza temporanea per pubblico spettacolo o il certificato di idoneità statica dell’immobile, fossero sufficienti. Sia il tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno però respinto questa tesi, confermando la condanna per il reato previsto dall’art. 681 del codice penale.
La Decisione della Corte: La Sicurezza Pubblica Prima di Tutto
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso del gestore manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. I giudici supremi hanno confermato l’interpretazione dei giudici di merito, sottolineando che la condotta di chi tiene aperto un locale per trattenimenti danzanti, anche solo occasionalmente, senza il prescritto certificato di agibilità, integra pienamente il reato di apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo.
La Corte ha chiarito che il conseguimento di altri atti amministrativi, come la licenza per la somministrazione di bevande, non può sanare la mancanza del requisito fondamentale legato alla sicurezza dei locali. La trasformazione di fatto di un ristorante in una discoteca, con un numero di persone ben superiore alla capienza autorizzata, crea un pericolo concreto per l’incolumità pubblica, specialmente in situazioni di emergenza.
Le motivazioni: perché si configura il reato di aperture abusive di locali
Le motivazioni della Corte si fondano su punti chiari e rigorosi. In primo luogo, viene ribadita la distinzione tra il reato contestato (art. 681 c.p.) e la fattispecie, ormai depenalizzata, dell’art. 666 c.p. Il primo punisce l’apertura di un locale senza le necessarie verifiche sulla solidità e sicurezza dell’edificio per l’uso specifico, mettendo a rischio l’incolumità delle persone. Il caso di specie rientrava pienamente in questa ipotesi, dato il gravissimo sovraffollamento (da 84 a oltre 1000 persone) e le conseguenti difficoltà di evacuazione in caso di emergenza.
Inoltre, la Cassazione ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito di negare la sospensione condizionale della pena. Tale scelta è stata giustificata sulla base dei precedenti penali del ricorrente e della concreta possibilità che egli potesse aprire un nuovo locale, reiterando la condotta illecita e pericolosa. Le argomentazioni dell’imputato sono state liquidate come un tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.
Le conclusioni: Implicazioni per i Gestori di Locali
Questa pronuncia rappresenta un monito importante per tutti gli operatori del settore dell’intrattenimento. La sentenza stabilisce in modo inequivocabile che ogni attività di pubblico spettacolo deve essere supportata da specifiche autorizzazioni che ne certifichino la sicurezza in relazione all’uso effettivo del locale. Non è possibile aggirare la legge utilizzando licenze rilasciate per altre finalità, come la ristorazione. La tutela della sicurezza e dell’incolumità pubblica è un bene primario che non ammette scorciatoie. I gestori devono quindi assicurarsi di ottenere tutti i permessi necessari, primo fra tutti il certificato di agibilità, prima di organizzare eventi che comportino un afflusso di pubblico superiore a quello per cui il locale è stato autorizzato.
Avere una licenza per la somministrazione di bevande autorizza a organizzare serate danzanti?
No. La sentenza chiarisce che una licenza per attività di ristorazione o somministrazione non è sufficiente per organizzare trattenimenti danzanti, per i quali è necessario uno specifico certificato di agibilità che attesti la sicurezza del locale per quel tipo di evento e affluenza di pubblico.
Qual è la differenza tra il reato di cui all’art. 681 c.p. e quello (ormai depenalizzato) dell’art. 666 c.p.?
L’art. 681 c.p. punisce l’apertura di un luogo di pubblico spettacolo senza le dovute verifiche di sicurezza (agibilità), mettendo in pericolo l’incolumità pubblica. Il caso in esame rientra in questa fattispecie a causa del sovraffollamento (oltre 1000 persone in un locale autorizzato per 84). L’art. 666 c.p., ora depenalizzato, sanzionava invece inosservanze di minore gravità.
Perché al gestore è stata negata la sospensione condizionale della pena?
La Corte ha confermato il diniego a causa dei precedenti penali del ricorrente e della concreta possibilità che potesse aprire un nuovo locale, reiterando la condotta illecita e pericolosa per la pubblica incolumità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23697 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23697 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/11/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso, la memoria difensiva e la sentenza impugnata.
Rilevato che il ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato;
Considerato, infatti, che, configura il reato previsto dall’art. 681 cod. pen. la condotta di chi tiene aperto, anche in modo occasionale, un locale per lo svolgimento di trattenimen danzanti in mancanza del prescritto certificato di agibilità, non valendo ad escluder sussistenza del reato il conseguimento di diversi atti amministrativi come l’autorizzazione a somministrazione di bevande, la licenza temporanea per pubblico spettacolo ed il certificato d idoneità statica dell’immobile (Sez. F, n. 38028 del 28/08/2014, Rv. 261095 – 01);
Ritenuto che la Corte di appello di Palermo, con motivazione adeguata ed esente da vizi logici, ha confermato la sussistenza del reato di cui all’art.681 cod. pen. (e non quello ex art. 666 cod. pen. ormai depenalizzato) in quanto la licenza rilasciata per il locale in uso all’imp consentiva la presenza di un massimo di 84 persone e solo per attività di ristorazione, mentr egli era solito adibire il locale per serate danzanti per un numero ben superiore di persone (anc superiore alle mille unità) ponendo così in pericolo l’incolumità pubblica e la salute dei pre tenuto conto delle serie difficoltà, puntualmente indicate nel provvedimento impugnato quanto al fondamento della conclusione, nel fuoriuscire dal locale in caso di emergenza (tema sul qual il ricorso risulta di assoluta genericità);
Considerato inoltre che la Corte territoriale, in modo non contraddittorio, ha confermat il trattamento sanzionatorio ritenuto congruo e rispettoso dei criteri di cui all’art. 133 co ed ha confermato il diniego della sospensione condizionale della pena, tenuto conto dei precedenti penali e della possibilità per il ricorrente di aprire un nuovo locale;
Rilevato che il ricorrente, pur lamentando il vizio di motivazione, suggerisce una differen (ed inammissibile) valutazione degli elementi processuali rispetto a quella coerentemente effettuata dalla Corte territoriale per confermare la decisione di primo grado con riferimento qualificazione giuridica del fatto ed al trattamento sanzionatorio;
Ritenuto che il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile e che il ricorren deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento dell spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa dell ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte cost., sent. n. 1 del 2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma il 6 giugno 2024.