Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 17864 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 17864 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 01/01/1964
avverso la ordinanza del 10/01/2025 del Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato; udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Napoli rigettava l’appello cautelare proposto da NOME COGNOME avverso il provvedimento della Corte di appello di Napoli del 5 dicembre 202, che aveva respinto la sua richiesta de libertate.
In particolare, COGNOME condannato per i reati di cui agli artt. 416-bis cod pen. e 74 d.P.R. n. 309 del 1990,e annullata con rinvio la sentenza di appello dalla Corte di cassazione, limitatamente alla sussistenza di talune aggravanti, aveva
richiesto la declaratoria di inefficacia della misura cautelare, per la decorrenza dei termini di carcerazione preventiva.
Entrambi i giudici di merito avevano ritenuto applicabile al caso in esame la disposizione di cui alla lett. d) dell’art. 303 cod. proc. pen.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 303 e 304 cod. proc. pen.
Erroneamente il Tribunale ha ritenuto applicabili al caso in esame i termini previsti per la c.d. “doppia conforme”, invece di quelli relativi al caso d annullamento con rinvio.
Non siamo in presenza di una “doppia conforme”, stante il dispositivo della sentenza della Corte di cassazione di annullamento con rinvio. In ogni caso, il giudizio di responsabilità in appello non è stato confermato, ma è rimasto immutato solo per rinuncia all’impugnazione sul punto. Pertanto, le sentenze di merito non erano sovrapponibili.
Va poi considerato che la Corte di cassazione ha ritenuto oggetto di rinuncia i soli motivi assolutori n. 1 e 4, con esclusione dei restanti (n. 2-3-5-6), tra i qua vi erano anche quelli sulla qualifica del ruolo direttivo (nn. 2 e 5), che devono ritenersi quindi ricompresi nell’annullamento.
Quindi t anche tale qualifica non è immanente in capo all’imputato, ma oggetto di un nuovo giudizio.
E’ inoltre da ritenersi errata anche l’affermazione secondo cui il termine di fase non sarebbe spirato poiché andrebbero cumulate le sospensioni e i rinvii del giudizio. La questione è stata risolta sia dalla sentenza Gallo delle Sezioni Unite del 2014 sia dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 299 del 2005.
Inoltre, è mancata la considerazione da parte del Tribunale circa l’assoluta connessione dei capi annullati con quelli giudicati. Le Sezioni Unite del 2020 hanno affermato il principio secondo cui in caso di annullamento parziale è eseguibile la pena principale erogata in relazione ad un capo o a più capi non in connessione essenziale con quelli attinti dall’annullamento parziale per il quale abbiano acquisito autorità di cosa giudicata l’affermazione di responsabilità.
Nel caso di specie non è stata emessa alcuna dichiarazione di irrevocabilità parziale della sentenza cassata, così dimostrando la connessione essenziale tra le parti del titolo attinte l’annullamento e quelle invece confermate. L’annullamento disposto dalla Corte di Cassazionev6Vuto ad oggetto l’intera condotta così da
travolgere in maniera complessiva la deliberazione della Corte d’appello: ne discende come conseguenza fisiologica che la sentenza è ineseguibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non può essere accolto perché infondato.
2. Va preliminarmente esposta la vicenda processuale.
La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 6 luglio 2023, in parziale riforma della pronuncia emessa il 29 novembre 2021 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale della stessa città, ha rideterminato la pena nei confronti NOME COGNOME ritenuto responsabile dei reati di cui agli artt. 416-bis cod. pen. e 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
Avvero tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione.
Come si evince dalla sentenza della Suprema Corte che ha deciso il ricorso (Sez. 6, n. 42503 del 10/10/2024), l’imputato aveva dedotto vizi solo sulla sussistenza delle “aggravanti” di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90 e all’art. 416-bis cod. pen., sostenendo che le stesse non erano state oggetto di rinuncia in grado di appello, limitata ai motivi assolutori.
Su tale punto si è pronunciata la Suprema Corte, rilevando che all’udienza del 23 gennaio 2023 l’imputato personalmente aveva dichiarato di rinunciare “ai motivi assolutori, fermi gli ulteriori motivi per la rideterminazione della pena”.
Tale dichiarazione non consentiva, secondo la Suprema Corte, di “rilevare chiaramente se l’imputato avesse voluto rinunciare anche ai motivi di appello con cui aveva contestato l’applicazione delle circostanze aggravanti”.
Pertanto, la Suprema Corte aveva ritenuto fondato il motivo e annullato con rinvio “per nuovo giudizio sul punto”.
Il dispositivo della sentenza era il seguente: “Annulla la sentenza impugnata nei confronti di ‘COGNOME RAGIONE_SOCIALEe rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli”.
La tesi del ricorrente che la Suprema Corte si sia pronunciata sugli interi capi della imputazione non può essere accolta.
Va rammentato che in caso di contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza, la regola della prevalenza del dispositivo, in quanto immediata espressione della volontà decisoria del giudice, non è assoluta, ma va contemperata, tenendo conto del caso specifico, con la valutazione degli elementi tratti dalla motivazione, che conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni della decisione e che, pertanto, ben può contenere elementi certi e
logici che facciano ritenere errato il dispositivo o parte di esso (Sez. 3, n. 3969 del 25/09/2018, dep. 2019, Rv. 275690).
Ebbene, stante il devoluto e la chiara motivazione, il perimetro dell’annullamento era da considerarsi quindi limitato alle sole “aggravanti” indicate in motivazione e quindi al solo trattamento sanzionatorio.
E’ appena il caso di rilevare che la tesi sostenuta nel ricorso, secondo cui oggetto dell’annullamento dovevano ritenersi anche le statuizioni sul ruolo verticistico assunto dal ricorrente, secondo quanto previsto dagli artt. 416-bis cod. pen. e 74 d.P.R. n. 309 del 1990, si scontra all’evidenza con la natura di tali fattispecie come autonomo reato, e non mera circostanza aggravante (tra tante, Sez. 2, n. 31775 del 28/04/2023, Rv. 285001; Sez. 2, n. 19712 del 06/02/2015).
Né ha rilevanza decisiva la mancanza della declaratoria ex art. 624 cod. proc. pen.
Nell’ipotesi di pronuncia della Corte di cassazione di annullamento parziale con rinvio, la declaratoria, in dispositivo, delle parti della sentenza impugnata divenute irrevocabili, ex art. 624, comma 2, cod. proc. pen., ha infatti efficacia meramente dichiarativa e non costitutiva, sicché, ove tale dichiarazione sia stata omessa, è comunque consentito alla Corte, adita con ricorso avverso la sentenza del giudice di rinvio, individuare, in base alla lettura e all’interpretazione della su precedente sentenza, le parti passate in giudicato (Sez. 3, n. 30805 del 15/01/2024, Rv. 286870).
Da quanto precede consegue che correttamente il Tribunale adito ha respinto la tesi difensiva, secondo cui si era in presenza di una fattispecie di annullamento con rinvio, ai fini del computo dei termini di custodia cautelare.
Veniva infatti in applicazione l’indirizzo giurisprudenziale, assolutamente consolidato, in forza del quale nel caso in cui il giudice di legittimità abbia disposto l’annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio o all’esclusione di una circostanza aggravante in grado d’appello, deve ritenersi formato il giudicato sull’affermazione di responsabilità dell’imputato, con l’effetto che i termini di custodia cautelare cui deve farsi riferimento sono quelli stabiliti pe la durata massima delle misure cautelari di cui all’art. 303, comma 4, cod. proc. pen. (richiamato per la “doppia conforme” dal precedente comma 1, lett. d), e non quelli di fase rapportati alla pena in concreto irrogata (Sez. 2, n. 45095 del 4/7/2017, Rv. 272260; Sez. 2, n. 8846 del 12/2/2014, Rv. 259068; in termini, tra le molte, Sez. 1, n. 453 del 17/11/2022, Rv. 284037; tra le numerose non massimate, Sez. 1, n. 30526 del 30/3/2023).
5. Una volta stabilita la corretta applicazione del suddetto principio di diritto, risulta irrilevante esaminare l’ulteriore argomento, pur affrontato dal Tribunale in
via recessiva, della effettiva decorrenza dei termini massimi ex
art. 304, comma
6 cod. proc. pen.
6. Conclusivamente, sulla base di quanto premesso, il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 17/03/2025.