Annullamento Parziale e Prescrizione: la Cassazione fissa i paletti
Quando una sentenza di condanna viene parzialmente annullata dalla Corte di Cassazione, quali sono gli effetti sulla prescrizione del reato? La recente ordinanza della Suprema Corte offre un chiarimento fondamentale sul tema dell’annullamento parziale prescrizione, stabilendo un principio cardine: la formazione del giudicato sulla colpevolezza blocca l’estinzione del reato. Analizziamo questa importante decisione.
I Fatti del Caso: un Ricorso contro la Condanna per Bancarotta
Il caso trae origine da una condanna per reati fallimentari. La Corte di Appello, in qualità di giudice del rinvio dopo un precedente annullamento da parte della Cassazione, aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado. In particolare, aveva escluso la circostanza aggravante della recidiva, ma aveva confermato la condanna, rideterminando la pena.
L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto un nuovo ricorso in Cassazione, sostenendo che, una volta esclusa la recidiva, la Corte di Appello avrebbe dovuto dichiarare l’intervenuta prescrizione del reato.
L’impatto dell’annullamento parziale prescrizione sulla Decisione
Il cuore della questione giuridica risiede nel comprendere gli effetti di un annullamento parziale sulla progressione del processo e, in particolare, sulla maturazione dei termini di prescrizione.
La Posizione del Ricorrente
Secondo la difesa, l’eliminazione di una circostanza aggravante avrebbe dovuto ‘riaprire’ la valutazione sulla prescrizione, consentendo al giudice di dichiarare estinto il reato. La tesi si basava sull’idea che l’annullamento, sebbene parziale, impedisse la formazione di un giudicato definitivo sulla colpevolezza, rendendo ancora possibile una declaratoria di estinzione del reato.
La Valutazione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto categoricamente questa interpretazione, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile. I giudici hanno seguito un consolidato orientamento giurisprudenziale, ribadendo un principio cruciale del nostro sistema processuale.
Le Motivazioni
La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri argomentativi.
In primo luogo, ha effettuato un calcolo tecnico dei termini di prescrizione, dimostrando che, anche senza considerare l’aggravante, il reato non si sarebbe comunque prescritto prima dell’emissione della sentenza d’appello oggetto del primo annullamento. Questo già rendeva la doglianza infondata in punto di fatto.
In secondo luogo, e questo è il punto di diritto centrale, la Corte ha ribadito che l’annullamento parziale prescrizione non è un binomio automatico. Quando la Cassazione annulla una sentenza con rinvio limitatamente a specifici punti (come la sussistenza di un’aggravante), tutte le altre parti della decisione non toccate dall’annullamento diventano definitive. Tra queste, la più importante è l’accertamento del reato e la dichiarazione di colpevolezza dell’imputato. Su questo punto si forma il cosiddetto ‘giudicato progressivo’.
Questo giudicato sulla responsabilità penale ‘cristallizza’ la posizione dell’imputato, impedendo che una causa estintiva come la prescrizione, maturata successivamente a quella pronuncia, possa essere rilevata e dichiarata. In sostanza, una volta che la colpevolezza è accertata in modo definitivo, il processo può continuare solo per definire aspetti accessori (come la pena o le aggravanti), ma non può più ‘tornare indietro’ per dichiarare l’estinzione del reato stesso.
Le Conclusioni
Questa ordinanza conferma un principio di certezza del diritto fondamentale: la definitività dell’accertamento di colpevolezza non può essere messa in discussione da eventi procedurali successivi che non la riguardano direttamente. Per gli imputati e i loro difensori, ciò significa che le strategie processuali devono tenere conto del fatto che un annullamento parziale non rimette in gioco l’intera partita. La condanna per il fatto-reato, una volta passata l’esame della Cassazione, diventa un punto fermo. Di conseguenza, la speranza di ottenere una declaratoria di prescrizione in sede di rinvio, quando il rinvio stesso è limitato a questioni specifiche come le circostanze del reato, è destinata a scontrarsi con il muro invalicabile del giudicato.
Se la Cassazione annulla una sentenza solo su un’aggravante, la colpevolezza è da considerarsi definitiva?
Sì, secondo la Corte, se l’annullamento è parziale e riguarda solo questioni come la valutazione di una circostanza aggravante, l’accertamento del reato e della responsabilità dell’imputato passano in giudicato, diventando quindi definitivi.
L’esclusione di un’aggravante in sede di rinvio può portare alla prescrizione del reato?
No. La formazione del giudicato sulla colpevolezza impedisce la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, anche se quest’ultima dovesse maturare a seguito dell’eliminazione di un’aggravante in sede di rinvio.
Cosa succede se il termine di prescrizione matura dopo la sentenza d’appello che viene poi parzialmente annullata?
La prescrizione sopravvenuta alla pronuncia della sentenza parzialmente annullata non può essere dichiarata, perché il giudicato formatosi sull’accertamento della responsabilità penale prevale e impedisce l’applicazione della causa estintiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36637 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36637 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/01/2025 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso contro la sentenza emessa in data 08 gennaio 2025 con cui la Corte di appello di Roma, quale giudice del rinvio disposto dalla Corte di cassazione con sentenza in data 29 settembre 2023, ha parzialmente riformato la sentenza emessa dal Tribunale di Roma in data 21 aprile 2016, escludendo la recidiva e condannandolo alla pena di anni tre e mesi tre di reclusione per il reato di cui agli artt. 216, 291, commi 1 e 2 n. 1), della legge fallimentare, commesso in data 17/03/2005;
rilevato che il ricorrente deduce la violazione di legge per avere la Corte di appello omesso di dichiarare, all’esito della esclusione della recidiva contestata, l’intervenuta prescrizione del reato, sostenendo essere divenuta ormai definitiva la declaratoria di colpevolezza, mentre l’annullamento parziale disposto dalla Corte di cassazione non determina l’automatico passaggio in giudicato dei punti della sentenza connessi con quelli annullati, come la valutazione della sussistenza di una causa estintiva del reato, se conseguente alla eliminazione di una aggravante;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile perché manifestamente infondato, in quanto il termine di prescrizione del reato non è utilmente decorso né se calcolato ai sensi degli artt. 157 e 160 cod. pen. nella formulazione vigente all’epoca del fatto, in quanto essa maturerebbe non prima del 15/09/2027, né se calcolato ai sensi degli artt. 157 e 161 cod. pen. come sostituiti dalla legge n. 251 del 05/12/2005, in quanto in tal caso essa sarebbe maturata, compresi i periodi di sospensione, alla data del 12/04/2024, quindi dopo l’emissione della sentenza di appello oggetto di annullamento, che non avrebbe potuto, perciò, dichiarare il reato prescritto neppure se avesse escluso la sussistenza della recidiva, nonché dopo l’emissione della sentenza rescindente, la cui pronuncia ha, pertanto, comportato la definitività dell’accertamento della colpevolezza del ricorrente;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile anche perché prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità, avendo questa Corte stabilito che «In caso di annullamento parziale della sentenza, qualora siano rimesse al giudice del rinvio questioni relative al riconoscimento di una circostanza aggravante, il giudicato formatosi sull’accertamento del reato e della responsabilità dell’imputato impedisce la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, sopravvenuta alla pronuncia
di annullamento» (Sez. 6, n. 21291 del 14/02/2025, Rv. 288275; Sez. 1, n. 43710 del 24/09/2015, Rv. 264815; Sez. U, n. 4904 del 26/03/1997, Attinà, Rv. 207640)
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 ottobre 2025
Il Consigliere estensore