Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30967 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30967 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Catanzaro nel procedimento a carico di
COGNOME NOMECOGNOME nato a Vibo Valentia il 09/09/1971
avverso la sentenza emessa il 11/12/2023 dalla Corte di appello di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla qualificazione giuridica dei fatti di reato.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa il 12 gennaio 2023 il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Vibo Valentia, procedendo con rito abbreviato, giudicava NOME COGNOME colpevole del tentato omicidio aggravato di NOME COGNOME e dei connessi reati in materia di armi, così come ascrittigli ai capi 1 e 2, unificati sotto il vincolo della continuazione, condannando l’imputato alla pena di dieci anni di reclusione.
L’imputato, inoltre, veniva condannato alle pene accessorie di legge e al pagamento delle spese processuali.
Con sentenza emessa 1’11 dicembre 2023 la Corte di appello di Catanzaro, pronunciandosi sull’appello dell’imputato, riqualificato il reato di tentato omicidio aggravato di cui al capo 1 nel delitto tentato di lesioni personali aggravate, rideterminava la pena irrogata a NOME COGNOME COGNOMEilurzo in due anni, otto mesi di reclusione e 3.000,00 euro di multa.
La sentenza di primo grado, nel resto, veniva confermata.
Dalle sentenze di merito, che divergevano nei termini di cui si è detto, emergeva che il 16 febbraio 2022, intorno alte ore 8, mentre NOME COGNOME si trovava nel “INDIRIZZO“, ubicato nella INDIRIZZO Ricadi, NOME COGNOME dopo essere giunto sul luogo del delitto a bordo dell’autovettura Ford TARGA_VEICOLO, targata TARGA_VEICOLO, guidata dal figlio, per il quale si procede in separata sede processuale, esplodeva tre colpi di una pistola calibro 7.65 all’indirizzo della persona offesa, che veniva attinta di striscio alla gamba destra da uno dei proiettili.
Gli accadimenti criminosi, nella loro consistenza materiale, sono incontroversi, incentrandosi le doglianze prospettate dalla parte ricorrente esclusivamente sulla qualificazione giuridica del reato contestato a COGNOME al capo 1.
Tanto premesso, deve osservarsi che l’azione armata di Cilurzo si sviluppava in due fasi strettamente consequenziali, atteso che, inizialmente, l’imputato, che si trovava accanto al figlio, che conduceva l’autovettura Ford Fiesta di cui si è detto, dopo avere chiamato, a voce alta, per nome e cognome, la vittima, che si trovava nel “INDIRIZZO“, esplodeva al suo indirizzo un colpo di pistola, che attingeva, di striscio, alla gamba destra la persona offesa, che si buttava per terra dietro la sua autovettura Fiat Panda, targata TARGA_VEICOLO, posteggiata davanti l’entrata del locale, allo scopo di proteggersi dagli spari; immediatamente dopo, mentre COGNOME, rannicchiato per terra, cercava di
ripararsi dietro il veicolo, l’imputato, rimasto dentro il suo mezzo, esplodeva all’indirizzo della vettura della vittima altri due colpi di pistola, che attingevano parte bassa della carrozzeria; consumato l’attentato, il veicolo a bordo del quale viaggiava l’imputato si allontanava dalla piazza, dirigendosi verso la INDIRIZZO
Fin dalla prima fase delle indagini preliminari, la dinamica dell’aggressione armata posta in essere in danno di NOME COGNOME veniva ricostruita grazie alle dichiarazioni della vittima e alle immagini estrapolate dai sistemi di videosorveglianza installati nei pressi del luogo del delitto, che consentivano di individuare NOME COGNOME quale autore dell’attentato, grazie al fatto che era giunto nella INDIRIZZO di Ricadi, dove erano stati esplosi i colpi di pistola all’indirizzo della persona offesa, a bordo dell’autovettura Ford TARGA_VEICOLO intestata allo stesso imputato, che, nell’occasione, era guidata dal figlio.
Tale ricostruzione degli eventi criminosi, del resto, era corroborata dalle dichiarazioni rese dalla figlia della vittima, NOME COGNOME che, sentita il 2 febbraio 2022, riferiva di avere ricevuto le confidenze del padre, che le aveva indicato, quale autore dell’attentato, NOME COGNOME, con cui la madre aveva intrapreso una relazione sentimentale, dopo essersi separata dal genitore. Questa versione dei fatti riceveva un ulteriore riscontro dall’altra figlia dell vittima, NOME COGNOME che confermava il racconto della sorella, pur non avendo appresso degli accadimenti dal genitore ma dalla congiunta.
Veniva, infine, interrogato l’imputato, che ammetteva di essere l’autore dell’attentato in danno di NOME COGNOME, precisando che intendeva solo intimidirlo, e indicando nel figlio il conducente del veicolo di sua proprietà con cui era giunto nella piazza centrale di Ricadi e il luogo dove si era sbarazzato della pistola calibro 7.65 utilizzata per sparare alla vittima.
Sulla scorta di questa ricostruzione degli accadimenti criminosi, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Vibo Valentia riteneva NOME COGNOME colpevole del tentato omicidio aggravato di NOME COGNOME e dei connessi reati in materia di armi, così come ascrittigli ai capi 1 e 2, condannando l’imputato alla pena di dieci anni di reclusione.
3.1. A conclusioni divergenti, relativamente alla qualificazione giuridica dei fatti di reato contestati a NOME COGNOME al capo 1, giungeva la Corte di appello di Catanzaro che riqualificava il tentato omicidio aggravato contestato all’imputato nel delitto tentato di lesioni personali aggravate, ai sensi degli artt 56, 582 e 585 cod. pen.
A tali conclusioni la Corte territoriale perveniva sull’assunto che l’azione armata condotta dall’imputato in danno di Paparatto non era connotata da
idoneità offensiva ed era priva di animus necandi, tenuto conto della sequenza dell’attentato e delle modalità con cui veniva colpita la persona offesa, che, a seguito dei colpi di pistola esplosi al suo indirizzo, veniva attinta solo di strisc alla gamba destra.
Si evidenziava, al contempo, che lo scopo esclusivamente intimidatorio dell’azione armata di Cilurzo era corroborato dalla circostanza che, dopo che COGNOME aveva cercato riparo dietro la sua autovettura — una Fiat Panda, parcheggiata davanti al “INDIRIZZO” -, l’imputato, anziché uscire dal suo veicolo ed esplodere gli ulteriori due colpi di pistola contro la persona offesa, che presumibilmente si sarebbero rivelati mortali, si limitava, da una distanza di pochi metri, a sparare verso la parte bassa della carrozzeria del mezzo della vittima, rendendo ulteriormente evidente che non intendeva provocarne la morte.
Non si riteneva, pertanto, che l’azione criminosa posta in essere da COGNOME, pur legittimando il giudizio di colpevolezza espresso nei suoi confronti dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Vibo Valentia, fosse idonea a provocare la morte di COGNOME, non essendo i colpi di pistola esplosi all’indirizzo della vittima teleologicamente orientati a provocarne il decesso, anche tenuto conto dell’assenza di ferite conseguenti agli spari e della condotta, priva di pervicacia omicidiaria, dimostrata dall’imputato nelle due fasi, strettamente consequenziali, attraverso cui si sviluppava l’attentato.
Sulla scorta di questa ricostruzione degli accadimenti chminosi, l’imputato NOME COGNOME riqualificato il tentato omicidio aggravato nel delitto tentato di lesioni personali aggravate, ex arti:. 56, 582 e 585 cod. pen., veniva condannato alla pena di due anni, otto mesi di reclusione e 3.000,00 euro di multa.
Avverso la sentenza di appello il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Catanzaro ricorreva per cassazione, articolando un’unica censura difensiva.
Con questa doglianza si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto c:he la decisione in esame non aveva dato esaustivo conto delle ragioni che imponevano la riqualificazione del tentato omicidio aggravato contestato a NOME COGNOME nel delitto di cui agli artt. 56, 582 e 585 cod. pen., che era stata effettuata senza il compimento di un’adeguata ricostruzione degli accadimenti sfociati nell’attentato consumato in danno di NOME COGNOME, escludendo assertivamente l’idoneità offensiva della condotta aggressiva dell’imputato e l’animus necandi che vi era sotteso.
Secondo la parte ricorrente, su questi, pur decisivi, profili valutativi, l sentenza impugnata non si era soffermata in termini congrui, non chiarendo le ragioni per cui l’azione armata di COGNOME peraltro giustificabile, sul piano causale, alla luce della rivalità sentimentale esistente tra l’imputato e la vittima doveva ritenersi inidonea a provocare la morte di COGNOME e priva di volontà omicidiaria, essendo stati esplosi, da distanza ravvicinata, tre colpi di pistola all’indirizzo della persona offesa. Non si era, in questo modo, tenuto conto del fatto che l’attentato non aveva causato la morte di COGNOME solo per la sua pronta reazione, atteso che la vittima, dopo il primo colpo, si era rannicchiata dietro la sua autovettura, parcheggiata davanti l’entrata dell’esercizio commerciale dove si verificavano gli eventi criminosi, impedendo di venire raggiunta dagli altri due colpi esplosi dall’imputato.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Catanzaro è infondato.
Osserva il Collegio che le conclusioni della Corte di appello di Catanzaro, secondo cui l’azione armata condotta da NOME COGNOME in danno di NOME COGNOME era inidonea a provocarne la morte e non era sorretta da animus necandi, appare corroborata dalla sequenza dell’attentato verificatosi a Ricadi la mattina del 16 febbraio 2022 e dalle modalità con cui l’imputato esplodeva all’indirizzo della persona offesa, da distanza ravvicinata, tre colpi di pistola, senza ferire la vittima.
Su questi, decisivi, profili valutativi, la sentenza impugnata si soffermava in termini congrui, chiarendo le ragioni per cui l’azione armata di COGNOME doveva ritenersi intrinsecamente inidonea a provocare la morte di COGNOME, essendo stati i colpi di pistola sparati contro la persona offesa esplosi per uno scopo esclusivamente intimidatorio, collegato alle rivalità sentimentali esistenti tra i due soggetti. Lo scopo intimidatorio dell’azione di COGNOME, del resto, è corroborato dal fatto che, dopo che la persona vittima si rannicchiava dietro la sua autovettura, l’imputato, anziché uscire dal suo veicolo e sparare gli ulteriori due colpi di pistola contro il rivale – che, peraltro, costituiva un facile bersagli anche attesa la sua notevole stazza fisica – si limitava a sparare verso la parte bassa della carrozzeria del mezzo, rendendo evidente che non intendeva uccidere la persona offesa ma soltanto ferirla e spaventarla.
Da questo punto di visto, appaiono condivisibili le conclusioni alle quali perveniva la decisione impugnata, che, nelle pagine 13 e 14, affermava: «E’ certo che il Cilurzo, pur avendo la possibilità di colpire la vittima avendola a poca distanza e di colpirla in parti vitali, indirizzò i colpi verso il basso, come dimost la ferita di striscio che il COGNOME ebbe e a riportare sulla coscia destra e come dimostra anche l’ubicazione dei colpi nelle parti inferiori della carrozzeria della Fiat Panda».
Sulla scorta di una tale, adeguata, ricostruzione dell’aggressione armata posta in essere da NOME COGNOME in danno della vittima, che veniva correttamente correlata alle circostanze di tempo e di luogo nelle quali maturava la sua determinazione criminosa, la Corte di appello di Catanzaro formulava un giudizio congruo sull’inidoneità degli atti posti in essere dall’imputato a provocare la morte di NOME COGNOME dalla quale derivava la necessità di riqualificare la fattispecie del tentato omicidio originariamente contestata all’imputato. Venivano, in questo modo, rispettati i parametri affermati dalla giurisprudenza di legittimità consolidata in tema di idoneità del tentativo, secondo cui: «L’idoneità degli atti, richiesta per la configurabilità del reato tentato, deve essere valutata con giudizio “ex ante”, tenendo conto delle circostanze in cui opera l’agente e delle modalità dell’azione, in modo da determinarne la reale adeguatezza causale e l’attitudine a creare una situazione di pericolo attuale e concreto di lesione del bene protetto» (Sez. 1, n. 27918 del 04/03/2010, Resa, Rv. 248305 – 01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 2, n. 36311 del 12/07/2019, COGNOME, Rv. 277032 – 01; Sez. 1, n. 1365 del 02/10/1997, dep. 1998, Tundo, Rv. 209688 – 01; Sez. 1, n. 7317 del 13/04/1995, Abbà, Rv. 201738 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Questo orientamento ermeneutico, del resto, si inserisc:e nel solco di un filone giurisprudenziale consolidato e risalente nel tempo, che è possibile esplicitare richiamando il seguente, insuperato, principio di diritto: «Al fine d una corretta applicazione dell’art. 56 cod. pen., occorre ricostruire, sulla base delle prove disponibili, la direzione teleologica della volontà dell’agente quale emerge dalle modalità di estrinsecazione concreta della sua a2:ione, allo scopo di accertare quale sia stato il risultato da lui avuto di mira, sì da pervenire con i massimo grado di precisione possibile alla individuazione dello specifico bene giuridico aggredito e concretamente posto in pericolo. Tutti gli ipotizzabili eventi ulteriori suscettibili di essere posti in relazione causale con la detta condotta, ma non voluti dall’agente come conseguenza della propria azione o omissione, sono pertanto destinati a collocarsi al di fuori della sfera di applicazione della norma che punisce il tentativo, acquistando essi rilievo nel solo caso di effettiva lesione
del bene protetto» (Sez. 1, n. 7938 del 0:3/02/1992, COGNOME Rv. 1912421 – 01).
2.1. Parimenti congrue devono ritenersi le conclusioni alle quali, sul piano dell’elemento soggettivo del reato di cui al capo 1, perveniva la Corte di appello di Catanzaro, che chiariva per quali ragioni la dinamica dell’azione armata posta in essere dall’imputato in danno di NOME COGNOME non conseguiva a una volontà omicida teleologicamente orientata nella direzione prefigurata dal Pubblico ministero, imponendo, al contrario, la riqualificazione della fattispecie contestata ex artt. 56, 582 e 585 cod. pen.
Occorre, in proposito, evidenziare che l’univocità degli atti costituisce il presupposto indispensabile per ritenere una condotta delittuosa – analoga a quella oggetto di vaglio – riconducibile all’alveo applicativo dell’art. 56 cod. pen. Tutto questo risponde all’esigenza di ricostruire in termini processualmente certi la volontà del soggetto attivo del reato rispetto all’aggressione del bene giuridico protetto della norma penale, che, nel caso in esame, è rappresentato dall’integrità fisica di NOME COGNOME, conformemente a quanto statuito da questa Corte, che, ai fini dell’accertamento dell’animus necandi sotteso alla condotta illecita, afferma: «In tema di tentativo, il requisito dell’univocità deg atti va accertato ricostruendo, sulla base delle prove disponibili, la direzione teleologica della volontà dell’agente quale emerge dalle modalità di estrinsecazione concreta della sua azione, allo scopo di accertare quale sia stato il risultato da lui avuto di mira, sì da pervenire con il massimo grado di precisione possibile alla individuazione dello specifico bene giuridico aggredito e concretamente posto in pericolo» (Sez. 1, n. 2910 del 18/06/2019, COGNOME, Rv. 276401 – 01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 2, n. 18747 del 20/03/2007, COGNOME, Rv. 236401 – 01; Sez. 4, n. 7702 del 29/01/2007, COGNOME, Rv. 236110 – 01; Sez. 1, n. 7938 del 03/02/1992, COGNOME, Rv. 191241 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In questa cornice, nel caso di specie, l’assenza del requisito dell’univocità degli atti, così come prefigurato dall’art. 56 cod. pen., appare dimostrata dalle modalità attraverso cui si concretizzava l’aggressione armata di NOME COGNOME, che venivano accertate dalla Corte di appello di Catanzaro sulla base delle connotazioni specifiche della condotta illecita posta in essere dall’imputato in danno della persona offesa, che imponevano di escludere che l’azione omicida non si era concretizzata per l’imperizia dell’attentatore. Sul punto, non si può che richiamare il passaggio motivazionale della !:;entenza impugnata, esplicitato a pagina 14, in cui si evidenziava che «le fasi della condotta dimostrano in maniera abbastanza evidente che il COGNOME voleva procurare delle lesioni al COGNOME e non altro, intimidendolo attraverso l’uso di un’arma da fuoco».
In altri termini, per configurare il tentato omicidio contestato a NOME
NOME COGNOME il suo comportamento aggressivo avrebbe dovuto possedere, tenuto conto della sequenza criminosa in cui si inseriva – valutata alla luce delle
due fasi strettamente consequenziali attraverso cui si articolava l’azione armata dell’imputato – e della dinamica dell’azione delittuosa, l’attitudine a rendere
manifesto il suo intento omicida, desumibile sia dagli atti preparatori sia da quelli esecutivi; attitudine che, per le ragioni che si sono esposte, il comportamento
dell’imputato non possedeva, imponendo, al contrario, la riqualificazione del reato di cui al capo 1 nel delitto tentato di lesioni personali aggravate (tra l
altre, Sez. 2, n. 24302 del 24/05/2017, Gentile, Rv. 269963 – 01; Sez. 5, n.
18981 del 22/02/2017, COGNOME, Rv. 269931 – 01; Sez. 2, n. 40912 del
24/09/2015, COGNOME, Rv. 264589 – 01; Sez. 2, n. 46776 del 20/11/2012,
COGNOME, Rv. 254106 – 01; Sez. 2, n. 41649 del 05/11/2010, COGNOME, Rv.
248829 – 01).
Tali elementi di giudizio, dunque, impongono di escludere che l’azione armata posta in essere da COGNOME mirasse a provocare la morte della persona offesa e di ribadire la correttezza della riqualificazione della fattispecie contestata all’imputato al capo 1, ai sensi artt. 56, 582 e 585 cod. pen.
Le considerazioni esposte impongono conclusivamente il rigetto del ricorso proposto dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Catanzaro.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 12 luglio 2024.