Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5180 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5180 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 34508/2024
EVA TOSCANI
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato in SOMALIA il 01/01/1988 avverso la sentenza del 02/07/2024 della Corte d’appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il pg conclude per l’inammissibilità del ricorso. udito il difensore
L’avv. NOME COGNOME conclude riportandosi ai motivi di ricorso ed insistendo per l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Torino con la sentenza del 2 luglio 2024 riduceva la pena inflitta dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino a NOME COGNOME per il tentato omicidio di NOME COGNOME ad anni quattro di reclusione, con interdizione temporanea dai Pubblici Uffici.
I fatti erano così ricostruiti nelle sentenze di merito.
In data 28 aprirle 2023 gli operanti della Polizia Locale di Torino intervenivano nel corso di una colluttazione fra due persone, una delle quali era l’odierno imputato e l’altra era la vittima. Quest’ultima presentava una ferita al collo e gli abiti intrisi di sangue; COGNOME, dal canto suo, aveva un atteggiamento aggressivo non solo nei confronti del Ka ma anche degli agenti, tanto che veniva immobilizzato e ammanettato.
I testi presenti ai fatti riferivano che COGNOME aveva preso una bottiglia, l’aveva spaccata e poi aveva aggredito con la stessa l’antagonista, colpendolo piø volte al capo, al collo e al busto.
La bottiglia utilizzata veniva rinvenuta nei pressi; quanto alla ferita del Ka la stessa era molto profonda ed era stata inferta nelle immediate vicinanze della giugulare.
Avverso detta sentenza propone ricorso l’imputato tramite il difensore di fiducia lamentando mancanza, contraddittorietà, ovvero illogicità della motivazione.
Il ricorrente lamenta come nell’impugnato provvedimento non siano state analizzate le
discordanze e le contraddizioni in cui sono caduti i testimoni che non consentono di ritenere dimostrata la sussistenza degli elementi costitutivi del reato, in particolare il dolo.
Non ritiene, infatti, che la giustificazione data dalla Corte territoriale a tali contraddizioni fosse soddisfacente; non sarebbe stata, infatti, data spiegazione alle dichiarazioni della teste COGNOME circa la sede e il tipo di colpi inferti alla vittima, nØ circa le discrepanze rilevate nelle dichiarazioni della teste COGNOME quanto all’abbigliamento della vittima stessa; tali discrasie renderebbero impossibile una ricostruzione attendibile circa la dinamica dell’occorso e circa la condotta dell’imputato.
L’incertezza circa l’esatta sede dei colpi inferiti dall’imputato, poi, impedirebbe di ricostruire la natura dell’elemento soggettivo in capo all’imputato.
Anche sotto il profilo della dosimetria sanzionatoria la motivazione si appaleserebbe contraddittoria poichØ, stante il fatto che il tentativo di omicidio Ł rimasto allo stadio inziale, ciò avrebbe dovuto correlativamente comportare che la pena inflitta venisse contenuta nel minimo.
3. Il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME concludeva chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
4. Il difensore concludeva chiedendo l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł inammissibile.
1.1 I motivi sono del tutto generici, il provvedimento impugnato si confronta con le critiche contenute nei motivi di appello circa le discrasie fra le dichiarazioni dei testi e le risolve, addirittura le riassume e le mette a confronto proprio per evidenziare le incongruenze e dare loro una spiegazione, dando anche rilevo al fatto che le contraddizioni non affettano il nucleo centrale del racconto e non ne inficiano la credibilità.
Il provvedimento impugnato riporta partitamente le dichiarazioni dei testi e fa presente che le discrepanze circa il colore degli indumenti indossati dall’imputato non hanno alcuna rilevanza, posto che non vi Ł dubbio alcuno sulla identità dell’aggressore, che veniva fermato e identificato nel ricorrente, così come ne venivano sequestrati gli abiti, intrisi di materiale ematico.
Dunque, Ł evidente – afferma la Corte territoriale – che le eventuali discrasie inerenti la descrizione degli indumenti dell’aggressore non hanno rilievo alcuno sulla identificazione dell’aggressore, sulla dinamica dell’aggressione, ovvero sulle conseguenze della medesima.
Per contro nessun contrasto, sottolinea l’impugnato provvedimento, vi Ł rispetto al fatto che l’imputato avesse rotto la bottiglia contro un cestino dell’immondizia e la avesse utilizzata come arma e che avesse colpito la vittima al collo e come la situazione aggressiva sia continuata anche successivamente all’arrivo delle Forze dell’Ordine e, dunque, come la aggressione sia certamente stata volontaria.
Come rilevato dalla Corte di Appello tutti i testi oculari hanno reso un racconto che – nel nucleo fondamentale – Ł identico : l’imputato afferrò una bottiglia, la ruppe volontariamente contro il cestino e, brandendola come arma, si diresse urlando ed inveendo contro la vittima che veniva attinta con plurimi colpi al capo, al collo e al busto.
Tale essendo il nucleo centrale della ricostruzione dei fatti non Ł, come condivisibilmente affermato dalla Corte territoriale, in alcun modo sostenibile l’accidentalità delle lesioni provocate alla persona offesa, che venne aggredita dall’imputato, il quale, a tal fine, si procurò un’arma impropria, rompendo una bottiglia e si diresse verso il bersaglio designato, urlando, rendendo del tutto evidenti e trasparenti le sue intenzioni violente.
L’atteggiamento violento dell’imputato perdurò nel corso dell’intera colluttazione, dopo che la vittima era già stata ferita, ed anche al momento dell’intervento delle forze dell’ordine, nei cui
confronti diresse la propria aggressività.
Anche le dichiarazioni del teste COGNOME come riportate nell’impugnato provvedimento, nonostante quanto sostenuto dal ricorrente, non si discostano da tele ricostruzione : nell’immediatezza COGNOME affermava che COGNOME aveva sferrato un fendente al collo della vittima; nelle successive dichiarazioni affermava di non essere sicuro che i colpi fossero andati a segno, sebbene la vittima fosse stata certamente colpita, visto che sanguinava copiosamente.
Dal provvedimento impugnato non emerge alcuna incertezza circa la sede dei colpi; l’azione Ł riportata come descritta dai testi che hanno riferito di una pluralità di colpi e fendenti vibrati al capo, al torso e al collo della vittima fino a che non cadeva a terra, con ciò evidenziandosi, come rilevato dalla Corte territoriale, l’animus necandi, anche in ragione della sede dei colpi e della ferita inflitta.
Conclusivamente, la Corte territoriale ha fatto buon governo dell’insegnamento di questa corte che qui si richiama e si ribadisce, secondo cui, in tema di omicidio tentato, in assenza di esplicite ammissioni da parte dell’imputato, ai fini dell’accertamento della sussistenza dell'”animus necandi” assume valore determinante l’idoneità dell’azione, che va apprezzata in concreto, con una prognosi formulata “ex post” ma con riferimento alla situazione che si presentava “ex ante” all’imputato, al momento del compimento degli atti, in base alle condizioni umanamente prevedibili del caso. (Sez. 1 – , Sentenza n. 11928 del 29/11/2018 Rv. 275012)
1.2 Anche il secondo motivo di ricorso Ł manifestamente infondato.
Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, la Corte territoriale ha dato ampia ragione del perchØ abbia inflitto una pena contenuta, in ragione dello stato iniziale del tentativo, contemperando tale valutazione con la gravità oggettiva della condotta e la violenza della stessa; nessuna contraddittorietà motivazionale si rileva nella dosimetria sanzionatoria che comunque si Ł attestata, come pena base, in una entità inferiore la medio edittale e dunque non richiede, come statuito da un principio espresso dalla giurisprudenza di legittimità, che qui si richiama e ribadisce, una specifica motivazione in ordine ai criteri soggettivi ed oggettivi elencati dall’art. 133 cod. pen., valutati ed apprezzati tenendo conto della funzione rieducativa, retributiva e preventiva della pena. (Sez. 5 , n. 35100 del 27/06/2019 Rv. 276932).
2. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 3000 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto dell’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 12/12/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME