Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27136 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27136 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/11/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto raccoglimento del ricorso in punto di semilibertà e l’inammissibilità nel resto.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 29 novembre 2023 il Tribunale di sorveglianza di Catania ha dichiarato inammissibile l’istanza di semilibertà, e respinto quella di affidamento in prova, presentate dal condannato NOME COGNOME.
Il Tribunale di sorveglianza ha dichiarato inammissibile l’istanza di semilibertà perché il condannato non aveva ancora scontato metà della pena, e respinto l’istanza di affidamento in prova, in quanto ha ritenuto che la propensione del condannato alla commissione di reati contro la persona ed il patrimonio, desumibile dalla pluralità e gravità dei reati per cui si trova ristretto e dai precedenti penali, non sia controllabile a mezzo della misura più ampia. Inoltre, secondo l’ordinanza impugnata, la regolarità della condotta del condannato nella
partecipazione al trattamento rieducativo non è sufficiente per giustificare una prognosi favorevole, ed è, invece, opportuna una sperimentazione graduale dell’affidabilità del condannato attraverso la previa fruizione di permessi premio.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore.
Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione nella parte relativa al rigetto della istanza di affidamento in prova, atteso che l’ordinanza impugnata non considera che i reati in espiazione sono stati posti in essere in epoca remota, che non risulta nessun carico pendente, che non ci sono collegamenti con la criminalità organizzata, che c’è la concreta prospettiva di un’attività lavorativa ed una positiva relazione del servizio sociale; la motivazione è anche apparente perché il riferimento alla pluralità e gravità dei reati ed ai precedenti penali non evidenzia quali sarebbero i reati commessi dal condannato.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge nella parte relativa alla dichiarazione di inammissibilità della istanza di semilibertà, perché, in realtà, alla data dell’udienza camerale davanti al Tribunale di sorveglianza il condannato aveva scontato esattamente la metà della pena, essendo in espiazione per una pena di 5 anni e 2 mesi di reclusione, ed avendo scontato alla data dell’udienza esattamente 2 anni e 7 mesi di reclusione, anche grazie a 180 giorni di liberazione anticipata di cui aveva fruito nelle more.
Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha chiesto l’accoglimento del ricorso in punto di semilibertà e l’inammissibilità nel resto.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato quanto al primo motivo, infondato nel resto.
Il primo motivo, relativo al rigetto dell’istanza di affidamento in prova, è fondato, perché la motivazione dell’ordinanza è priva di qualsiasi riferimento al caso concreto diverso dal nome del condannato; dalla lettura di essa non si comprende, pertanto, se sia stato effettivamente valutato il contenuto dell’istanza, atteso che la motivazione spesa è astrattamente riproponibile per qualsiasi istanza dello stesso tipo presentata da altri condannati.
Sul punto, pertanto, l’ordinanza deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio.
Il secondo motivo, relativo alla dichiarazione di inammissibilità dell’istanza di semilibertà, è, invece, infondato.
L’istanza è stata dichiarata inammissibile perché non era ancora maturato il presupposto dell’espiazione della metà della pena di cui all’art. 50, comma 2, ord. pen.
Il ricorso attacca l’ordinanza impugnata sostenendo che alla data dell’udienza camerale davanti al Tribunale di sorveglianza il termine era nel frattempo maturato, anche grazie ad un provvedimento di liberazione anticipata concessa nelle more.
L’argomento è infondato.
2.1. Nel sistema delle misure alternative, infatti, il limite della pena residua da espiare è un presupposto di ammissibilità dell’istanza, ed, in quanto tale, deve essere posseduto al momento del deposito dell’istanza, non al momento della decisione del Tribunale.
Nella mancata specificazione sul punto da parte delle norme speciali – che dispongono in modo ellittico che “se la pena detentiva inflitta non supera tre anni, il condannato può essere affidato al servizio sociale fuori dell’istituto per un periodo uguale a quello della pena da scontare” (art. 47, comma 1, ord. pen., per l’affidamento in prova), o che “la detenzione domiciliare può essere applicata per l’espiazione della pena detentiva inflitta in misura non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena (…) (art. 47-ter, comma 1-bis, ord. pen., per la detenzione domiciliare) e che “fuori dei casi previsti dal comma 1, il condannato può essere ammesso al regime di semilibertà soltanto dopo l’espiazione di almeno metà della pena ovvero, se si tratta di condannato per taluno dei delitti indicati nei commi 1, 1-ter e lquater dell’articolo 4 bis, di almeno due terzi di essa” (art. 50, comma 2, ord. pen., per la semilibertà) – deve ritenersi, però, per ragioni sistematiche di carattere generale che il limite della pena da espiare debba essere posseduto già al momento dell’istanza.
In questo senso depone la circostanza che il sistema delle misure alternative sia caratterizzato dall’impulso di parte, come emerge dalle norme generali degli artt. 656, 677, comma 2-bis, e 678, comma 1, cod. proc. pen., nonché dalle disposizioni speciali dell’art. 47, comma 4, e dell’art. 47-ter, comma 1-quater, ord. pen.
La circostanza che il sistema delle misure alternative sia caratterizzato da un’istanza di parte comporta che i presupposti di ammissibilità della misura debbano essere posseduti al momento dell’istanza, perché, opinando diversamente, si riconoscerebbe la possibilità per il condannato di presentare un’istanza, per così dire, in prenotazione in un momento in cui non è ancora
maturato il limite della pena ancora da espiare per cui è ammessa la misura alternativa, vincolando il giudice ad istruirla ed a deciderla nel merito.
Se, infatti, l’inammissibilità è, come è stato ritenuto nella letteratura giuridica, la qualifica giuridica di quella domanda di parte che non ha l’attitudine a vincolare il giudice ad emettere una pronuncia sul merito di essa, soltanto costruendo il possesso del requisito ‘del limite di pena da espiare come una condizione di ammissibilità della istanza si impedisce che insorga nel giudice il dovere di istruire una istanza che non ha i presupposti per poter essere accolta.
Il possesso del requisito del limite di pena da espiare appartiene, pertanto, alla categoria dei presupposti processuali, ovvero delle condizioni necessarie perché possa aversi una pronuncia sul merito della domanda.
2.2. Nel momento in cui si costruisce il possesso del requisito del limite di pena da espiare come una condizione di ammissibilità della istanza, la circostanza che nelle more tra la istanza e la fissazione dell’udienza di decisione della stessa il limite di pena da espiare sia nel frattempo maturato impedisce di rendere ammissibile una istanza di misura alternativa che non era tale nel momento in cui era stata presentata.
Al sistema della inammissibilità – che non è codificato nel codice di procedura penale, a differenza di quello delle nullità e delle inutilizzabilità – è estraneo, infatt l’istituto della sanatoria postuma (in materia di impugnazioni v. Sez. 3, Sentenza n. 20356 del 02/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281630; Sez. 3, Sentenza n. 35715 del 17/09/2020, COGNOME, Rv. 280694; Sez. 5, Sentenza n. 27135 del 23/03/2018, COGNOME., Rv. 273231; in materia di istanze di revoca o sostituzione misure cautelari v. Sez. 2, Sentenza n. 29045 del 20/06/2014, P.G. in proc. Isoldi, Rv. 259984), perché la inammissibilità impedisce a monte l’apertura della fase, e perché ai suoi fini rileva non il momento in cui l’inammissibilità è accertata o dichiarata, ma quello in cui essa si è realizzata.
Ne consegue che una istanza di misura alternativa presentata in prenotazione quando i limiti di pena da espiare non sono ancora maturati non diventa ammissibile per il semplice fatto che la inammissibilità non sia immediatamente dichiarata dal Tribunale e che i presupposti di ammissibilità della stessa siano maturati nelle more, perché la procedura davanti al Tribunale di sorveglianza è stata incardinata da un atto di parte che non ha l’idoneità ad aprire la fase ed a radicare il dovere del giudice di provvedere.
2.3. Su tale ultimo punto si è pronunciata in senso diverso nella giurisprudenza di questa Corte Sez. 1, n. 1787 del 30/10/2019, dep. 2020, COGNOME, n.nn., che è giunta alla soluzione opposta sulla base del percorso logico
che si riporta di seguito: “è opportuno premettere, tuttavia, una considerazione differente da quella espressa dal Tribunale di Sorveglianza relativamente al momento in cui andava valutata l’ammissibilità della richiesta: il giudice ha ritenuto che, in linea generale, tale valutazione dovesse compiersi al momento di presentazione dell’istanza, mentre reputa il Collegio che ragioni di ordine sistematico inducano a valutare l’ammissibilità della richiesta al momento della decisione. Infatti, prendendo a paradigma la misura alternativa di più ampio respiro, e cioè l’affidamento in prova al servizio sociale, la locuzione “pena detentiva inflitta” che figura nell’art. 47 della legge 26 luglio 1975 n. 354 equivale a “pena che resta da espiare in concreto”, e cioè anche alla pena residua, per come affermato da questa Corte già nel precedente Sez. 1, n. 6013 del 18/11/1996-, Rv. 206244, sulla scorta dell’art. 14 bis del d.l. n. 152 del 1991 come introdotto dall’allegato alla legge di conversione n. 356 del 1992, la cui rubrica era “Interpretazione del primo comma dell’articolo 47 dell’ordinamento penitenziario” e che recitava: «La disposizione del primo comma dell’articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui indica i limiti che la pena inflitta non deve superare perché’ il condannato possa beneficiare dell’affidamento in prova al servizio sociale, va interpretata nel senso che deve trattarsi della pena da espiare in concreto, tenuto conto anche dell’applicazione di eventuali cause estintive». ormai acquisito che la soluzione prospettata dalla disposizione di interpretazione autentica costituisca parametro oggettivo ed unitario da intendersi esteso ad ogni possibile ipotesi applicativa: e, considerata la sottolineatura della connotazione «concreta» della pena residua, appare irragionevole che la valutazione di ammissibilità della richiesta – magari anche nei casi in cui l’istruttoria stata prolungata e complessa – venga poi collocata nel passato, e cioè al momento di proposizione dell’istanza, con conseguente dispersione delle risorse processuali impiegate e inutile frustrazione dell’attesa del richiedente il beneficio, quando il parametro di riferimento impone invece soltanto di considerare la pena residua in concreto”. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Come è stato rilevato dalla dottrina che ha commentato in senso critico questa decisione, la sentenza COGNOME ha, però, finito con il ricavare un principio generale da una disposizione eccezionale di interpretazione autentica, motivata da ragioni contingenti di politica legislativa del momento in cui fu emessa, e che non ha la forza per assurgere ad architrave del sistema delle misure alternative.
La stessa considerazione di carattere pratico che chiude il ragionamento della pronuncia COGNOME, ovvero la dispersione delle risorse processuali impiegate per istruire l’istanza e l’inutile frustrazione dell’attesa del richiedente il beneficio, pu essere ribaltata, perché, se si nega che il limite della pena da espiare sia un presupposto di ammissibilità dell’istanza, si legittima l’istanza di misura alternativa
in prenotazione e si obbliga il Tribunale ad istruire istanze – che di per sé non possono essere accolte sulla base della situazione di fatto del momento in cui si inizia l’istruttoria – per la mera eventualità che esse possano diventare ammissibili nel corso del procedimento, eventualità che resta futura ed incerta, atteso che nelle more possono intervenire ulteriori titoli esecutivi o comportamenti del condannato in corso di espiazione che impediscono comunque la valutazione positiva dell’istanza.
In realtà, nel momento in cui si costruisce il limite massimo di pena da espiare come una condizione di ammissibilità della domanda, e quindi come un presupposto processuale della stessa, l’impossibilità di ammettere nel sistema processuale la sanatoria di una domanda inammissibile impone di ritenere che il decorso del tempo tra la domanda e la decisione non permetta di rendere ammissibile una domanda che non era tale nel momento in cui è stata proposta.
Deve, pertanto, essere affermato il principio di diritto, secondo cui, in tema di misure alternative, il limite massimo di pena da espiare è una condizione di ammissibilità della domanda e deve essere sussistente al momento di presentazione della istanza, e non al momento della decisione; la circostanza che tra il momento della istanza ed il momento della decisione possa maturare tale limite non rende ammissibile ex post la domanda.
Ne consegue che, con riferimento alla istanza di semilibertà, la ordinanza resiste alle censure che le sono state rivolte in ricorso, che sul punto deve essere ritenuto infondato.
L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio per nuovo giudizio limitatamente alla parte in cui ha valutato l’istanza di affidamento in prova. Nel resto, il ricorso è infondato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente all’affidamento in prova al servizio sociale con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di sorveglianza di Catania. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 28 maggio 2024
Il consigliere estensore
Il presidente