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Amministratore prestanome: responsabilità penale sicura?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un amministratore prestanome condannato per reati tributari. La sentenza ribadisce che accettare la carica di amministratore, anche solo formalmente, comporta una responsabilità penale per i reati commessi nella gestione societaria. Tale responsabilità si fonda sul dovere di vigilanza e controllo e sulla consapevole accettazione del rischio (dolo eventuale) che la propria inerzia possa consentire la commissione di illeciti da parte dell’amministratore di fatto.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Amministratore Prestanome: La Cassazione Conferma la Responsabilità Penale

La figura dell’amministratore prestanome è spesso al centro di complesse vicende giudiziarie, specialmente in materia di reati tributari. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio consolidato: accettare formalmente la carica di amministratore di una società comporta doveri di vigilanza e controllo il cui inadempimento può portare a una condanna penale, anche se la gestione effettiva è nelle mani di un altro soggetto. Analizziamo la decisione per comprendere le ragioni giuridiche e le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: La Posizione dell’Amministratore Formale

Il caso riguarda l’amministratore di diritto di una società, condannato in primo e secondo grado per reati tributari previsti dal D.Lgs. 74/2000. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo, in sintesi, di essere stato un mero prestanome, estraneo alla gestione operativa e alle decisioni illecite prese dall’amministratore di fatto. La sua difesa si basava sull’assenza di un coinvolgimento diretto e, quindi, sulla mancanza dell’elemento soggettivo del reato (il dolo).

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha articolato il ricorso su tre principali motivi:

L’eccezione di Incompetenza Territoriale

In primo luogo, è stata sollevata una questione procedurale relativa alla competenza territoriale. Secondo la difesa, il processo avrebbe dovuto svolgersi presso il tribunale della provincia in cui la società aveva la sua ultima sede legale, e non dove era stata commessa una parte delle azioni contestate.

La Responsabilità dell’Amministratore Prestanome e il Dolo Eventuale

Il punto centrale del ricorso riguardava la responsabilità penale. L’imputato sosteneva che, essendo emersa la prova di una gestione esclusiva da parte di un amministratore di fatto, egli, come amministratore formale, non poteva essere ritenuto responsabile. L’accettazione della carica, secondo la difesa, non implica automaticamente l’accettazione delle singole azioni delittuose commesse da altri, in assenza di una prova concreta della consapevolezza delle finalità illecite.

La Prova Tardiva e la sua Decisività

Infine, la difesa lamentava la mancata acquisizione di un documento ritenuto decisivo per screditare la testimonianza chiave su cui si basava parte della condanna. Tale documento, prodotto in appello, sarebbe stato erroneamente considerato tardivo dal giudice.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la condanna dell’imputato. La decisione si fonda su principi giuridici consolidati sia in materia processuale che sostanziale.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso. Sulla competenza territoriale, ha chiarito che per i reati tributari si fa riferimento al domicilio fiscale del contribuente, che per le persone giuridiche corrisponde alla sede effettiva, non a quella meramente formale. Essendo la sede operativa della società nel luogo del primo processo, la competenza era stata correttamente radicata.

Il cuore della motivazione risiede però nella questione della responsabilità dell’amministratore prestanome. La Cassazione ha ribadito con forza il suo orientamento costante: l’amministratore di diritto risponde del reato tributario anche se è un mero prestanome. Questo perché l’assunzione della carica comporta l’assunzione di specifici doveri di vigilanza e controllo sul patrimonio sociale e sulla gestione (art. 2392 c.c.). Il mancato rispetto di tali doveri integra una responsabilità penale. La colpevolezza non richiede necessariamente un dolo specifico (la volontà di evadere le imposte), ma può configurarsi anche come dolo eventuale. L’amministratore che omette ogni controllo accetta il rischio che l’amministratore di fatto possa commettere reati, e questa accettazione del rischio è sufficiente per fondare la responsabilità penale. Nel caso specifico, inoltre, i giudici di merito avevano accertato che l’imputato non era stato completamente passivo, ma aveva svolto un ruolo attivo e sostanziale nella vita aziendale.

Infine, riguardo alla prova documentale, la Corte ha osservato che i giudici d’appello, pur ritenendola tardiva, l’avevano comunque valutata, escludendone la decisività ai fini della decisione finale. La Cassazione, come giudice di legittimità, non può riesaminare nel merito tali valutazioni.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza lancia un messaggio inequivocabile: chi accetta di figurare come amministratore di una società, anche solo per fare un favore o per leggerezza, si assume una responsabilità giuridica piena e non può sperare di sfuggire alle conseguenze penali semplicemente dichiarandosi estraneo alla gestione. Il ruolo di amministratore non è una mera formalità, ma un incarico che impone obblighi precisi. L’omissione di ogni forma di controllo sulla gestione altrui non è una scusante, ma la base stessa della responsabilità per dolo eventuale. La decisione conferma che l’ordinamento non tollera schermi formali utilizzati per mascherare responsabilità reali e che la posizione di garanzia assunta con la carica di amministratore è un baluardo a tutela della legalità fiscale e societaria.

Un amministratore ‘prestanome’ risponde dei reati tributari commessi dall’amministratore di fatto?
Sì. La Corte di Cassazione conferma che l’accettazione della carica di amministratore, anche se solo formale, attribuisce doveri di vigilanza e controllo. Il mancato rispetto di tali doveri comporta responsabilità penale a titolo di dolo eventuale, poiché l’amministratore, omettendo i controlli, accetta il rischio che vengano commessi reati.

Come si determina il tribunale competente per i reati tributari di una società?
La competenza si determina in base al luogo in cui la società ha il proprio domicilio fiscale, che di regola coincide con la sede legale. Tuttavia, se la sede legale è meramente fittizia, si fa riferimento al luogo in cui si trova la sede effettiva, ovvero il centro direttivo e amministrativo dell’ente.

È sufficiente per l’amministratore di diritto dimostrare di non aver partecipato attivamente alla gestione per essere assolto?
No, non è sufficiente. La responsabilità penale dell’amministratore di diritto non deriva necessariamente da un suo contributo attivo all’illecito, ma può scaturire anche dalla sua condotta omissiva, cioè dal non aver esercitato i poteri-doveri di vigilanza e controllo che la legge gli impone in virtù della sua carica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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