Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37923 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37923 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SORESINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/12/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la memoria inoltrata dal difensore dell’imputato;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Cremona in data 20/1/2023, confermava la declaratoria di responsabilità penale di COGNOME NOME in ordine al reato di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 74 del 2000 (omessa presentazione della dichiarazione IRES per l’anno d’imposta 2014, con evasione d’imposta pari a C 82.097,50), e, in accoglimento dell’appello del Procuratore Generale, disponeva la confisca, diretta o per equivalente, del profitto del reato.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per RAGIONE_SOCIALEzione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, COGNOME NOME, deducendo due motivi di impugnazione
2.1. Con il primo motivo, eccepisce in via principale e assorbente l’intervenuta prescrizione del reato, chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 129 c.p.p.
2.2. Con il secondo motivo, lamenta l’illogicità della motivazione con riferimento ai presupposti oggettivi e soggettivi del reato contestato. Sostiene il ricorrente che la Corte territoriale aveva errato nel non qualificarlo come mero amministratore fittizio, ignorando le risultanze probatorie, in particolare la testimonianza di NOME COGNOME. Da tale qualifica deriverebbe, secondo la difesa, l’assenza del dolo specifico di evasione, elemento costitutivo della fattispecie. Il ricorrente contesta la valutazione della Corte territoriale, che aveva desunto la responsabilità penale dalla mera assunzione della carica, incorrendo in un’ipotesi di responsabilità oggettiva. A sostegno delle proprie argomentazioni, richiama la giurisprudenza di legittimità in materia ( Sez. 3, n. 36474/2019 e n. 44170/2023). Contesta, inoltre, la mancata valorizzazione, ai fini un’esclusione del dolo specifico d’evasione, della situazione di crisi economica della società e degli sforzi profusi da soci e amministratori per tentare di reperire le risorse per ricapitalizzarla, tant’è che bilancio di esercizio per l’annualità era stato depositato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile.
Il primo motivo, relativo all’eccepita prescrizione del reato, è privo di fondamento.
Il reato di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 74/2000, contestato come commesso in data 30 settembre 2015 (data di scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno d’imposta 2014), si prescrive nel termine massimo di dieci anni ex artt. 157 e 161 c.p. e 17 / . comma 1-bis d.lgs. 74/2000.
Nel caso di specie, essendo intervenuti plurimi atti interruttivi, il termine d prescrizione massimo non è pertanto decorso.
Il secondo motivo di ricorso è parimenti inammissibile.
Le censure formulate, pur veicolate sotto Ce1 GLYPH del vizio di motivazione, si risolvono, in realtà, in una richiesta di rivalutazione del compendio probatorio e delle circostanze di fatto, operazione preclusa in sede di legittimità. Il ricorrente infatti, non denuncia una manifesta illogicità o una contraddittorietà intrinseca del percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale, ma contrappone la propria interpretazione delle risultanze istruttorie a quella, del tutto plausibile e coerente fatta propria dai giudici di merito.
2.1. In particolare, la Corte dAppello ha esaminato con attenzione la posizione dell’imputato e la sua qualifica di amministratore, non negando aprioristicamente la sua possibile veste di “prestanome”, ma argomentando in modo logico sul
perché tale circostanza non fosse sufficiente a escluderne la responsabilità penale. I giudici di secondo grado hanno correttamente valorizzato un passaggio specifico della testimonianza del precedente amministratore, NOME COGNOME, dal quale emergeva che quest’ultimo aveva consegnato ad COGNOME “tutto quello che era la documentazione della società” al momento del passaggio di consegne. Tale elemento fattuale è stato logicamente utilizzato dalla Corte per inferire che l’imputato non fosse totalmente avulso dalla realtà societaria e che, quantomeno, fosse stato posto nella condizione di adempiere ai doveri minimi connessi alla carica accettata.
2.2. Del pari immune da vizi logico-giuridici è il ragionamento svolto in punto di elemento soggettivo. La Corte territoriale non ha affatto affermato un principio di responsabilità oggettiva, come lamentato dal ricorrente, ma ha correttamente applicato i principi consolidati in materia. Ha infatti richiamato l’orientamento di questa uprema Corte secondo cui in tema di omessa dichiarazione, il legale rappresentante di un ente che non abbia dello stesso l’effettiva gestione non risponde ex art. 40, comma secondo cod. pen. per violazione dei doveri di vigilanza e controllo derivanti dalla carica rivestita, ma quale autore principale della condotta, in quanto direttamente obbligato “ex lege” a presentare le dichiarazioni relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto di soggetti diversi dalle persone fisiche, che devono essere da lui sottoscritte e, solo in sua assenza, da chi abbia l’amministrazione, anche di fatto (Sez. 3, n. 20050 del 16/03/2022, Cristodaro, Rv. 283201 – 01).
2.3 Sulla base di tale principio, la Corte bresciana ha ritenuto che l’assunzione formale della carica di amministratore legale comportasse l’accettazione dei doveri inderogabili ad essa connessi, tra cui primariamente l’obbligo dichiarativo. Il totale disinteresse per le sorti della società, manifestato attraverso l’omissione di qualsiasi controllo e adempimento, è stato ritenuto un elemento idoneo a configurare, quantomeno, il dolo eventuale, consistente nell’accettazione del rischio che l’omissione della presentazione della dichiarazione si verificasse e che fosse finalizzata all’evasione delle imposte.
2.4 Le sentenze citate dal ricorrente, che correttamente ribadiscono la necessità di una rigorosa prova del dolo specifico di evasione, non sono in contraddizione con la decisione impugnata. Quest’ultima, infatti, non ha presunto il dolo, ma lo ha desunto da elementi fattuali specifici: l’accettazione della carica, la ricezione della documentazione sociale e l’inadempimento dell’obbligo legale di presentazione della dichiarazione, in un quadro di totale inerzia che integra la consapevole rappresentazione e accettazione dell’evento omissivo e del suo fine illecito. La critica del ricorrente si traduce, pertanto, in un mero dissenso rispetto alla valutazione probatoria operata dal giudice di merito, che non può trovare ingresso in questa sede.
2.5. Infine, anche la doglianza relativa alla mancata considerazione dello stato di crisi della società è manifestamente infondata. La Corte d’appello ha esplicitamente affrontato il punto, rilevando come tale circostanza fosse rimasta “indimostrata”, in assenza di “documentazione o altri elementi significativi in merito a misure di contrasto o ad altre operazioni di rientro dall’insolvenza”. La riproposizione del tema in questa sede, senza l’indicazione di vizi logici nel ragionamento della Corte, costituisce un’ulteriore, inammissibile richiesta di rivalutazione del merito.
Tenuto conto della sentenza del 13.6.2000 n.186 della Corte Costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità” all’esito del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento di una somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle «mmende, equitativamente fissata come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle spese processuali e della «mmende
Così deciso il 19/9/2025