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Amministratore di sostegno: uso fondi e responsabilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un amministratore di sostegno che aveva utilizzato i fondi dell’assistito per scopi personali, omettendo di pagare la retta della casa di cura. La Corte sottolinea che l’errata interpretazione dei propri poteri costituisce un errore di diritto inescusabile, confermando la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Amministratore di Sostegno: I Limiti all’Uso dei Fondi dell’Assistito

L’incarico di amministratore di sostegno è un ruolo di grande responsabilità e fiducia, finalizzato a proteggere gli interessi di una persona fragile. Ma cosa succede quando questa fiducia viene tradita? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 14790/2024) fa luce sui confini invalicabili nella gestione del patrimonio dell’assistito e sulle conseguenze della loro violazione.

Il provvedimento esaminato affronta il caso di un amministratore che ha utilizzato i fondi della persona assistita per scopi personali, anziché provvedere al pagamento delle spese essenziali come la retta della casa di residenza. La decisione della Suprema Corte è netta e ribadisce principi fondamentali sulla natura dei poteri e dei doveri di questa importante figura.

Il Caso: Distrazione di Fondi e Mancato Pagamento della Retta

I fatti all’origine della vicenda vedono un amministratore di sostegno ricorrere in Cassazione contro una precedente sentenza della Corte d’Appello. L’accusa era grave: aver gestito il patrimonio dell’assistito non nel suo esclusivo interesse, ma per soddisfare esigenze personali. In particolare, l’amministratore aveva omesso di pagare le rette della struttura residenziale dove la persona assistita era ospitata, destinando il denaro ad altri fini.

Nel suo ricorso, l’amministratore ha tentato di giustificare le proprie azioni sostenendo di aver commesso un mero “errore di fatto” sui limiti dei suoi poteri gestionali e che, in ogni caso, le somme erano state impiegate nell’interesse della famiglia dell’assistito.

La Difesa e l’Errore di Diritto secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha respinto categoricamente la linea difensiva, qualificando il motivo del ricorso come “generico e manifestamente infondato”. I giudici hanno chiarito un punto cruciale: l’errata comprensione dei limiti del proprio mandato non costituisce un errore di fatto, bensì un errore di diritto, che per legge è considerato inescusabile.

L’amministratore di sostegno non può ignorare che i suoi compiti sono strettamente legati all’interesse dell’assistito. La Corte ha ribadito che il ricorrente era pienamente consapevole dei doveri affidatigli e che qualsiasi deviazione da essi non poteva essere giustificata da una presunta ignoranza delle regole.

Le motivazioni

Nelle motivazioni, la Corte ha smontato la tesi secondo cui il denaro sarebbe stato utilizzato per il bene della famiglia dell’assistito. I giudici hanno evidenziato come, al contrario, l’amministratore avesse “finito per destinare il denaro al soddisfacimento di interessi personali”.

Un elemento decisivo è stata la mancata prova, da parte del ricorrente, di un effettivo impiego dei fondi a vantaggio della famiglia. L’omissione del pagamento delle rette della casa di cura, un dovere primario, è stata vista come la prova evidente della cattiva gestione e della violazione degli obblighi.

Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questa decisione comporta non solo la conferma della condanna precedente, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, a causa dei “sottesi profili di colpa” nella presentazione di un ricorso palesemente infondato.

Le conclusioni

L’ordinanza 14790/2024 è un monito severo per chiunque ricopra il ruolo di amministratore di sostegno. La decisione riafferma con forza i seguenti principi:
1. Finalità Esclusiva: I fondi dell’assistito devono essere gestiti unicamente nel suo interesse, per soddisfare le sue necessità primarie e migliorare la sua qualità di vita.
2. Responsabilità Personale: L’amministratore è tenuto a conoscere la legge e i limiti del proprio mandato. L’ignoranza non è una scusante.
3. Conseguenze della Mala Gestio: La distrazione di fondi per scopi personali o non autorizzati integra una grave violazione dei doveri, con conseguenze sia civili che penali, inclusa la condanna al pagamento di sanzioni.

Un amministratore di sostegno può usare i fondi dell’assistito per le necessità della famiglia di quest’ultimo?
No. La Corte ha chiarito che i fondi devono essere destinati al soddisfacimento degli interessi personali e diretti dell’assistito. Utilizzarli per altri scopi, anche se a beneficio della famiglia, rappresenta una violazione dei doveri, soprattutto se vengono trascurati pagamenti essenziali come la retta di una casa di cura.

Affermare di aver interpretato male i propri poteri è una giustificazione valida per l’amministratore di sostegno?
No. Secondo la Suprema Corte, un’errata interpretazione dei limiti del proprio mandato non è un errore di fatto, ma un “errore di diritto”, considerato inescusabile. L’amministratore ha il dovere di conoscere la portata dei suoi compiti e non può giustificare una gestione illecita con l’ignoranza delle norme.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
In base a questa ordinanza, quando un ricorso viene dichiarato inammissibile perché, ad esempio, manifestamente infondato, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende come sanzione per aver intrapreso un’azione legale priva di fondamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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