Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 46724 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 46724 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 19/11/1982
avverso l’ordinanza del 22/07/2024 del GIP TRIBUNALE di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 22 luglio 2024, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna – investito ai sensi degli artt. 665 e 666 cod. proc. pen. i relazione alla fase esecutiva di una misura cautelare reale – ha respinto la richiesta avanzata da NOME COGNOME volta ad ottenere la revoca del vincolo cautelare apposto sul complesso aziendale e sui beni della «RAGIONE_SOCIALE» della quale è amministratrice NOME COGNOME (moglie di NOME COGNOME).
Per miglior comprensione della vicenda è necessario chiarire che NOME COGNOME e NOME COGNOME sono sottoposti ad indagini (insieme ad altri la cui posizione non rileva in questa sede) per violazione degli artt. 110, 603 bis, comma 1 n, 2 e comma 3 n. 1 e n. 4 cod. pen. quali «amministratori di fatto» della ditta individuale «RAGIONE_SOCIALE Sun Shaoua». In tesi accusatoria, i titolari di fatto e di diritto di ques ditta – che procedeva al confezionamento di articoli di abbigliamento per la «RAGIONE_SOCIALE» – in concorso con i dirigenti della società committente, reclutavano gli operai incaricati dell’esecuzione delle commesse tra persone in stato di bisogno, del quale approfittavano per sottoporli a condizioni di sfruttamento. In particolare: retribuivano i lavoratori per venti ore di lavo settimanali facendo loro svolgere in concreto turni orari giornalieri in misur «almeno tripla rispetto a quella contrattualmente prevista»; li privavano del riposo giornaliero e settimanale e delle ferie facendoli lavorare «dalle tredici alle quindi ore consecutive giornaliere, in tutti i giorni della settimana, senza alcu riconoscimento di giorni di lavoro non retribuiti»; li impiegavano in condizioni lavorative contrastanti con la normativa igienico sanitaria e di prevenzione antinfortunistica; li alloggiavano «in minuscoli locali fatiscenti ricavati all’in della azienda». Il sequestro preventivo la cui esecuzione è oggetto del presente ricorso è stato disposto ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
L’art. 603 bis.2 cod. pen. prevede, infatti, la confisca obbligatoria «delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato» di cui all’art. 603 bis cod. pen. e «delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto o il profitto salvo ch appartengano a persona estranea al reato»; prevede, inoltre, che, «ove la confisca diretta non sia possibile», debba essere disposta «la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità, anche indirettamente o per interposta persona, per un valore corrispondente al prodotto, prezzo o profitto del reato».
2.1. Come emerge dall’ordinanza impugnata e dai motivi di ricorso, il sequestro preventivo fu disposto dal Giudice per le indagini preliminari in data 28 novembre 2023:
per la ditta «RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE», «fino alla concorrenza della somma di C 1.248.800» costituente il «profitto del reato contestato» e «fino alla concorrenza della somma di C 4.067.972,95» costituente il «prodotto del reato contestato»;
per la «RAGIONE_SOCIALE», «fino alla concorrenza della somma di 4.774.671,10» costituente il «prodotto del reato contestato»;
Oltre al sequestro finalizzato alla confisca diretta, fu disposto, in subordine (con riferimento al caso in cui la confisca diretta fosse risultata impossibile), sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente «dei saldi attivi dei conti bancari, conti titoli e depositi postali e bancari di qualunque natura, prezios e di ogni altro bene mobile, anche registrato, nonché dei beni immobili rivenuti nella disponibilità diretta o indiretta degli indagati» – e tra questi di COGNOME e NOME COGNOME fino alla concorrenza delle somme sopra indicate.
Il 22 gennaio 2023 il Tribunale di Bologna, adito ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen., annullò il decreto di sequestro preventivo limitatamente alla posizione di NOME COGNOME disponendo «il dissequestro e la restituzione alla predetta di quanto sottoposto a vincolo reale in forza del suddetto decreto, se non in sequestro per altra causa». Tra questi beni vi era il complesso aziendale della «RAGIONE_SOCIALE» (società della quale NOME COGNOME è amministratrice unica) e, quindi, dell’opifici dei macchinari, dei capi di abbigliamento ivi contenuti oltre che dei conti correnti intestati alla società. Il Pubblico Ministero eseguì il provvedimento di restituzione in favore di NOME COGNOME ma rilevò che la società era amministrata di fatto anche dal marito di lei, NOME COGNOME nei confronti del quale il provvedimento di sequestro del 28 novembre 2023 era stato confermato. Dispose dunque che, in esecuzione di quel provvedimento, l’azienda, gli immobili e i conti correnti intestati alla «Bol Sala Taglio RAGIONE_SOCIALE, restituiti a NOME COGNOME fossero sottoposti a sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente a carico di NOME COGNOME amministratore di fatto della società.
Contro questo provvedimento il difensore di NOME COGNOME ha proposto incidente di esecuzione osservando che il sequestro è stato disposto per la ritenuta sussistenza del fumus commissi delicti derivante dall’attribuzione all’indagato e alla moglie della qualifica di «amministratori di fatto» della «RAGIONE_SOCIALE Sun Shaoua» e nulla consente di affermare che NOME COGNOME fosse amministratore di fatto della «RAGIONE_SOCIALE», amministrata da NOME COGNOME nei confronti della quale il provvedimento di sequestro preventivo è stato annullato. Con
l’ordinanza oggetto del presente ricorso il Giudice per le Indagini preliminari del Tribunale di Bologna ha respinto l’incidente di esecuzione.
Contro questa ordinanza, il difensore di NOME COGNOME ha proposto tempestivo ricorso articolandolo in due motivi che possono essere esposti congiuntamente (nei limiti strettamente necessari alla decisione come previsto dall’art. 173, comma 1, d.lgs. 28 luglio 1989 n. 271) avendo entrambi ad oggetto violazione di legge per essere stato attribuito a NOME COGNOME il ruolo di amministratore di fatto della «RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE» in assenza di elementi indiziari in tal senso e sulla base di una motivazione apparente.
Dopo aver illustrato la vicenda cautelare, la difesa ricorda che le misure cautelari reali hanno una funzione strumentale all’esecuzione del provvedimento definitivo e presuppongono la sussistenza del fumus commissi delicti. Rileva che NOME COGNOME è stato ritenuto gravemente indiziato del reato di cui all’art. 603 bis cod. pen. quale amministratore di fatto della «RAGIONE_SOCIALE Shun Shaoua» e non quale amministratore di fatto della «RAGIONE_SOCIALE» e osserva che, con riferimento a quest’ultima ipotizzata qualifica, non sussiste il fumus del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Il difensore del ricorrente sottolinea: che la «RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE» non risulta coinvolta nella commissione del reato per cui si procede; che l’azienda, i macchinari e i conti correnti intestati a questa società sono stati sottoposti a sequestro preventivo ai soli fini della confisca per equivalente del profitto e del prodotto del reato, perché amministratore unico della stessa è NOME COGNOMEindagata nel procedimento); che il Tribunale per il riesame ha escluso, per questa indagata, la sussistenza del fumus del reato; che, pur restituendo formalmente i beni sequestrati a NOME COGNOME il Pubblico Ministero li ha sequestrati a carico di NOME COGNOME attribuendo anche a lui la disponibilità di quei beni, quale amministratore di fatto della «Bold Sala Taglio»; che il Giudice dell’esecuzione ha confermato questo provvedimento senza spiegare sulla base di quali elementi, rilevanti ai sensi dell’art. 2639 cod. civ., sarebbe possibile affermare che NOME COGNOME ha svolto nella «Bold Sala Taglio» un’attività gestoria non episodica e non occasionale tale da consentire di ipotizzare un ruolo di amministratore di fatto.
A sostegno di tali argomentazioni, la difesa del ricorrente osserva: che, nel corso delle indagini, la Guardia di Finanza non ha eseguito alcun controllo sull’attività svolta dalla «Bold Sala Taglio» e, pertanto, le indagini svolte no possono aver fornito argomenti a sostegno della attribuzione a NOME COGNOME del ruolo di amministratore di fatto di questa società. Rileva, inoltre, che non emerge dalle indagini – e comunque non è stato evidenziato nel provvedimento impugnato – che vi fosse una «simbiosi commerciale» tra la «RAGIONE_SOCIALE» e la «RAGIONE_SOCIALE
di NOME COGNOME. Sottolinea che, in tesi accusatoria, solo quest’ultima società assumeva e impiegava manodopera sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento e approfittando del loro stato di bisogno.
In sintesi: la difesa si duole che l’attribuzione a NOME COGNOME del ruolo di amministratore di fatto della «RAGIONE_SOCIALE» sia comparsa per la prima volta nel provvedimento impugnato. In tesi difensiva, si tratta di un’affermazione apodittica che l’ordinanza impugnata ha illogicamente collegato alla formulazione della imputazione, nella quale non v’è riferimento alcuno alla «RAGIONE_SOCIALE».
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato. Rileva il PG che la motivazione è carente «- al limite dell’inesistenza -» riguardo alla attribuzione al ricorrente del ruolo di amministratore di fatto della Bold COGNOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.
Si deve premettere che, per quanto riguarda la posizione di Zhou COGNOME, il sequestro preventivo a fini di confisca per equivalente è stato confermato dal Tribunale per il riesame con ordinanza del 22 gennaio 2023 e l’ordinanza oggetto del presente ricorso non riguarda la sussistenza del fumus del reato e del periculum in mora che costituiscono i presupposti per l’adozione della cautela reale – bensì le modalità di esecuzione del provvedimento cautelare con riferimento ai beni dei quali Zhou COGNOME ha disponibilità «diretta o indiretta». Il ricorrente si duole, infatti, che siano stati sottoposti a sequestro ai fini confisca per equivalente beni appartenenti alla moglie attribuendone anche a lui la disponibilità quale amministratore di fatto della «RAGIONE_SOCIALE» qualifica che non gli era mai stata attribuita in precedenza.
Questa premessa rende evidente che, per risolvere la questione controversa, non ci si deve interrogare sulla sussistenza del fumus commissi delicti.
Ne consegue che il ricorso non coglie nel segno quando sottolinea che NOME COGNOME non è gravemente indiziato del reato di cui agli artt. 110, 603 bis cod. pen. quale amministratore di fatto della «RAGIONE_SOCIALE», bensì quale amministratore di fatto della «RAGIONE_SOCIALE Sun Shaoua».
Ed invero: in presenza del fumus del reato di cui all’art. 603 bis cod. pen. (facendo applicazione dell’art. 603 bis.2 cod. pen.), il decreto di sequestro preventivo ha stabilito che, risultata impossibile la confisca delle cose utilizzat per la commissione del reato o destinate a commetterlo e delle cose che ne sono
il prezzo, il prodotto o il profitto, fossero sequestrati a fini di confisc equivalente, i beni dei quali gli indagati avessero la disponibilità, «anche indirettamente o per interposta persona» fino a concorrenza del valore corrispondente al prodotto o al profitto del reato; tra gli indagati vi è NOME COGNOME e con riferimento alla sua persona il decreto di sequestro è stato confermato; il sequestro della «Bold Sala Taglio» non è stato eseguito perché l’azienda era coinvolta nella consumazione del reato, ma perché l’indagato, quale amministratore di fatto, ne aveva la disponibilità.
Da quanto esposto emerge che, per porre sotto sequestro l’azienda denominata «RAGIONE_SOCIALE», gli immobili, i macchinari, i capi di abbigliamento di proprietà della stessa e i conti correnti ad essa intestati, non era necessario verificare se questa società fosse collegata alla «RAGIONE_SOCIALE Sun Shaoua» i cui titolari (di fatto o di diritto), in tesi accusatoria, avevano approfittato dello st bisogno dei lavoratori impiegati per sottoporli a condizioni di sfruttamento. Nondimeno, per poter eseguire il sequestro su quei beni a carico di NOME COGNOME, era necessario aver accertato che la «RAGIONE_SOCIALE» fosse, direttamente o per interposta persona, nella disponibilità di questo indagato.
Si è già riferito che, in un primo momento, i beni in parola erano stati sequestrati a carico di NOME COGNOME, moglie del ricorrente e amministratrice di diritt della s.RAGIONE_SOCIALE. «RAGIONE_SOCIALE». Il sequestro era stato possibile perché anche NOME COGNOME è indagata nel procedimento e anche nei suoi confronti era stato ritenuto sussistente il fumus del reato di cui agli artt. 110, 603 bis cod. pen. essendole stato attribuito il ruolo di «co-amministratrice di fatto» della «RAGIONE_SOCIALE». Per questa parte il decreto di sequestro è stato annullato dal Tribunale per il riesame e, di conseguenza, è stata disposta la restituzione a NOME COGNOME dei beni a lei intestati. Nel dare esecuzione all’ordinanza del Tribunale, il Pubblico Ministero ha ritenuto che i beni di cui si tratta fossero, in concreto, nella disponibilità di Zhou Shangwe e, pertanto, pur avendoli formalmente restituiti a NOME COGNOME, ha mantenuto il vincolo reale su quei beni in funzione della confisca per equivalente, comunque possibile a carico del coindagato.
Secondo l’ordinanza impugnata, l’operato del Pubblico Ministero non è censurabile perché «la lettura del capo d’accusa rende chiaramente conto degli esiti delle indagini, nelle quali è emerso che presso la RAGIONE_SOCIALE erano svolte lavorazioni illegali per alcuni clienti e che COGNOME, che era amministratore di fatt della RAGIONE_SOCIALE, ha svolto attività di gestione rilevante anche per la RAGIONE_SOCIALE». Così argomentando, l’ordinanza afferma che NOME COGNOME era amministratore di fatto, oltre che della «RAGIONE_SOCIALE», anche della «Bold Sala COGNOME», ma non spiega le
ragioni di tale affermazione se non facendo riferimento alla «lettura del capo d’accusa», nel quale, tuttavia, non v’è riferimento alcuno alla «Bold Sala Taglio» né al ruolo che, in quella società, Zhou COGNOME avrebbe rivestito.
A fronte di un incidente di esecuzione nel quale ci si doleva che il Pubblico Ministero avesse attribuito a NOME COGNOME il ruolo di amministratore di fatto della «Bold» senza fornire di ciò alcuna motivazione, il Giudice dell’esecuzione si è limitato a confermare questo ruolo richiamando il contenuto del capo di imputazione che, sul punto, è silente. Ha sostenuto, dunque, che l’odierno ricorrente aveva la concreta disponibilità della «Bold Sala Taglio» e dei conti correnti alla stessa intestati senza spiegare le ragioni di questa affermazione.
Il vizio di motivazione è tale da tradursi in violazione di legge. Sono compresi, infatti, in tale nozione, «sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice» (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692)
Per quanto esposto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Bologna.
Il Giudice del rinvio dovrà chiarire le ragioni che, al di là del rapporto coniugio, consentono di attribuire a NOME COGNOME il ruolo di amministratore di fatto della «RAGIONE_SOCIALE e la disponibilità dei beni alla stessa intesta Non potrà ignorare, inoltre, il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite questa Corte con riferimento alla confisca per equivalente del profitto di un reato attribuito in concorso a più persone. Ed invero, come risulta dall’avviso di decisione relativo al proc. n. 31775/23, all’udienza del 26 settembre 2014 le Sezioni Unite hanno affermato che: «In caso di concorso di persone nel reato, esclusa ogni forma di solidarietà passiva, la confisca è disposta nei confronti del singolo concorrente limitatamente a quanto dal medesimo concretamente conseguito. Il relativo accertamento è oggetto di prova nel contraddittorio fra le parti. Solo in caso di mancata individuazione della quota di arricchimento del singolo concorrente, soccorre il criterio della ripartizione in parti uguali». Hanno ritenuto, inoltre, tali principi debbano operare anche «in caso di sequestro finalizzato alla confisca per il quale l’obbligo motivazionale del giudice va modulato in relazione allo sviluppo della fase procedimentale e agli elementi acquisiti».
(u)
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Bologna.
Così deciso il 26 novembre 2024
Il Consiglier estensore
Il Psdnte