Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23657 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 5 Num. 23657 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/09/2024 della CORTE D’APPELLO DI PALERMO Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Palermo, con la sentenza del 24 settembre 2024, depositata il 19 dicembre 2024, confermava la decisione del Tribunale palermitano limitatamente alla responsabilità di NOME COGNOME per i soli reati di bancarotta fraudolenta societaria patrimoniale e documentale, rideterminando la pena.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME risulta articolato in due motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, rappresentando che la sentenza impugnata non abbia fatto buon governo dei principi in tema di amministratore di fatto, qualità attribuita al ricorrente, non dando conto delle ragioni per le quali sussisterebbe tale qualità, risultando le condotte contestate di pertinenza esclusiva dell’amministratore di diritto, madre dell’attuale ricorrente nelle more deceduta.
Il secondo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alle circostanze attenuanti generiche, negate con motivazione apparente.
Il ricorso è da trattare ai sensi dell’art. 610, comma 5 -bis , cod. proc. pen, per le ragioni che seguono.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto tardivo.
La sentenza impugnata risultava pronunziata il 24 settembre 2024, depositata il 19 dicembre 2024, quindi nel termine di 90 giorni ex art. 544, comma 3, cod. proc. pen., come indicato in dispositivo.
Il termine di deposito dell’impugnazione andava a scadere, tenuto conto dell’aggiunta dei 15 giorni per l’assenza dell’imputato ex art. 585, comma 1 -bis , cod. proc. pen. – quindi del termine complessivo di 60 giorni – il 21 febbraio 2025. Il ricorso invece è stato depositato in data 9 aprile 2025, quindi tardivamente.
Per altro va anche evidenziato che il primo motivo di ricorso è aspecifico, in quanto in ordine alla qualità di amministratore di fatto la sentenza impugnata chiarisce che COGNOME, già amministratore di diritto fino al 20 maggio 2014, aveva continuato a svolgere tali funzioni, per quanto riferito dai creditori della s ocietà, che si interfacciavano comunque con l’imputato quanto ai rapporti commerciali con la fallita. La Corte di merito chiariva che l’imputato svolgeva tale funzione in co-gestione con la madre, amministratrice di diritto.
Con tale motivazione non si confronta il motivo di ricorso che è pertanto aspecifico, come anche corretta è la motivazione che risponde ai principi per cui la Corte di appello abbia fatto buon governo dei principi costanti in giurisprudenza per cui ai fini dell’attribuzione della qualifica di amministratore “di fatto” è necessaria la presenza di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società, quali i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare ed il relativo accertamento costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione (Sez. 5, n. 45134 del 27/06/2019 – dep. 06/11/2019, Bonelli, Rv. 27754001).
Inoltre, quanto al profilo della esclusività delle funzioni, in tema di reati fallimentari, la previsione di cui all’art. 2639 cod. civ. non esclude che l’esercizio dei poteri o delle funzioni dell’amministratore di fatto possa verificarsi in concomitanza con l’esplicazione dell’attività di altri soggetti di diritto, i quali – in tempi successivi o anche contemporaneamente – esercitino in modo continuativo
e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione (Sez. 5, n. 12912 del 06/02/2020, COGNOME, Rv. 279040 -01).
Infine, deve anche rilevarsi come anche manifestamente infondato è l’argomento per cui la tenuta delle scritture contabili e la distrazione dalle casse sociali non attenga ai compiti dell’amministratore di fatto, perché chi ricopre le funzioni di amministrazione, di fatto e anche in via non esclusiva, ha comunque il dovere di adempiere agli obblighi nell’interesse della società: infatti in base alla disciplina dettata dall’art. 2639 cod. civ., l’ amministratore “di fatto” di una società è da ritenere gravato dell’intera gamma dei doveri cui è soggetto l’amministratore “di diritto”, per cui, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, è penalmente responsabile per tutti i comportamenti a quest’ultimo addebitabili, anche nel caso di colpevole e consapevole inerzia a fronte di tali comportamenti, in applicazione della regola dettata dall’art. 40, comma secondo, cod. pen.( Sez. 5, n. 26542 del 19/03/2014, Riva, Rv. 250844; Sez. 5, n. 15065 del 02/03/2011, Rv. 250094).
Ne consegue l’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. (come modificato ex L. 23 giugno 2017, n. 103), al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23/05/2025