Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 14213 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 14213 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. 2120 sez.
NOME COGNOME
U.P. – 17/12/2024
NOME COGNOME
R.G.N. 17916/2024
NOME COGNOME
NOME COGNOME Relatore –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Ispica il 09-10-1949, avverso la sentenza del 27-09-2023 della Corte di appello di Catania; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 27 settembre 2023, la Corte di appello di Catania confermava la decisione resa dal Tribunale di Ragusa il 22 novembre 2019, con la quale NOME COGNOME riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva reiterata e infraquinquennale, era stato condannato alla pena di anni 2 di reclusione, in quanto ritenuto colpevole dei reati di cui agli art. 5 (capo A) e 10 (capo B) del d. lgs. n. 74 del 2000, reati a lui ascritti quale amministratore di fatto della ditta individuale di NOME COGNOME i fatti risultano realizzati in Ispica, il primo (art. 5, capo A) , rispetto all’anno di imposta 2010 e, il secondo (art. 10, capo B), in data anteriore e prossima al 2 febbraio 2016.
Avverso la sentenza della Corte di appello etnea, COGNOME tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi.
Con il primo, la difesa contesta , sotto il profilo dell’inosservanza della legge penale, la conferma del giudizio di responsabilità del ricorrente, evidenziando che i giudici di merito hanno omesso di considerare che NOME aveva di fatto ceduto l’azienda ai figli NOME e NOME, anche se l’intestazione era riferita alla sola figlia maggiorenne NOME, essendo rimaste ignorate le dichiarazioni dei testi, i quali hanno riferito di aver trattato solo con la figlia dell’imputato; doveva quindi escludersi ogni finalità di evadere il Fisco, essendo al più ravvisabile solo un disordine organizzativo ascrivibile all’instabilità psichica della titolare dell’azienda .
Con il secondo motivo, è stato infine eccepito il difetto di motivazione della sentenza impugnata rispetto alla deduzione difensiva con cui era stata invocata l’esimente della causa di forza maggiore ricollegabile alla crisi economica dell’azienda, avendo i giudici di merito indebitamente criminalizzato il comportamento di un imputato-genitore che si è fatto carico di dare una mano ai propri figli, mettendo a disposizione la propria esperienza, nell’estremo tentativo di evitare il tracollo definitivo della sua piccola attività commerciale.
Dopo essere stato assegnato alla Settima Sezione Penale, il ricorso, all’udienza del 13 settembre 2024, veniva assegnato a questa Sezione per l’odierna udienza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Iniziando dal primo motivo, occorre evidenziare che il giudizio circa l’ascrivibilità all’imputato dei fatti contestati non presenta alcun vizio di legittimità. Deve premettersi al riguardo che non è contestata la sussistenza dei reati dal punto di vista oggettivo, essendo emerso in maniera pacifica, alla luce degli esiti
della verifica fiscale condotta nel 2016 dagli operanti della Guardia di Finanza di Pozzallo, che la ditta individuale di NOME COGNOME, impegnata nel commercio di autoveicoli, non solo ha omesso di presentare la dichiarazione ai fini delle imposte dirette rispetto all’anno 2010, evadendo così l’irpef per l’importo di euro 68.764, ma ha anche occultato o distrutto le scritture contabili dell ‘impresa , in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume di affari.
Il tema controverso riguarda piuttosto l’ attribuzione dei fatti a NOME COGNOME. La questione è stata invero adeguatamente affrontata dalla Corte di appello, che, sviluppando ulteriormente le già pertinenti considerazioni espresse dal Tribunale, ha evidenziato che l’imputato ha agito come amministratore di fatto della ditta di cui la figlia NOME era solo titolare formale, essendo costei non solo inesperta nella vendita delle autovetture, ma anche affetta da condizioni di disabilità psichica indicative di una situazione oggettivamente invalidante che sussisteva anche all’epoca dei fatti; in tal senso sono state ric hiamate dai giudici di merito le dichiarazioni dei testi escussi in dibattimento (tra cui NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME), i quali hanno riferito di aver trattato solitamente l’acquisto di veicoli presso l’autosalone con NOME COGNOME, soggetto esperto nel settore che da sempre si era occupato della ditta, peraltro prima formalmente a lui intestata.
Dunque, il ricorrente, anche dopo l’intestazione della ditta alla figlia, che già si trovava in gravi condizioni di disabilità psichica, ha continuato ad amministrare di fatto l’attività, chiedendo per la vendita dei veicoli pagamenti o in contanti o tramite assegni intestati o a se stesso o alla figlia NOME, senza che rispetto alle operazioni effettuate sia stata rinvenuta alcuna documentazione contabile.
1.1. Orbene, in presenza di elementi fattuali di indubbio spessore probatorio, l’attribuzione a l ricorrente del ruolo di amministratore di fatto dell ‘impresa formalmente rappresentata dalla figlia appare immune da censure, risultando la valutazione dei giudici di merito sorretta da argomentazioni razionali, saldamente ancorate con le acquisizioni probatorie e coerenti con la condivisa affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 5, n. 45134 del 27/06/2019, Rv. 277540 Sez. 3, n. 22108 del 19/12/2014, dep. 2015, Rv. 264009, Sez. 5, n. 35346 del 20/06/2013, Rv. 256534), secondo cui la nozione di amministratore di fatto, introdotta dall’art. 2639 cod. civ., postula l’esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione; nondimeno, significatività e continuità non comportano necessar iamente l’ esercizio di tutti i poteri propri dell’ organo di gestione, ma richiedono l’esercizio di un’ apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico o occasionale. Ciò comporta che la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell’ accertamento di elementi sintomatici dell’ inserimento organico del soggetto con funzioni direttive, in qualsiasi fase della
sequenza organizzativa , produttiva o commerciale dell’ attività della società, quali sono i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di tale attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare, accertamento che costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione, come appunto avvenuto nella vicenda in esame.
1.2. Non può sottacersi peraltro che le censure difensive sollecitano in proposito differenti apprezzamenti di merito, che tuttavia esulano dal perimetro del giudizio di legittimità di legittimità, dovendosi ribadire (cfr. Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601 e Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482) che, in tema di giudizio di cassazione, a fronte di un apparato argomentativo privo di profili di irrazionalità, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito.
Di qui l’infondatezza delle censure difensive sul punto.
Alla medesima conclusione deve pervenirsi rispetto al secondo motivo. Circa l’impa tto della crisi di impresa evocata dalla difesa rispetto ai fatti di causa, deve infatti osservarsi che, se è vero che la questione non è stata approfondita dalla Corte territoriale, è altrettanto innegabile che il tema era stato dedotto in termini generici e assertivi nell’atto di appello, nel quale era sì stato invocato lo stato di necessità di cui all’art. 45 cod. pen., ma senza nessun aggancio a elementi concreti, essendo stata richiamata, in maniera aspecifica, ‘la crisi economico -finanziaria che ha co lpito il settore automobilistico a partire dagli anni 2008’ .
Il presunto dissesto economico della ditta non è stato dunque in alcun modo contestualizzato né rispetto alla sua entità, né in ordine alle sue cause reali, né in relazione alla sua epoca di insorgenza, né tantomeno con riferimento alle eventuali iniziative assunte dall’impresa per contenere gli effetti della crisi finanziaria, per cui la doglianza sollevata dall’appellante era inammissibile perché palesemente generica, il che rende non censurabile il silenzio argomentativo della sentenza impugnata sul punto, dovendosi in proposito richiamare il principio elaborato da questa Corte (cfr. Sez. 5, n. 44201 del 29/09/2022, Rv. 283808 e Sez. 3, n. 10709 del 25/11/2014, dep. 2015, Rv. 262700), secondo cui il difetto di motivazione della sentenza di appello in ordine a motivi generici, proposti in concorso con altri motivi specifici, non può formare oggetto di ricorso per cassazione, poiché i motivi generici restano viziati da inammissibilità originaria, quand ‘ anche il giudice dell ‘ impugnazione non abbia pronunciato in concreto tale sanzione.
Anche in tal caso, quindi, non vi è spazio per l’accoglimento della censura difensiva, invero formulata in termini non specifici anche nell’odiern o ricorso.
3 . Alla stregua di tali considerazioni, il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME deve essere quindi rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 17.12.2024
Il consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME