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Amministratore di fatto: responsabilità e limiti

Un imprenditore è stato condannato come amministratore di fatto di una società fallita per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. La Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità per la distrazione dei beni, riconoscendo il suo ruolo dominante, ma ha annullato la condanna per la bancarotta documentale. La motivazione sulla sua effettiva responsabilità nella sparizione delle scritture contabili è stata ritenuta insufficiente, rinviando il caso alla Corte d’Appello per una nuova valutazione su questo specifico punto.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Amministratore di Fatto: Quando Risponde per Bancarotta? L’Analisi della Cassazione

La figura dell’amministratore di fatto è centrale nel diritto penale societario, sollevando complesse questioni sulla sua responsabilità in caso di fallimento. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 37091/2025) offre un’analisi dettagliata, distinguendo nettamente tra la responsabilità per la distrazione di beni e quella per l’occultamento della contabilità. La Corte conferma che chi gestisce un’azienda nell’ombra risponde delle sue azioni, ma ribadisce la necessità di una prova rigorosa per ogni specifica accusa.

I Fatti del Caso: La Gestione Occulta e il Fallimento

Il caso riguarda il fallimento di una società a responsabilità limitata. Le indagini rivelano che, sebbene vi fosse un amministratore regolarmente nominato (amministratore di diritto), la gestione effettiva era nelle mani di un altro soggetto, il ricorrente, qualificabile come amministratore di fatto. Quest’ultimo avrebbe orchestrato un’operazione di svuotamento del patrimonio aziendale, trasferendo un ramo d’azienda di valore a un’altra società a lui riconducibile, senza che venisse corrisposto alcun prezzo. Questa manovra ha privato la società delle sue risorse, conducendola al fallimento.

Oltre alla distrazione patrimoniale, all’imputato veniva contestata la bancarotta documentale, per aver sottratto o occultato le scritture contabili, impedendo così la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.

Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Sia in primo grado che in appello, l’imprenditore veniva condannato per entrambi i reati. I giudici di merito ritenevano provato il suo ruolo di dominus, basandosi su vari elementi, tra cui le dichiarazioni del coimputato (l’amministratore di diritto).

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando diversi punti:
1. Errata qualifica: Sosteneva che non vi fossero prove sufficienti per qualificarlo come amministratore di fatto.
2. Bancarotta documentale: Negava un suo coinvolgimento nella sparizione dei libri contabili.
3. Altri vizi: Lamentava vizi nella determinazione della pena e nel mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’amministratore di fatto

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso, offrendo una decisione divisa che chiarisce importanti principi di diritto.

La Conferma per la Bancarotta Patrimoniale

La condanna per la bancarotta fraudolenta patrimoniale (la distrazione del ramo d’azienda) è stata confermata. La Cassazione ha ritenuto che la motivazione dei giudici di merito fosse logica e ben fondata. Per essere considerati amministratori di fatto, non è necessario esercitare tutti i poteri di gestione, ma è sufficiente svolgere un’attività gestoria significativa e continuativa, che dimostri un inserimento organico nella vita della società.

L’operazione spoliativa, che ha visto il trasferimento del principale asset aziendale a un’altra entità controllata dal ricorrente, è stata considerata la prova regina del suo ruolo dominante. La Corte ha quindi rigettato le censure su questo punto, consolidando la sua responsabilità per aver prosciugato le risorse della società.

L’Annullamento per la Bancarotta Documentale

La vera novità della sentenza risiede nell’annullamento della condanna per la bancarotta documentale. La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello “carente e manifestamente illogica”.

I giudici di secondo grado si erano limitati a sostenere che il curatore fallimentare avesse richiesto invano i documenti contabili all’imputato, senza però indicare le prove concrete che dimostrassero che fosse stato proprio lui ad entrarne in possesso e a sottrarle. In presenza di un amministratore di diritto, la responsabilità per la tenuta e la conservazione delle scritture contabili non può essere automaticamente trasferita all’amministratore di fatto senza una prova specifica.

Inoltre, la Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero omesso qualsiasi argomentazione sul “dolo specifico”, ossia sull’intenzione specifica di recare pregiudizio ai creditori o di procurare un ingiusto profitto, elemento costitutivo essenziale di questo reato.

Le Motivazioni della Sentenza

Alla base della decisione vi sono principi giuridici fondamentali. La responsabilità penale è personale e richiede una prova rigorosa di ogni elemento del reato, sia oggettivo che soggettivo. Se per la distrazione di beni l’azione stessa dell’imputato provava il suo ruolo e la sua volontà, per l’occultamento dei documenti era necessario un passaggio logico in più: dimostrare chi, tra l’amministratore di fatto e quello di diritto, avesse materialmente la disponibilità delle scritture e avesse deciso di farle sparire. La sentenza d’appello non aveva colmato questo vuoto probatorio, limitandosi a una deduzione priva di adeguato supporto.

La Corte ha quindi annullato la sentenza su questo punto con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello, che dovrà riesaminare l’accusa di bancarotta documentale e, di conseguenza, ricalcolare l’intera pena, tenendo conto anche delle circostanze attenuanti.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ribadisce un concetto cruciale: essere l’amministratore di fatto di una società comporta l’assunzione di tutte le responsabilità gestionali, inclusa quella penale per le operazioni che danneggiano l’impresa e i suoi creditori. Tuttavia, la colpevolezza non può essere presunta. Per reati specifici come la bancarotta documentale, l’accusa deve provare concretamente non solo il ruolo di dominus, ma anche la specifica condotta di sottrazione o occultamento e il dolo specifico che l’ha animata. Una lezione di garantismo che impone ai giudici di motivare in modo approfondito ogni aspetto della responsabilità penale, evitando automatismi e affermazioni non supportate da prove concrete.

Quando una persona può essere considerata ‘amministratore di fatto’ di una società?
Secondo la sentenza, non è necessario che eserciti tutti i poteri tipici della gestione. È sufficiente che svolga un’attività gestoria significativa e continuativa, anche solo in specifici settori, tale da dimostrare un suo organico inserimento nell’assetto societario.

L’amministratore di fatto risponde sempre della sparizione dei libri contabili (bancarotta documentale)?
No, non automaticamente. Risponde solo se viene fornita la prova rigorosa che egli avesse la concreta disponibilità delle scritture contabili e che le abbia sottratte con lo specifico scopo di recare pregiudizio ai creditori. La sua colpevolezza non può essere presunta solo dal suo ruolo, specialmente in presenza di un amministratore di diritto.

La testimonianza di un coimputato può essere usata per condannare l’amministratore di fatto?
Sì. La Corte ha chiarito che le dichiarazioni rese da un soggetto quando rivestiva ancora la qualifica di ‘persona informata sui fatti’ e non di indagato, sono pienamente utilizzabili nel processo senza la necessità di riscontri esterni, anche se in seguito tale soggetto assume la veste di coimputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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