Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7365 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5   Num. 7365  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME BRUGHERIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/11/2022 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO COGNOME, il quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso udito l’AVV_NOTAIO COGNOME, il quale si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l’accoglimento dello stesso.
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Ritenuto in fatto
Con sentenza del 18 novembre 2022 la Corte d’appello di Milano, salvo rideterminare in melius il trattamento sanzioNOMErio irrogato a NOME COGNOME, a NOME COGNOME e ad NOME COGNOME e concedere la sospensione condizionale della pena agli ultimi due (non ricorrenti in cassazione), ha confermato la decisione di primo grado, quanto all’affermazione di responsabilità dei tre imputati in relazione ai reati di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale loro contestati, quali amministratori, prima di diritto e poi di fatto, della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita in data 18 luglio 2013.
Nell’interesse del solo NOME COGNOME è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo si lamenta violazione di legge, per avere la Corte territoriale attribuito al ricorrente il ruolo di amministratore di fatto valorizzando indici fattuali inidonei a dimostrare i requisiti richiesti dall’ari:. 2639 cod. ci Secondo il ricorso, tali non sono il semplice fatto di impartire ordini ai dipendenti, ben potendo gli stessi tradursi in indicazioni operative non espressive di poteri gestori, al pari della circostanza che qualche dipendente, peraltro genericamente riferendosi ai “COGNOME“, avesse dichiarato di essersi rivolto a questi ultimi per ogni questione concernente le proprie mansioni o che i tre imputati fossero presenti “alle riunioni”. Si aggiunge: a) che la teste COGNOME aveva chiarito che era NOME COGNOME ad occuparsi di amministrazione, in tal modo rendendo non significativa, ai fini che qui rilevano, la presenza del fratello NOME; b) che, del pari, non rilevante era la mera disponibilità dei conti correnti, peraltro ricondotta dai giudici di merito al fatto che i fratelli COGNOME fossero soci e comunque, per quanto riguarda il ricorrente, non dimostrata nel corso del processo, come confermato dal fatto che nel capo di imputazione non gli veniva attribuita alcuna condotta distrattiva.
2.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali, sempre con riferimento all’attribuzione al ricorrente del ruolo di amministratore di fatto, aggiungendo alle considerazioni sopra riassunte: a) che la Corte territoriale non aveva illustrato per quale ragione avesse ritenuto irrilevante il c:ontributo fornito alla gestione societaria da parte di NOME COGNOME, nonostante non fosse necessaria, in una società di piccole dimensioni a conduzione familiare, la presenza di tre amministratori; b) che le dichiarazioni del teste COGNOME, quanto al fatto che i fratelli COGNOME dirigessero la società, impartendo quotidianamente le direttive, non avevano trovato riscontro nell’istruttoria dibattimentale, tanto
più che il primo si era riferito ai COGNOME come ai “soci”; c) che anche gli altri testi avevano indicati i COGNOME come soci; d) che non erano stati individuati concreti comportamenti rivelatori dell’esercizio di funzioni gestorie, soprattutto alla luce del fatto che la motivazione della sentenza non si era impegnata nel distinguere la posizione dei vari imputati.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
All’udienza del 16 novembre 2023 si è svolta la discussione orale.
Considerato in diritto
I due motivi di ricorso sono esaminabili congiuntamente per la loro stretta connessione logica, in quanto affrontano, nella distinta prospettiva della violazione di legge e dei vizi motivazionali, la medesima questione dell’attribuzione al COGNOME del ruolo di amministratore di fatto.
Essi sono, nel loro complesso, infondati.
In punto di diritto, occorre premettere che, secondo la ferma e condivisa giurisprudenza di questa Corte, ai fini dell’attribuzione della qualifica di amministratore “di fatto” è necessaria la presenza di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società, quali i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare ed il relativo accertamento costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione (v., ad es., Sez. 5, n. 45134 del 27/06/2019, COGNOME, Rv. 277540 – 01; Sez. 5, n. 8479 del 28/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269101 0). Questa Corte, nella stessa linea argomentativa, ha da tempo sottolineato, al riguardo, che significatività e continuità dello svolgimento di Funzioni gestorie non comportano necessariamente l’esercizio di tutti i poteri propri dell’organo di gestione, ma richiedono un’attività svolta in modo non episodico o occasionale (Sez. 5, n. 35346 del 20/06/2013, Tarantino, Rv. 256534 – 01).
In tale prospettiva ricostruttiva, va certamente condiviso l’orientamento che esclude la riproposizione di scorciatoie argomentative che tornino a valorizzare
dati isolati e non correlati dai giudici di merito alla concreta realtà imprenditoriale della quale si tratta.
Quest’ultima puntualizzazione spiega, ad es., per quale ragione, la prova della posizione di amministratore di fatto di una società operante al di fuori dell’oggetto sociale, utilizzata, dall’insorgere del dissesto e fino alla dichiarazione di fallimento, come “schermo” per compiere condotte truffaldine finalizzate al reperimento di risorse poi distratte, si traduce in quella del ruolo di ideatore e organizzatore dell’indicato sistema fraudolento, atteso che ricm è ipotizzabile l’accertamento di elementi sintomatici di un inserimento organico all’interno di un ente solo formalmente operante (Sez. 5, n. 7824 del 30/111.2022, dep. 2023, Burgese, Rv. 284223 – 01; Sez. 3, n. 20052 del 14/04/2022, COGNOME, Rv. 283202 – 0; Sez. 5, n. 31823 del 06/10/2020, COGNOME, Rv. 279829 – 0).
La necessità di un aggancio concreto ed effettivo alle modalità operative del soggetto imprenditoriale ha condotto questa Corte a ritenere che la qualifica di amministratore di fatto di una società non può trarsi solo dal conferimento di una procura AVV_NOTAIO ad negotia, ma richiede l’individuazione di prove significative e concludenti dello svolgimento delle funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività imprenditoriale, anche a mezzo dell’attivazione dei poteri conferiti con la procura stessa (Sez. 5, n. 4865 del 25/11/2021, dep. 2022, Capece, Rv. 282775 – 01, che ha sottolineato anche la non decisività della mera gestione dei conti correnti).
E, tuttavia, in tale cornice di riferimento – che la Corte territoriale ha mostrato di tenere esattamente presente, valorizzando la pregnanza, ai fini dell’attribuzione della qualifica o della funzione, dei singoli poteri in concreto esercitati (v., ad es., Sez. 2 n. 36556 del 24/05/2022, COGNOME, Rv. 283850 – 0; Sez. 5, n. 27264 del 10/07/2020, Fontani, Rv. 279497 – 01.) -, i giudici di merito, nelle due decisioni conformi, destinate ad integrarsi nel loro apparato motivazionale (v., ad es., Sez. 6, n. 5224 del 02/10/2019, dep. 2020, Acampa, Rv. 278611 – 0), hanno appunto sottolineato il ruolo gestorio del ricorrente, traendolo da una pluralità di dati ricavati dall’istruttoria dibattimentale: a) la natura familiare della società; b) la distinzione di ruoli tra il ricorrente, il quale, differenza di NOME COGNOME, che si occupava prevalentemente del settore amministrativo, era impegNOME nell’attività produttiva (e tanto resta confermato e non smentito dalle dichiarazioni della teste COGNOME che il ricorrente allega al proprio atto di impugnazione) – in tal senso, razionalmente, essendo stato inteso il riferimento all’attività di amministrazione del primo e che solo semplicisticamente può essere interpretato come il riconoscimento di un esclusivo ruolo gestorio, con esclusione di NOME COGNOME -; c) la disponibilità dei conti correnti, affermata dalla sentenza di primo grado e che non
risulta essere stata contestata in appello; d) il ruolo autorevole, ma non esclusivo, del padre NOME.
Il riferimento di alcuni testi alla qualità di soci dei COGNOME – e, per quanto qui rileva, di NOME – non collide affatto con le superiori conclusioni, dal momento che esso vale solo ad esprimere, in una società a ristretta base familiare, come lo stesso ricorrente ammette essere stata quella di cui si tratta, il potere di controllo sull’attività imprenditoriale: in altri termini, si tratta di profilo che non incrina affatto la tenuta logica della motivazione della Corte territoriale.
In tale contesto ricostruttivo, le critiche del ricorrente collidono con il fondamentale canone valutativo che deve guidare il giudice nell’apprezzamento dei risultati probatori, attraverso l’esame di tutti e ciascuno degli elementi processualmente emersi, non in modo parcellizzato e avulso dal AVV_NOTAIO contesto probatorio, verificando se essi, ricostruiti in sè e posti vicendevolmente in rapporto, possano essere ordinati in una costruzione logica, armonica e consonante, che consenta, attraverso la valutazione unitaria del contesto, di attingere la verità processuale, ossia la verità del caso concreto (Sez. 2, n. 32619 del 24/04/2014, COGNOME, Rv. 260071 – 01).
Sotto altro versante, esse aspirano, in termini assertivi, ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie, preclusa in questa sede.
Al riguardo, va ribadito (v., di recente, Sez. 5, n. 17568 del 22/03/2021) che è estraneo all’ambito applicativo dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. ogni discorso confutativo sul significato della prova, ovvero di mera contrapposizione dimostrativa, considerato che nessun elemento di prova, per quanto significativo, può essere interpretato per “brani” né fuori dal contesto in cui è inserito, sicché gli aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi acquisiti attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa.
Sono, pertanto, inammissibili, in sede di legittimità, le censure che siano nella sostanza rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione del risultato probatorio (Sez. 5, n. 8094 del 11/01/2007, COGNOME, Rv. 236540; conf. ex plurimis, Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011, COGNOME, Rv. 250168). Così come sono estranei al sindacato della Corte di cassazione i rilievi in merito al significato della prova ed alla sua capacità dimostrativa (Sez. 5, n. 36764 del 24/05/2006, COGNOME, Rv. 234605; conf., ex plurimis, Sez. 6, n. 36546 del 03/10/2006, Bruzzese, Rv. 235510). Pertanto, il vizio di motivazione deducibile in cassazione consente di verificare la conformità allo specifico atto del processo, rilevante e decisivo, della rappresentazione che di esso dà la motivazione del
provvedimento impugNOME, fermo restando il divieto di rilettura e reinterpretazione nel merito dell’elemento di prova (Sez. :L, n. 25117 del 14/07/2006, COGNOME, Rv. 234167)
Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 16/11/2023