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Amministratore di fatto: quali poteri lo definiscono?

Un imprenditore, condannato per bancarotta fraudolenta, ha contestato in Cassazione la sua qualifica di amministratore di fatto, sostenendo di essersi occupato solo della produzione. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, confermando che per essere considerato amministratore di fatto è sufficiente un coinvolgimento continuo e significativo in un qualsiasi settore strategico dell’azienda, specialmente in un contesto a conduzione familiare. La decisione sottolinea che la valutazione deve basarsi su un insieme di indizi e non su singoli atti isolati.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Amministratore di Fatto: La Cassazione Chiarisce i Criteri

La figura dell’amministratore di fatto è cruciale nel diritto penale societario, poiché estende la responsabilità per reati come la bancarotta fraudolenta a chi, pur senza un’investitura formale, gestisce concretamente un’impresa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi per l’identificazione di tale figura, specialmente all’interno di società a conduzione familiare. La Corte ha chiarito che non è necessario esercitare la totalità dei poteri gestori, ma è sufficiente un ruolo direttivo continuativo in un settore chiave dell’azienda.

Il Fatto: Gestione Familiare e Accusa di Bancarotta

Il caso esaminato riguarda una società a responsabilità limitata, operante nel settore della produzione di cotto, dichiarata fallita. Tre membri della stessa famiglia, padre e due figli, venivano condannati in primo e secondo grado per bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale. Secondo l’accusa, essi avevano agito come amministratori, prima di diritto e poi di fatto, della società fallita. Uno dei figli proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo di non aver mai ricoperto un ruolo gestorio e di essersi limitato a compiti operativi nel settore produttivo, contestando così la sua qualifica di amministratore di fatto.

I Motivi del Ricorso: Quando non si è Amministratore di Fatto?

Il ricorrente basava la sua difesa su due argomenti principali:
1. Violazione di legge: Sosteneva che gli indizi valorizzati dai giudici di merito (come impartire ordini ai dipendenti o essere presente alle riunioni) non fossero sufficienti a dimostrare un effettivo potere gestorio, ma rappresentassero semplici indicazioni operative.
2. Vizi di motivazione: Lamentava che la Corte d’Appello non avesse spiegato perché il suo contributo fosse ritenuto necessario in una piccola società familiare dove il padre e il fratello già ricoprivano ruoli di vertice. Inoltre, evidenziava come le testimonianze lo indicassero come “socio” e non come manager, attribuendo la gestione amministrativa esclusivamente al fratello.

La Decisione della Corte di Cassazione: il ruolo dell’amministratore di fatto

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno riaffermato il principio consolidato secondo cui la qualifica di amministratore di fatto richiede la prova di un “inserimento organico” del soggetto con funzioni direttive in una qualsiasi fase dell’attività aziendale, sia essa produttiva, commerciale o amministrativa. Tale esercizio di potere deve essere significativo e continuativo, non meramente episodico od occasionale.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che la valutazione dei giudici di merito era stata corretta e logicamente argomentata. Non si trattava di analizzare elementi isolati, ma di considerare la pluralità dei dati emersi nel loro complesso. Nello specifico, la motivazione si è basata su quattro pilastri:

1. La natura familiare della società: In contesti a ristretta base familiare, è comune una suddivisione di fatto dei compiti gestionali che non sempre corrisponde a nomine formali.
2. La distinzione dei ruoli: Il ricorrente era attivamente impegnato nel settore produttivo, mentre il fratello si occupava prevalentemente dell’amministrazione. Questa, secondo la Corte, non è una prova a discolpa, ma la dimostrazione di una chiara ripartizione di aree di competenza manageriale.
3. La disponibilità dei conti correnti: Un elemento, affermato in primo grado e non contestato in appello, che indica un potere dispositivo sulle risorse finanziarie della società.
4. Il ruolo autorevole del padre: La presenza del padre non escludeva il ruolo gestorio dei figli, ma si inseriva in un quadro di gestione condivisa.

La Corte ha inoltre specificato che il fatto che alcuni testi si riferissero ai fratelli come “soci” non sminuiva il loro ruolo gestorio, ma, al contrario, esprimeva la percezione del loro potere di controllo sull’attività imprenditoriale. La critica del ricorrente è stata quindi interpretata come un tentativo di sollecitare una nuova e inammissibile valutazione dei fatti in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio: per essere ritenuti responsabili come amministratore di fatto, non è necessario avere il controllo formale o totale della società. È sufficiente esercitare, in modo sistematico e non occasionale, poteri direttivi in un settore strategico dell’impresa. In contesti familiari, dove i ruoli sono spesso fluidi e non formalizzati, l’analisi del giudice deve essere particolarmente attenta al concreto svolgimento dell’attività e all’insieme degli indizi disponibili. Chiunque partecipi attivamente alle decisioni strategiche, anche se limitatamente a un’area specifica come la produzione, può essere chiamato a rispondere delle conseguenze penali della mala gestio societaria.

È sufficiente occuparsi solo del settore produttivo per essere considerato amministratore di fatto?
Sì. Secondo la sentenza, non è necessario esercitare tutti i poteri dell’organo di gestione. Un inserimento organico con funzioni direttive, svolto in modo non occasionale in qualsiasi settore dell’attività (produttivo, commerciale, amministrativo), è sufficiente per qualificare una persona come amministratore di fatto.

In una società a conduzione familiare, quali elementi provano il ruolo di amministratore di fatto?
La Corte ha valorizzato una pluralità di dati: la natura familiare della società, la distinzione di ruoli gestionali tra i fratelli (uno nel settore produttivo, l’altro in quello amministrativo), la disponibilità dei conti correnti e il potere di controllo generale sull’attività imprenditoriale, anche se condiviso con altri familiari.

La testimonianza che indica una persona come “socio” esclude la sua qualifica di amministratore di fatto?
No. La sentenza chiarisce che, in una società a ristretta base familiare, il riferimento alla qualità di “socio” da parte dei testimoni non contrasta con il ruolo di amministratore di fatto. Anzi, può essere interpretato come un’espressione del potere di controllo effettivo sull’attività imprenditoriale esercitato da quella persona.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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