LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Amministratore di fatto: prova e responsabilità penale

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale a carico di un amministratore di fatto. La sentenza chiarisce che per provare tale ruolo sono decisive le funzioni gestorie esercitate in modo continuativo e significativo, come il controllo dei conti bancari e le operazioni dispositive, anche senza un incarico formale. L’occultamento della contabilità, finalizzato a nascondere le distrazioni di beni, integra il dolo specifico del reato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Amministratore di Fatto: la Cassazione sulla Prova e la Responsabilità per Bancarotta

Nel diritto penale societario, la figura dell’amministratore di fatto assume un’importanza cruciale. Si tratta di colui che, pur senza un’investitura ufficiale, gestisce la società, prende decisioni e ne influenza le sorti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 28109/2024) torna su questo tema, delineando con chiarezza i criteri per accertarne la responsabilità, specialmente nei gravi reati di bancarotta fraudolenta. Il principio è chiaro: non conta la forma, ma la sostanza del potere esercitato.

I Fatti del Caso: Gestione Occulta e Distrazione di Fondi

Il caso riguarda un soggetto condannato in primo e secondo grado per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. Secondo l’accusa, egli aveva agito come amministratore di fatto di una S.r.l., poi dichiarata fallita. Dal 2013 fino al fallimento nel 2017, aveva sistematicamente distratto fondi dai conti correnti della società.

Le operazioni avvenivano tramite bonifici a favore di se stesso, della moglie e di un’altra società a lui riconducibile. Tali prelievi, secondo i giudici di merito, erano privi di qualsiasi giustificazione contabile e avevano contribuito a depauperare il patrimonio aziendale, danneggiando i creditori. L’imputato, inoltre, non aveva tenuto regolarmente le scritture contabili, rendendo impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.

I Motivi del Ricorso e la Difesa dell’Imputato

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su diverse argomentazioni:

1. Vizio procedurale: Sosteneva che il giudizio d’appello fosse nullo perché la Corte non aveva accolto l’istanza di rinvio per legittimo impedimento del suo difensore, nonostante fosse l’unico ad aver ricevuto uno specifico mandato per l’impugnazione.
2. Carenza di prova: Contestava il suo ruolo di amministratore di fatto, sostenendo che le prove, in particolare le dichiarazioni di un coimputato, non fossero attendibili e che mancassero elementi sintomatici di un suo inserimento organico nella gestione aziendale.
3. Insussistenza del dolo specifico: Per la bancarotta documentale, negava la sussistenza del dolo specifico, ovvero l’intenzione di recare pregiudizio ai creditori, affermando che la società non aveva beni da occultare.

Le Motivazioni della Corte: Come si Prova il Ruolo dell’Amministratore di Fatto

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi di ricorso, fornendo importanti chiarimenti. In primo luogo, ha escluso il vizio procedurale, affermando che la nomina di un difensore per l’impugnazione non revoca implicitamente il mandato conferito a un altro legale in precedenza. La difesa, quindi, era pienamente garantita.

Nel merito, la Corte ha confermato la solidità dell’impianto accusatorio. La qualifica di amministratore di fatto non deriva da un titolo formale, ma dall’esercizio concreto di poteri gestori. La Corte ha sottolineato che la prova di tale ruolo si fonda su elementi quali:

* Significatività e continuità dell’attività gestoria: L’ingerenza nella gestione non deve essere episodica o occasionale, ma deve manifestarsi in modo continuativo.
Controllo delle risorse finanziarie: La delega a operare sui conti correnti, specialmente con modalità avanzate come l’home banking*, e la determinazione di ingiustificate fuoriuscite di denaro sono indici probatori di assoluto rilievo.
* Assunzione di decisioni strategiche: L’amministratore di fatto è colui che, di fatto, prende le decisioni che modellano la vita dell’impresa.

Nel caso specifico, l’imputato aveva pieno controllo dei rapporti bancari, determinando le distrazioni patrimoniali. Questo, secondo la Corte, è più che sufficiente per qualificarlo come il dominus della società.

Il Dolo Specifico nella Bancarotta Documentale

Anche la censura sul dolo specifico è stata respinta. La Cassazione ha ribadito il suo consolidato orientamento: lo scopo di recare pregiudizio ai creditori può essere desunto da “specifici indici di fraudolenza”. La sistematica distrazione di beni aziendali è uno di questi.

Il nesso di strumentalità tra l’omessa tenuta della contabilità e le condotte distrattive è risultato evidente: non tenere i libri contabili era funzionale a impedire al curatore fallimentare di accertare la consistenza del patrimonio e di ricostruire la finalità delle movimentazioni di denaro. Questo comportamento omissivo, finalizzato all’occultamento delle vicende gestionali, integra pienamente il dolo specifico richiesto dalla norma.

Le Conclusioni

La sentenza in commento consolida principi fondamentali in materia di reati societari. Ribadisce che la responsabilità penale non si ferma alle nomine formali, ma colpisce chiunque eserciti un potere gestionale effettivo all’interno di un’impresa. La figura dell’amministratore di fatto viene così ancorata a una valutazione sostanziale del suo operato.

Inoltre, la decisione chiarisce come il dolo specifico nella bancarotta documentale possa essere provato logicamente, collegando l’irregolarità contabile alle altre condotte illecite, come la distrazione di beni. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia è un monito: l’analisi della gestione aziendale deve andare oltre l’apparenza, per individuare i reali centri decisionali e le conseguenti responsabilità.

Come si prova il ruolo di amministratore di fatto in un reato di bancarotta?
Il ruolo di amministratore di fatto si prova attraverso elementi che dimostrino un’ingerenza significativa e continuativa nella gestione della società. Secondo la sentenza, sono prove rilevanti l’esercizio concreto di poteri gestionali, come il controllo dei conti bancari tramite deleghe operative (es. home banking), e la capacità di determinare le decisioni aziendali, in particolare quelle che comportano la disposizione di risorse patrimoniali.

La nomina di un nuovo avvocato per l’appello revoca automaticamente il mandato del precedente difensore?
No. La Corte ha chiarito che, in base alla normativa processuale, il conferimento di uno specifico mandato a impugnare a un difensore non comporta la revoca implicita del mandato di un altro legale già nominato in precedenza. La revoca deve essere esplicita, a meno che non si superi il numero massimo di difensori consentito dalla legge.

In che modo si dimostra il dolo specifico nella bancarotta documentale per omessa tenuta delle scritture contabili?
Il dolo specifico, cioè lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, può essere desunto da specifici “indici di fraudolenza”. La sentenza evidenzia che il nesso di strumentalità tra l’omessa tenuta della contabilità e le condotte distrattive costituisce una prova logica di tale dolo. L’occultamento delle scritture contabili è finalizzato a impedire la ricostruzione dei fatti gestionali e, quindi, a nascondere le distrazioni, dimostrando l’intento di danneggiare i creditori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati