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Amministratore di fatto: prova e bancarotta penale

Un soggetto è stato condannato per bancarotta fraudolenta in qualità di amministratore di fatto di una società fallita. La Corte di Cassazione ha annullato la condanna, specificando che la partecipazione a un singolo, seppur complesso, affare non è sufficiente a dimostrare il ruolo di gestione continuativo e significativo richiesto per qualificare un soggetto come amministratore di fatto. La Corte ha inoltre dichiarato l’estinzione per prescrizione di un reato tributario connesso.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Amministratore di fatto: basta una sola operazione per la condanna?

La figura dell’amministratore di fatto è cruciale nel diritto penale societario, specialmente nei reati di bancarotta. Chi gestisce un’azienda senza una nomina ufficiale può essere ritenuto responsabile al pari di un amministratore di diritto. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha però messo dei paletti chiari: non basta la partecipazione a un singolo, seppur rilevante, affare per provare questo ruolo. Vediamo nel dettaglio il caso e i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso: un’Operazione Immobiliare Sotto la Lente

Il caso trae origine dalla condanna di un soggetto per bancarotta fraudolenta patrimoniale e per un reato tributario. Secondo i giudici di merito (primo e secondo grado), l’imputato aveva agito come amministratore di fatto di una società immobiliare, poi dichiarata fallita. La sua responsabilità era stata desunta dalla sua partecipazione diretta in una complessa operazione di compravendita di un complesso alberghiero, ritenuta distrattiva per la società fallita.

In sostanza, l’imputato aveva avuto un ruolo chiave nella stipula del contratto preliminare e nelle successive transazioni finanziarie che, secondo l’accusa, avevano svuotato le casse della società a vantaggio di un’altra entità a lui collegata.

Il Ricorso in Cassazione: i Motivi della Difesa

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione lamentando, tra le altre cose, un vizio di motivazione e un’errata interpretazione della legge. Il punto centrale del ricorso era la contestazione della qualifica di amministratore di fatto. Secondo il ricorrente, i giudici d’appello avevano basato la loro decisione esclusivamente su un’unica operazione, senza fornire la prova di un suo inserimento organico e continuativo nella gestione societaria.

Inoltre, la difesa ha sollevato la questione della prescrizione del reato tributario, sostenendo che il termine massimo fosse già decorso prima della sentenza di appello.

La Decisione della Corte: i Criteri per l’Amministratore di Fatto

La Corte di Cassazione ha accolto il motivo principale del ricorso, annullando la sentenza di condanna per il reato di bancarotta e rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo esame. I giudici supremi hanno ritenuto la motivazione della corte territoriale ‘meramente assertiva’ e ‘carente’.

Hanno ribadito che per configurare la responsabilità di un amministratore di fatto non è sufficiente provare il suo coinvolgimento in un atto isolato, anche se di grande importanza economica. È invece necessario dimostrare l’esercizio continuativo e significativo dei poteri tipici della funzione gestoria.

Prescrizione del Reato Tributario

Per quanto riguarda il reato tributario, la Cassazione ha rilevato d’ufficio che il termine di prescrizione era effettivamente maturato prima della sentenza d’appello. Di conseguenza, ha annullato senza rinvio la condanna per questo capo d’imputazione, dichiarando il reato estinto.

Le motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione sui principi consolidati in materia, richiamando l’articolo 2639 del Codice Civile. Tale norma postula che la qualifica di amministratore di fatto richiede l’esercizio ‘in modo continuativo e significativo’ dei poteri tipici della funzione. ‘Continuità’ e ‘significatività’ non implicano necessariamente l’esercizio di tutti i poteri dell’organo di gestione, ma richiedono un’apprezzabile attività gestoria, non episodica od occasionale.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello si era limitata a descrivere una complessa operazione immobiliare, desumendone ‘di tutta evidenza’ il ruolo di gestore di fatto dell’imputato. Questa, secondo la Cassazione, è un’affermazione assertiva che non si confronta con la necessità di individuare e valutare elementi sintomatici concreti di una gestione effettiva e protratta nel tempo. Manca, in altre parole, la prova di un ‘organico inserimento’ del soggetto nella vita societaria, tale da poterlo considerare un ‘intraneus’ che svolge funzioni gerarchiche e direttive.

Le conclusioni

Questa sentenza rafforza un principio di garanzia fondamentale: la responsabilità penale deve essere fondata su prove concrete e non su deduzioni generiche. Per attribuire a un soggetto la qualifica di amministratore di fatto e, di conseguenza, la responsabilità per reati come la bancarotta fraudolenta, l’accusa deve dimostrare un coinvolgimento sistematico e pervasivo nella gestione aziendale. Un singolo episodio, per quanto rilevante, non è sufficiente. La decisione impone ai giudici di merito un’analisi più rigorosa e dettagliata, evitando scorciatoie motivazionali che potrebbero portare a condanne ingiuste.

Cosa si intende per amministratore di fatto e quali poteri deve esercitare?
L’amministratore di fatto è colui che, pur senza una nomina formale, esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici della gestione di una società. Non è necessario che eserciti tutti i poteri, ma la sua attività gestoria deve essere apprezzabile e non meramente episodica o occasionale.

La partecipazione a un singolo grande affare è sufficiente per essere considerati amministratori di fatto?
No. Secondo la sentenza, la partecipazione a una sola operazione, anche se complessa e di rilevante valore economico, non è di per sé sufficiente a dimostrare la qualifica di amministratore di fatto. È necessario provare un coinvolgimento continuativo nella gestione aziendale.

Cosa succede se un reato si prescrive prima della sentenza di appello?
Se il termine di prescrizione di un reato matura prima della pronuncia della sentenza d’appello e il giudice di secondo grado omette di dichiararlo, la Corte di Cassazione può annullare la sentenza senza rinvio, dichiarando l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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