Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 26405 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 26405 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/06/2025
SENTENZA
vista la richiesta di rimessione proposta da: COGNOME NOME nato a CROTONE il 06/10/1982
avverso la sentenza del 03/10/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso concluso chiedendo di di dichiarare inammissibile il ricorso; udito per il ricorrente l’avv.NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 3 ottobre 2024 la Corte d’appello di Bologna, provvedendo sull’impugnazione proposta da NOME COGNOME nei confronti della sentenza del 30 ottobre 2023 del Tribunale di Parma, con la quale lo stesso COGNOME era stato dichiarato responsabile del reato continuato di emissione di fatture per operazioni inesistenti di cui all’art. d.lgs. n. 74 del 2000, commesso quale amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE dal 20 ottobre 2013 al 31 dicembre 2014, per il quale era stato condannato alla pena di tre anni e sei mesi di reclusione, ha dichiarato non doversi procedere limitatamente alle fatture emesse nel periodo d’imposta 2013, per essere il relativo reato estinto per prescrizione, e ha rideterminato la pena per il reato residuo (relativo alle fatture emesse nell’anno 2014) in tre anni di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’Avvocato NOME COGNOME che lo ha affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo ha lamentato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l’errata applicazione dell’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000 e l mancanza e, comunque, la manifesta illogicità della motivazione, con riferimento alla affermazione di responsabilità, in particolare a proposito dell’accertamento della effettiva inesistenza delle operazioni economiche sottostanti alle fatture emesse nel 2014 dalla RAGIONE_SOCIALE e alla veste di amministratore di fatto della medesima società.
L’inesistenza delle fatture era, infatti, stata ritenuta dimostrata sulla base della mancanza di dipendenti della società emittente, nonostante quanto dichiarato dal ricorrente a proposito del fatto di aver cooperato con la G Trade e di aver egli stesso eseguito dei lavori, e la mancanza di altri elementi, non emergenti neppure dalle dichiarazioni di Mappa o degli altri soggetti coinvolti, indicativi della falsità delle operazioni economiche sottostanti le fatture emesse dalla G Trade nel 2014 e ritenute relative a operazioni inesistenti.
Anche la veste di amministratore di fatto della società era stata ritenuta dimostrata sulla base di elementi inidonei, non essendo stato compiuto alcun vaglio concreto della attendibilità di NOME COGNOME amministratore di diritto della RAGIONE_SOCIALE e quindi interessato ad accusare il ricorrente degli illeciti, le cu dichiarazioni non erano riscontrate da quelle di COGNOME (che si era limitato a dichiarare che quando aveva proceduto alla acquisizione della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE il ricorrente gli era stato presentato come un collaboratore di Mappa, posto che da tale collaborazione non derivava alcuna gestione di fatto della società, non desumibile nemmeno da quanto riferito in via ipotetica dalla Guardia di Finanza o dal contenuto di una e-mail con la quale il ricorrente aveva chiesto
all’impiegata amministrativa della società di emettere tre fatture, trattandosi di condotta riconducibile alla collaborazione prestata dal ricorrente).
2.2. Con un secondo motivo ha lamentato, nuovamente a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione ed erronea applicazione degli artt. 62-bis, 81 e 133 cod. pen. e un ulteriore vizio della motivazione, sia con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche, escluse sulla base della gravità del fatto e dei precedenti penali del ricorrente, sia nella parte relativ alla determinazione della misura della pena, sproporzionata ed eccessiva rispetto all’effettiva gravità dei fatti. Ha, inoltre, lamentato la mancata spiegazione della riduzione della pena di soli sei mesi a seguito della dichiarazione di estinzione per prescrizione del reato relativo alle fatture emesse nel 2013, posto che il Tribunale non aveva indicato quale fosse il reato più grave tra quelli ascrittigli e ritenut realizzati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
Il primo motivo, con cui sono state dedotte violazioni di legge penale e vizi della motivazione con riferimento alla inesistenza delle operazioni fatturate e al ruolo di amministratore di fatto del COGNOME, è manifestamente infondato.
Il punto relativo alla inesistenza delle operazioni economiche sottostanti le fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE non costituiva motivo gra”vame, come si ricava dalla non contestata narrativa della sentenza d’impugnata (sull’obbligo di contestare a pena di inammissibilità tale riepilogo ove non conforme ai motivi di appello si vedano, ex mulbs, Sez. 3, n. 11830 del 13/03/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 8657 del 15/02/2024, Immobile, non mass.; Sez. 3, n. 33415 del 19/05/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 270627 – 01; Sez. 2, n. 9028/2014 del 05/11/2013, COGNOME, Rv. 259066 – 01), cosicché è ora preclusa la denuncia di un vizio di motivazione su tale punto, alla stregua del consolidato principio secondo cui non può essere dedotto con ricorso per cassazione il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il giudice di secondo grado se il punto non gli era stata sottoposto e l’eventuale travisamento della prova non gli era stato rappresentato (Sez. 5, n. 48703 del 24/09/2014, COGNOME Rv. 261438 – 01; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499 – 01).
Le doglianze in ordine alla veste di amministratore di fatto del ricorrente attengono all’apprezzamento delle prove e alla ricostruzione della condotta, non sindacabili, in presenza di motivazione idonea e immune da vizi logici, nel giudizio di legittimità, nel quale rimane esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, n.b
attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali, o una diversa ricostruzione storica dei fatti, o un diverso giudizio di rilevanza, o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970 – 01; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 262575 – 01; Sez. 3, n. 12226 del 22/01/2015, G.F.S., non mass.; Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, C.C. in proc. M.M., non massimata; Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, P.G., non mass.; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099 – 01; Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716 – 01). La Corte d’appello, nel .disattendere l’identico motivo di gravame, replicato senza apprezzabili aspetti di novità critica con il ricorso per cassazione, ha evidenziato i plurimi elementi ritenuti in modo logico dimostrativi della veste del COGNOME di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE, tra cui l’indicazione al cessionario delle quote sociali (NOME COGNOME) da parte dello stesso COGNOME del soggetto al quale consegnare tutta la documentazione sociale (ossia NOME COGNOME); il pagamento da parte dello stesso COGNOME del corrispettivo per la cessione delle quote sociali; la cura da parte del ricorrente dei rapporti con clienti e fornitori del società e anche dei rapporti bancari, impartendo le disposizioni che riguardavano pagamenti e incassi di somme di denaro; il pagamento da parte del COGNOME di una somma di denaro (pari a 100 euro in base alle operazioni eseguite) all’amministratore di diritto; l’utilizzo da parte del COGNOME dei rapporti finanzi della società; la trasmissione di fatture della RAGIONE_SOCIALE a clienti e fornitori. Si trat di circostanze e comportamenti idonei a dimostrare la stabile ingerenza del ricorrente nella amministrazione della RAGIONE_SOCIALE, cui, invece, era sostanzialmente estraneo l’amministratore di diritto, che sono stati valutati nella loro complessiva portata dimostrativa in modo pienamente logico dai giudici di merito, e di cui il ricorrente propone una non consentita rilettura e riconsiderazione sul piano dell’apprezzamento delle prove e delle valutazioni di merito, prospettando un diverso significato di tali condotte, rilettura e riconsiderazione non consentite, come ricordato, nel giudizio di legittimità. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3. Il secondo motivo, relativo al trattamento sanzionatorio, è manifestamente infondato.
La Corte d’appello ha adeguatamente giustificato sia il diniego delle circostanze attenuanti generiche sia la misura della pena, sottolineando, quali aspetti assorbenti tra quelli di cui all’art. 133 cod. pen., la gravità del fatto, in ragi dell’imponibile portato dalle fatture per operazioni inesistenti, pari a euro 5.991.500,00, e alla misura della relativa imposta, pari a euro 1.318.130,00, e la personalità negativa del ricorrente, gravato da un precedente specifico per emissione di fatture per operazioni inesistenti e da una condanna per omesso versamento di ritenute previdenziali, ossia un reato afferente ad attività d’impresa,
e anche da una condanna a nove anni di reclusione per associazione a delinquere di tipo mafioso e tentata estorsione: si tratta di motivazione certamente idonea, essendo stati indicati gli elementi enunciati nell’art. 133 cod. pen. e gli altri da significativi apprezzati come assorbenti o prevalenti su quelli di segno opposto, non censurabile sul piano delle valutazioni nel giudizio di legittimità, essendo sottratta al sindacato di legittimità, in quanto espressione del potere discrezionale nella valutazione dei fatti e nella concreta determinazione della pena demandato al giudice di merito, la motivazione sul punto quando sia aderente ad elementi tratti obiettivamente dalle risultanze processuali e sia, altresì, logicamente corretta (Sez. 2, n. 3610 del 15/01/2014, COGNOME, Rv. 260415 – 01; Sez. 1, n. 3163 del 28.11.1988, COGNOME, Rv 180654 – 01).
La doglianza in ordine alla mancata indicazione del reato più grave e ai criteri seguiti per la determinazione della pena per i fatti residui, ossia quelli relativ all’anno 2014, essendo stati dichiarati estinti per prescrizione quelli relativi all’anno 2013, è manifestamente infondata, in quanto, a seguito della scissione del reato continuato, per effetto della suddetta dichiarazione di estinzione per prescrizione, il reato relativo ai fatti commessi nell’anno 2014 ha riacquistato la propria autonomia, con il conseguente potere – dovere del giudice dell’impugnazione di rideterminare autonomamente la relativa pena, cui la Corte d’appello ha provveduto con motivazione idonea, sottolineando la gravità del fatto e la personalità negativa dell’imputato e la conseguente necessità di una risposta sanzionatoria dotata di adeguata efficacia deterrente, in funzione special preventiva, alla luce della dimostrata inefficacia delle precedenti condanne inflitte all’imputato: si tratta, anche a questo proposito, di motivazione idonea e immune da vizi logici, che il ricorrente ha censurato in modo generico, omettendo di considerare la suddetta scissione del reato continuato, e, nuovamente, sul piano delle valutazioni di merito, con la conseguente inammissibilità anche di tale profilo di censura. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile, a cagione della manifesta infondatezza di entrambi i motivi ai quali è stato affidato.
L’inammissibilità originaria del ricorso esclude il rilievo della eventuale prescrizione verificatasi successivamente alla sentenza di secondo grado, giacché detta inammissibilità impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale di impugnazione innanzi al giudice di legittimità, e preclude l’apprezzamento di una eventuale causa di estinzione del reato intervenuta successivamente alla decisione impugnata (Sez. un., 22 novembre 2000, n. 32, COGNOME, Rv. 217266; conformi, Sez. un., 2/3/2005, n. 23428, COGNOME, Rv. 231164, e Sez. un., 28/2/2008, n. 19601, COGNOME, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8.5.2013,
Rv. 256463; Sez. 2, n. 53663 del 20/11/2014, COGNOME, Rv. 261616;
nonché Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, dep. 14/02/2017, COGNOME, Rv. 268966).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione
dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 24/6/2025