Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20077 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20077 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a LORETO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/03/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo udito il difensore
IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza con cui il tribunale di Macerata, in data 12.1.2021, aveva condannato COGNOME NOME alle pene, principale e accessorie, ritenute di giustizia, e al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della costituita parte civile “RAGIONE_SOCIALE“, in relazione ai reati fallimentari di cui ai capi b); c); d) ed e) dell’imputazione, ascrittigli in qualità di amministratore di fatto, prima, e, successivamente, di amministratore unico dal 5.9.2013 sino alla dichiarazione di fallimento della società “RAGIONE_SOCIALE“, dic:hiarata RAGIONE_SOCIALE il 28.1.2015, dichiarava non doversi procedere in ordine ai reati di cui ai capi c) ed e), perché estinti per prescrizione, con conseguente rideterminazione dell’entità del trattamento sanzionatorio in favore dell’imputato, confermando, nel resto, la sentenza di primo grado, con riferimento all’affermazione di responsabilità del prevenuto in ordine ai reati di bancarotta fraudolenta documentale e di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, allo stesso contestati nei capi b) e d) dell’imputazione.
Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il COGNOME lamentando violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato accoglimento dell’eccezione di decadenza della costituita parte civile; alla ritenuta sussistenza in capo all’imputato del ruolo di amministratore di fatto; alla insussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione.
Con requisitoria scritta del 15.12.2023 il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, AVV_NOTAIO, chiede che il ricorso venga accolto, con riferimento in particolare al terzo motivo di impugnazione.
Con memoria e conclusioni pervenute il 18.12.2023 a mezzo di posta elettronica certificata, il difensore di fiducia e procuratore speciale della costituita parte civile “RAGIONE_SOCIALE“, chiede che il ricorso venga rigettato, con condanna dell’imputato alla rifusione delle
spese sostenute nel grado dalla parte civile, ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
4. Il ricorso non può essere accolto, essendo sorretto da motivi di impugnazione, in parte infondati, in parte inammissibili.
4.1. Con particolare riferimento al tema della denunciata tardività della costituzione di parte civile, in relazione all’art. 79, c.p.p., il motivo di ricorso appare infondato.
Come si evince dalla lettura degli atti processuali, consentiti in questa sede di legittimità, essendo stato dedotto un error in procedendo, nel caso in esame la costituzione di parte civile è stata formalizzata all’udienza del 16.10.2018, in un momento anteriore alla dichiarazione di apertura del dibattimento nel giudizio di primo grado.
In particolare, disposto, in data 25.9.2018, un rinvio alla successiva udienza del 16.10.2018, per gli “incombenti” relativi alla prima udienza, in tale ultima udienza si dava atto preliminarmente dell’avvenuto deposito dell’atto di costituzione della parte civile ad opera dell’AVV_NOTAIO per poi procedersi alla verifica della regolare costituzione delle parti e all’esame delle questioni preliminari ex art. 491, c.p.p., all’esito del quale il tribunale ammetteva la costituzione di parte civile, rigettando sul punto le eccezioni del difensore dell’imputato, prima di procedere alla dichiarazione di apertura del dibattimento.
Ciò posto non può non rilevarsi come la costituzione di parte civile non possa considerarsi intempestiva.
Come affermato, infatti, dalla giurisprudenza di legittimità, la parte civile, ove non si sia costituita nell’udienza preliminare o sia stata esclusa dal giudice ai sensi dell’art. 81, c.p.p., può costituirsi, nel corso degli atti introduttivi al dibattimento, prima che si concludano gli accertamenti relativi alla regolare costituzione delle parti prevista dall’art. 484, c.p.p., e non successivamente, quando sia iniziata la fase della discussione delle questioni preliminari di cui all’art. 491, cornnna 1, c.p.p., la quale, facendo riferimento anche a quelle concernenti la costituzione di parte civile, presuppone che, in tale momento
processuale, detta costituzione sia già avvenuta (cfr. Sez. 3, n. 15768 del 18/02/2020, Rv. 280264).
D’altro canto, si osserva che la costituzione di parte civile di cui si discute deve ritenersi tempestiva anche alla luce di un diverso orientamento, del pari emerso nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui il termine ultimo per la costituzione di parte civile deve individuarsi nel momento, antecedente all’apertura del dibattimento, in cui il giudice ha esaurito l’accertamento della regolare costituzione delle parti e deciso le questioni sollevate ai sensi dell’art. 491, comma 1, c.p.p. (cfr. Sez. 5, n. 29394 del 10/05/2019 Rv. 276900).
Né va taciuto che, come affermato da un condivisibile arresto della giurisprudenza di questa Corte, è legittima e tempestiva la costituzione di parte civile avvenuta nell’udienza successiva a quella cd. di “mero smistamento”, all’esito della quale il procedimento è stato semplicemente rinviato dinanzi al giudice designato per la trattazione del giudizio, poiché, in tal caso, gli adempimenti in ordine alla regolare costituzione delle parti non devono considerarsi ancora conclusi, né sono state compiute le formalità di apertura del dibattimento (cfr. Sez. 3, n. 46036 del 20/03/2018, Rv. 273956).
Tale doveva considerarsi l’udienza del 25.9.2018, in cui il rinvio alla successiva udienza del 16.10.2018 venne disposto su istanza del difensore dell’imputato, senza che si concludesse la fase della verifica della regolare costituzione delle parti e senza che si proc:edesse all’esame delle questioni preliminari, incombenti definitivamente assolti dal giudice di primo grado solo alla richiamata udienza del 16.10.2018, nel contraddittorio tra le parti, quando il tribunale, da un lato, rigettava un’istanza di rinvio avanzata nell’interesse dell’imputato, rilevando, al riguardo che “le notifiche sono regolari”, dall’altro, come si è già detto, ammetteva la costituzione di parte civile, rigettando le eccezioni articolate sul punto dal difensore del COGNOME, prima di procedere alla dichiarazione di apertura del dibattimento.
4.2. Inammissibile appare il secondo motivo di ricorso.
Il ricorrente, invero, non tiene nel dovuto conto che, in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr. Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482).
In questa sede di legittimità è, infatti, precluso il percorso argomentativo seguito dal ricorrente, che si risolve in una mera e del tutto generica lettura alternativa o rivalutazione del compendio probatorio, posto che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento di un’operazione estranea al giudizio di legittimità, quale è quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, persistendo il divieto di rilettura e di reinterpretazione nel merito degli elementi di prova (cfr. ex plurimis, Sez. VI, 22/01/2014, n. 10289; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 273217; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099; Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, Rv. 277758; Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Rv. 283370).
Sul punto, del resto, la motivazione della corte territoriale non può considerarsi né contraddittoria, né manifestamente illogica, in quanto il giudice di appello, con argomentazione dotata di intrinseca coerenza logica, ha dedotto il ruolo di amministratore di fatto in capo all’imputato dalla circostanza, incontestata, che quest’ultimo, assunto con la qualifica formale di semplice autista, oltrepassava sistematicamente limiti connessi a tale specifica mansione lavorativa, interessandosi direttamente e attivamente della gestione della società RAGIONE_SOCIALE, come dichiarato dai testi escussi e come dimostrato dal rilascio di fidejussioni presso la Banca di San Marino, nonché “dai rapporti con le banche di San Marino presso le quali era delegato a operare”, tanto da essere considerato, in San Marino, alla stregua di “un ottimo cliente” (cfr. p. 5 della sentenza di secondo grado).
A fronte dei rilievi difensivi, con cui il ricorrente si limita a contestare genericamente la non pertinenza degli elementi evidenziati dal giudice di appello, la decisione della corte territoriale sul punto appare, piuttosto, del tutto conforme al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la posizione dell’amministratore di fatto, destinatario delle norme incriminatrici della bancarotta fraudolenta va determinata con riferimento alle disposizioni civilistiche che, regolando l’attribuzione della qualifica di imprenditore e di amministratore di diritto, costituiscono la parte precettiva di norme che sono sanzionate dalla legge penale. La disciplina sostanziale si traduce, in via processuale, nell’accertamento di elementi sintomatici di gestione o cogestione della società, risultanti dall’organico inserimento del soggetto, quale “intraneus” che svolge funzioni gerarchiche e direttive, in qualsiasi momento dell'”iter” di organizzazione, produzione e commercializzazione dei beni e servizi – rapporti di lavoro con i dipendenti, rapporti materiali e negoziali con i finanziatori, fornitori e clienti – in qualsiasi branca aziendale, produttiva, amministrativa, contrattuale, disciplinare.
L’accertamento, peraltro, degli elementi sintomatici di tale gestione o cogestione societaria costituisce oggetto di apprezzamento di fatto che è insindacabile in sede di legittimità, se sostenuto, come nel caso in esame, da motivazione congrua e logica (cfr. Sez. 5, 14.4.2003, n. 22413, rv. 224948; Se. I, 12.5.2006, n. 18464, rv. 234254).
In conclusione può dunque affermarsi che in tema di bancarotta fraudolenta, i destinatari delle norme di cui agli artt. 216 e 223 I. fall. vanno individuati sulla base delle concrete funzioni esercitate, non già rapportandosi alle mere qualifiche formali ovvero alla rilevanza degli atti posti in essere in adempimento della qualifica ricoperta (cfr. Sez. V, 13.4.2006, n. 19145, rv. 234428; Sez. 5, n. 41793 del 17/06/2016, Rv. 268273; Sez. 5, n. 27264 del 10/07/2020, Rv. 279497; Sez. 5, n, 7437 del 15/10/2020, Rv. 280550).
4.3. Inammissibile deve ritenersi anche il terzo motivo di ricorso, con cui il ricorrente rileva che la stessa affermazione di responsabilità
dell’imputato per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, e, in particolare l’accertata mancata regolare tenuta della contabilità e dei libri sociali, unitamente alla mancanza di un inventario, dovrebbe comportare l’assoluzione dal delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, stante l’impossibilità di ricostruire il patrimonio della società RAGIONE_SOCIALE, da cui discende la mancata dimostrazione che effettivamente i beni oggetto della contestata distrazione fossero stati presenti nel patrimonio della “RAGIONE_SOCIALE“.
Appare, invero, manifestamente illogico affermare, in linea di principio, che la condotta di omessa o incompleta tenuta della documentazione, che non abbia consentito la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari di una società RAGIONE_SOCIALE, possa valere come una sorta di “clausola di esclusione” di responsabilità per il reato di delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, in quanto, come insegnano l’esperienza giudiziaria e la logica, nella stragrande maggioranza dei casi concreti, la condotta di bancarotta fraudolenta documentale è proprio finalizzata a occultare le condotte distrattive.
Altra questione, prospettata in termini assolutamente generici dal ricorrente, è quella di verificare se sia stato accertato o meno dai giudici di merito il preventivo ingresso nel patrimonio della società RAGIONE_SOCIALE dei beni, di cui si contesta l’intervenuta distrazione, per un valore di euro 11.168,26, ingresso che costituisce il presupposto indefettibile per la configurabilità del delitto de quo.
Orbene, premesso che nella fattispecie in esame ricorre un caso di cd. “doppia conforme”, in quanto la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218), va rilevato che la questione è stata risolta con congrua motivazione dal giudice di primo grado, condivisa correttamente dalla corte di appello.
Il tribunale di Macerata, infatti, ha evidenziato come il consulente tecnico del pubblico ministero abbia ricostruito quantitativamente il complesso delle merci presenti nel patrimonio della società RAGIONE_SOCIALE “per il solo periodo relativo ai quattro mesi antecedenti al fallimento”, accertando “un ammanco quantitativo di 9.500 pezzi, pari a un valore di acquisto di euro 11.168,26, calcolo effettuato “sulla base delle fatture di acquisto e di vendita riferite all’immediato periodo precedente al fallimento (1/11/2014-6/3/2015), detratte le merci vendute e quelle rinvenute in sede di inventario” (cfr. p. 18 della sentenza di primo grado).
Giova, peraltro, sottolineare che tale passaggio motivazionale, con particolare riferimento ai criteri utilizzarti dal consulente tecnico per pervenire alle sue conclusioni, non ha formato oggetto di specifiche censure da parte dell’imputato.
5. Al rigetto segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’ari:. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.
L’imputato va, altresì, condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla costituita parte civile, ammesse al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla corte di appello di Ancona con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83, D.P.R. 115/2002, disponendo il pagamento a spese dello Stato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, altresì, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla corte di appello di Ancona con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83, D.P.R. 115/2002, disponendo il pagamento a spese dello Stato.
Così deciso in Roma 1’11.1.2024.