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Amministratore di fatto: la responsabilità penale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un amministratore di fatto condannato per bancarotta fraudolenta distrattiva. La Corte ha stabilito che la responsabilità penale sussiste anche se l’atto illecito è avvenuto dopo la scadenza formale della procura, qualora l’agente abbia continuato a esercitare i suoi poteri rappresentativi nei confronti di terzi. Il ricorso è stato giudicato inammissibile per la sua genericità, non avendo affrontato specificamente le argomentazioni della corte d’appello.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Amministratore di Fatto: Quando la Responsabilità Penale Sopravvive alla Procura

La figura dell’amministratore di fatto è centrale nel diritto penale societario, sollevando questioni complesse sulla responsabilità gestionale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 14594/2024) offre un’importante lezione: la responsabilità per bancarotta fraudolenta non cessa automaticamente con la scadenza formale di una procura, se i poteri gestori continuano a essere esercitati. Analizziamo questa decisione per comprendere i confini della responsabilità penale.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un soggetto condannato in appello per bancarotta fraudolenta distrattiva. In qualità di amministratore di fatto di una società poi fallita, egli aveva disposto la cessione di un’autovettura aziendale, un atto considerato distrattivo del patrimonio sociale a danno dei creditori. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo un’argomentazione precisa: la cessione del veicolo era avvenuta dopo la data di scadenza della procura che gli era stata conferita dall’amministratore legale. A suo dire, non avendo più un potere formale, non poteva essere ritenuto responsabile dell’atto.

La Permanenza dei Poteri dell’Amministratore di Fatto

Il ricorrente ha lamentato l’illogicità della sentenza d’appello, che non avrebbe considerato la cessazione dei suoi poteri. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto questa visione, evidenziando come l’appello non si fosse confrontato adeguatamente con le motivazioni della corte territoriale. Quest’ultima aveva infatti sottolineato un punto cruciale: nonostante la scadenza formale della procura, l’imputato aveva continuato a operare come se nulla fosse, spendendo la sua qualità di rappresentante nei confronti di terzi, incluse le banche. La mancata formalizzazione della cessazione dei poteri aveva generato un affidamento legittimo nei terzi, mantenendo intatto, di fatto, il suo potere rappresentativo e, con esso, la sua posizione di garanzia.

Le Motivazioni: L’Inammissibilità per Genericità del Ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per un vizio procedurale fondamentale: la mancanza di specificità. Il ricorrente si era limitato a riproporre la propria tesi difensiva senza attaccare in modo mirato e critico il ragionamento logico-giuridico della sentenza impugnata. La Corte ha ribadito un principio consolidato, citando una pronuncia delle Sezioni Unite (n. 8825/2016, Galtelli): il ricorso per cassazione non può essere una semplice ripetizione delle argomentazioni già svolte, ma deve contenere una critica puntuale delle ragioni della decisione che si contesta.

L’imputato non ha confutato le prove valorizzate dalla Corte d’Appello, come la testimonianza che lo indicava quale unico beneficiario di altre presunte irregolarità e la sua continua operatività bancaria per conto della società. Pertanto, non avendo affrontato il nucleo argomentativo della sentenza di condanna, il suo ricorso è stato giudicato privo della necessaria specificità e, di conseguenza, inammissibile.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza il principio secondo cui nel diritto penale conta la sostanza più della forma. La responsabilità di un amministratore di fatto deriva dall’effettivo esercizio di poteri gestionali, a prescindere dalla formale investitura. La cessazione di un incarico deve essere resa nota ed efficace verso i terzi per escludere la permanenza di una posizione di responsabilità. Dal punto di vista processuale, la decisione è un monito per la difesa: un ricorso in Cassazione deve essere un’analisi critica e specifica della sentenza impugnata, non un mero tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. La genericità delle censure porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.

Un amministratore di fatto può essere ritenuto responsabile per atti compiuti dopo la scadenza della sua procura?
Sì, secondo la Corte può essere ritenuto responsabile se, nonostante la scadenza formale, continua a esercitare di fatto i poteri rappresentativi nei confronti di terzi, come le banche, senza che la cessazione del suo ruolo sia stata formalizzata.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato ritenuto generico. L’imputato non si è confrontato specificamente con le argomentazioni logico-giuridiche della sentenza d’appello, limitandosi a riproporre le proprie tesi difensive senza criticare puntualmente la decisione impugnata.

Cosa si intende per ‘specificità’ di un ricorso in Cassazione?
Per specificità si intende che il ricorso non può essere una semplice ripetizione delle proprie difese, ma deve contenere una critica mirata e puntuale delle ragioni di fatto e di diritto esposte nella sentenza che si sta contestando. Deve evidenziare gli errori specifici commessi dal giudice precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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