Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 786 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 786 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/09/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a COMO il 04/01/1973
avverso la sentenza del 21/12/2022 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale COGNOME
che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d’Appello di Milano, in sede di rinvio disposto con annullamento da parte della Sezione Feriale (sentenza n. 34391 del 18/8/2022), ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano, datata 19.5.2021, emessa nei confronti di NOME COGNOME condannato per il delitto di bancarotta documentale impropria (capo C, n. 1, dell’imputazione), relativamente alla società RAGIONE_SOCIALE di cui era amministratore di diritto dal 3.6.2014 al 21.5.2015, fallita il 7.4.2016; si evidenzia per due reati tributari (capi A e B) e per la fattispecie di bancarotta societari operazioni dolose (capo C, n. 2) vi è stato passaggio in giudicato, stante l’esito inammissibilità del ricorso in cassazione per la parte relativa.
1.1. Secondo la sentenza rescindente, la decisione annullata non aveva chiarito quale fosse l’effettivo titolo da cui si era fatta discendere la responsabilità dell’imput relazione alla soppressione della contabilità – che si assume, dunque, già istituita – ed indicato il perimetro del giudizio di rinvio: il giudice doveva dare dimostrazione, ai dell’affermazione della responsabilità dell’imputato, non solo del se la contabilità de fallita fosse stata realmente consegnata al nuovo amministratore, ma anche del fatto che l’imputato avesse comunque continuato a svolgere, “di fatto”, appunto, funzioni gestorie, oppure avesse concordato con il nuovo amministratore il successivo occultamento della medesima contabilità o ne avesse, in qualche modo, istigato la mancata consegna.
In particolare, la Sezione Feriale ha evidenziato come non emergeva dalla motivazione della sentenza annullata se la Corte avesse ritenuto l’imputato (come peraltro gli era stato contestato) “amministratore di fatto” della fallita, per il periodo successivo dismissione della carica formale, circostanza considerata dirimente ai fin dell’affermazione della sua responsabilità.
2. L’imputato ricorre contro la citata sentenza rescissoria deducendo un unico, complesso motivo, con cui eccepisce violazione ed errata interpretazione del vincolo di rinvio, ch la sentenza d’appello ha equivocato, individuandolo non già nella ricerca di tracce della qualifica di amministratore di fatto del ricorrente, bensì nella verifica della natura d simulato della cessione di quote della RAGIONE_SOCIALE da RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME al nuovo amministratore COGNOME, concentrandosi sugli indicatori che depongono in favore di detta simulazione di cessione: costui sarebbe stato – secondo i giudici – un soggetto nullatenente, disinteressato alla gestione della società fallita, di cui pure è s amministratore e liquidatore, e che non ha mai neppure visto la documentazione societaria contabile.
Tali elementi di fatto sono smentiti dagli accertamenti processuali (documentali e testimoniali), dai quali è emerso che COGNOME è ::;tato in possesso della documentazione
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contabile, che ha depositato in un locale in affitto in località INDIRIZZO, poi alluviona data 13.9.2015.
Mancherebbe del tutto, in ogni caso, qualsiasi riferimento ad un ruolo gestorio apprezzabile del ricorrente, successivamente al suo abbandono dell’incarico di amministratore di diritto, come sarebbe necessario per affermare la sua responsabilità per il reato di bancarotta impropria documentale, in adesione ai principi dettati dal vinco di rinvio della sentenza rescindente.
Il Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di cassazione ha chiesto, con requisitoria scritta, la inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, per le ragioni che si diranno di seguito.
La sentenza della Corte d’Appello impugnata avrebbe dovuto chiarire, secondo le indicazioni derivanti dal vincolo di rinvio ex art. 627 cod. proc. pen., sulla base di q indicatori concreti, emersi dalle prove dibattimentali, si poteva giungere a delineare posizione del ricorrente come quella di amministratore di fatto della società fallita, anc successivamente al passaggio di consegne dell’incarico di gestore formale ad altra persona, NOME COGNOME, in seguito anche alla cessione totalitaria delle quote nella sua disponibilità.
Ciò al fine di provare la sua responsabilità per la bancarotta documentale impropria, tenuto conto della accertata, mancata consegna delle scritture contabili al curatore.
Erano state già dettate, dalla sentenza della Sezione Feriale n. 34391 del 18/8/2022, precise coordinate ermeneutiche, sintetizzate nell’orientamento secondo cui il delitto d bancarotta documentale impropria è reato proprio dell’amministratore, il quale non può, in ragione della qualifica ricoperta in un periodo precedente, rispondere anche della tenuta della contabilità in quello successivo alla dismissione della c:arica, a meno che non venga provato che egli abbia continuato ad ingerirsi di fatto nell’amministrazione dell società ovvero, quale extraneus, sia in qualche modo concorso nelle condotte illecite di cui deve rispondere il nuovo amministratore (ex multis Sez. 5, n. 55740 del 25/09/2017, COGNOME, Rv. 271839).
La decisione di rinvio aveva avvertito, quindi, precisamente, che il ruolo amministratore di fatto deve essere attribuito a chi svolge con continuità atti di gestione della società, ma che può rilevare anche un unico atto particolarmente significativo e che tale può essere anche la decisione, cui l’amministratore formale si sottometta, di interrompere l’attività imprenditoriale e sospendere qualsiasi annotazione contabile.
2.1. Nonostante tali precise indicazioni, la sentenza rescissoria ha concentrato la sua motivazione sulla sola incapacità di COGNOME di essere amministratore di diritto, desunta da una serie di indicatori, primo tra tutti la natura simulata dell’atto di cessione di q tra il ricorrente, precedente amministratore, ed il nuovo responsabile formale dell società e amministratore di diritto. Sono stati ritenuti, altresì, determinanti il fat non risultasse agli atti del curatore alcun verbale di consegna della documentazione contabile tra COGNOME e COGNOME; che quest’ultimo fosse nullatenente e che non avesse posto in essere alcun atto gestorio, dopo l’incarico.
Nulla si è indagato, invece, della reale attività gestoria di fatto da parte del ricorr nel periodo in cui l’incarico formale era stato assunto dal suo successore, né si è chiarit sotto diverso aspetto, che la cessazione dell’attività di documentazione contabile della fallita fosse stata una decisione del ricorrente, nel suo ruolo, appunto, di gestore di fa Ma, come noto, l’obbligo di tenere le scritture contabili, la cui violazione integra r (quand’anche sia solo quello di bancarotta semplice documentale), viene meno solo quando la cessazione dell’attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese, indipendentemente dal fatto che manchmo passività insolute, trattandosi di reato di pericolo presunto posto a tutela dell’esatta conoscenza dell consistenza patrimoniale dell’impresa, a prescindere dal concreto pregiudizio per le ragioni creditorie (cfr. da ultimo Sez. 5, n. 20514 del 22/1/2019, Martino, Rv. 275261). Per questo, non può bastare a ricondurre al ricorrente la responsabilità per il delitto bancarotta fraudolenta impropria documentale l’attribuzione alia sua condotta della scelta di far cessare l’attività della società.
La Corte d’Appello ha, invece, operato tale sillogismo deduttivo, per giunta neppure esplicitandolo compiutamente.
La motivazione, pertanto, è insufficiente a supportare l’affermazione di colpevolezza del ricorrente, tanto più che la stessa sentenza impugnata dà atto di alcune considerazioni contraddittorie del ruolo asseritamente solo formale di COGNOME (tra l’altro, egli è st nominato liquidatore della società, per quanto sia rimasto inattivo anche in tale ruolo, e ha riferito al curatore che la documentazione contabile era andata smarrita nell’alluvione del 2015, quasi ne conoscesse le vicende) che avrebbero meritato di essere colorate nel senso della loro irrilevanza rispetto all’individuazione, comunque, del ricorrente qual gestore di fatto anche dopo la successione nella carica formale.
L’affermazione di responsabilità dell’imputato, quindi, si basa unicamente su di una implicita prova logica, neppure chiaramente desumibile dal testo della motivazione del provvedimento impugnato, che ruota intorno alla considerazione seguente: l’iniziativa di cessione di quote ad un soggetto rimasto inattivo come amministratore deve ritenersi finalizzata a procrastinare il fallimento in avanti, in danno dei creclitori.
Rimane oscura, tuttavia, la ragione per cui, da tale convinzione, ancorchè corrispondente alla ricostruzione processuale che ha elaborato il giudice del rinvio, possa dirsi provato
ruolo di amministratore di fatto del ricorrente, nel periodo rilevante ai dell’affermazione di responsabilità per il delitto di bancarotta impropria documentale, al luce dei principi ermeneutici già dettati con la sentenza di annullamento e condivisi anche dal Collegio.
Da tale mancanza di accertamento e da tale deficit motivazionale discende la violazione del vincolo di rinvio, precisamente posto dalla sentenza della Sezione Feriale di questa Corte regolatrice, sicchè si impone l’annullamento della sentenza impugnata per consentire al giudice di rinvio di chiarire il ruolo di amministratore di fatto del ricor come già evidenziato nella precedente pronuncia di annullamento.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano.
Così deciso il 27 settembre 2023.