Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14331 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14331 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a GIOIA COGNOME il 09/05/1972
avverso la sentenza del 28/03/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che si riporta alla requisitoria in atti e chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricors
L’avvocato COGNOME nell’interesse del ricorrente, insiste nei motivi di ricorso, anche in replica alle conclusioni del P.G., e ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Venezia, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Verona – che ha dichiarato NOME COGNOME nella qualità di amministratore unico dal 26/09/2007 al 04/06/2010, e poi di amministratore di fatto, dell’RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita il 29 luglio 2011, colpevole dei reati, a lui ascritti in concorso, bancarotta fraudolenta documentale ( capo A) e patrimoniale ( capi B) C), D), per la distrazione di veicoli, forniture e denaro della fallita, con le aggravanti della pluralità di fatti di bancarotta e del danno patrimoniale di rilevante gravità, condannandolo alla pena di anni cinque di reclusione, con le sanzioni accessorie fallimentari della durata di anni dieci l’interdizione perpetua dai pubblici uffici ha rideterminato la pena in anni tre e mesi sei di reclusione, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche equivalenti, e ridotto la durata delle pene accessorie ad anni tre, altresì revocando l’interdizione legale.
2. Il ricorso per cassazione, per il tramite del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME è affidato a tre motivi, enunciati nei limiti richiesti per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp.att. cod.proc.pen..
2.1. Con il primo motivo – sulla premessa che non possa dirsi integrata una situazione di c.d. doppia conformità delle sentenze di merito, atteso che quella di primo grado risulta del tutto priva di motivazione – denuncia vizi della motivazione, mancante e manifestamente illogica nella individuazione della condotta di bancarotta documentale e della sua collocazione temporale, oltre che del ruolo di amministratore di fatto della fallita nel periodo successivo alla carica formale ricoperta dal Pavia fino al 04/06/2010, tema introdotto per la prima volta dalla sentenza di appello, e argomentato mediante la mera riproduzione grafica del capo di imputazione, e senza replicare alla deduzioni dell’appellante, che segnalava la illogicità della attribuzione della amministrazione di fatto a soggetto che si afferma, allo stesso tempo, essersi disinteressato, quale amministratore formale, della società, prima del fallimento. La gestione di fatto attribuita con riguardo al delitto sub A), era, inoltre, smentita dal successivo capo di imputazione, descrittivo di atti gestori da parte dell’amministratore formale subentrato al ricorrente, il quale aveva posto all’incasso numerosi assegni oggetto della contestata distrazione. Deduce, quindi, che essendo il ricorrente cessato dalla carica formale sin dal 4.6.2010, per il periodo successivo non era configurabile la sua responsabilità, attesa la illogicità della motivazione con la quale è stata argomentata la gestione di fatto, sulla base della mera circostanza che, come il successivo amministratore formale, COGNOME anche il Pavia era stato amministratore di altre società del consorzio, parimenti
sottoposte a procedura concorsuale, e rimandando ai collegamenti con il coimputato COGNOME concorrente extraneus delle condotte distrattive che, però, è stato assolto per mancanza dell’elemento psicologico, ciò che determina una irrimediabile frattura nella motivazione del preteso elemento inferenziale.
Rileva la Difesa che la Corte di appello avrebbe dovuto dichiarare la nullità della sentenza di primo grado che – contrariamente all’imputazione, riferita alla mancanza delle scritture contabili nel periodo 2009-2011 – aveva fatto riferimento alla loro mancanza fin dalla costituzione della società, nel 2007, in violazione del principio di correlazione di cui all’art. 521 cod. proc. pen. .
2.2. Con il secondo motivo ci si duole della mancanza di motivazione in merito alle ragioni per cui i beni non rinvenuti dalla curatela debbano essere considerati distratti, e ancor più dell’assenza delle ragioni per cui dette condotte distrattive debbano essere attribuite al ricorrente, mancando sul punto anche la indicazione dello specifico apporto causale e psicologico.
La sentenza impugnata afferma solo assertivamente la responsabilità del ricorrente per fatti successivi alla cessazione della sua carica sociale, e, comunque, facendo riferimento alla mancanza delle scritture contabili, per condotte, tuttavia, attribuite al Pavia senza una congrua motivazione.
2.3. Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 546 e 598 cod. proc. pen., per avere la Corte di appello omesso di individuare il percorso logico argomentativo attraverso il quale è pervenuta al risultato sanzionatorio, mancando la indicazione dei segmenti di pena inflitti per la circostanza aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 219 co. 1 e per l’aumento per la continuazione interna per la pluralità di fatti di bancarotta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato e la sentenza impugnata merita l’annullamento per il riscontrato vizio di motivazione, che involge lo scrutinio della posizione di amministratore di fatto attribuita al ricorrente per l’attività gestoria successiva alla dismissione della carica formale di amministratore di diritto precedentemente rivestita, con conseguenti ricadute in punto di affermazione della responsabilità sia per le condotte distrattive che per la bancarotta documentale.
L’orientamento giurisprudenziale accreditatosi presso la Corte di legittimità è nel senso della estensibilità della disposizione di cui all’art. 2639 c.c. ( la quale stabilisce, per i reati societari, la equiparazione al soggetto formalmente investito della qualifica o della funzione prevista dalla legge civile sia di chi è tenuto a svolgere la stessa funzione, diversamente qualificata, sia di chi esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla
qualifica o alla funzione), ai reati fallimentari ( Sez. 5 n. 36630 de 05/06/2003, Rv. 228308; conf. Sez. 5 n. 39535 del 20/06/2012, Rv. 253363). In tale ottica ermeneutica, la giurisprudenza di legittimità, da tempo, tende a riconoscere la responsabilità dell’amministratore di fatto, privilegiando il dato funzionale dell’attività in concreto svolta, rispetto a quello meramente formale della investitura, e afferma, in particolare, che l’amministratore di fatto risponde penalmente in quanto le norme indicano gli amministratori con riferimento, non a una formale attribuzione di qualifiche, ma all’esercizio concreto delle funzioni che dette qualifiche sostanziano.(Sez. 5 n. 7437 de/ 15/10/2020 (dep. 2021 ) Rv. 28055003). L’art 223 della legge sul fallimento si dice – quando indica i soggetti che possono commettere bancarotta fraudolenta nel fallimento delle società, si riferisce non già all’aspetto formale (investitura) delle qualifiche di amministratore, direttore generale, sindaco e liquidatore della società, bensì alle funzioni inerenti a tali qualifiche, che pongono il soggetto, in relazione all’interesse protetto dalla legge, nella particolare effettiva situazione personale e sociale, da cui scaturisce l’obbligo della lealtà e della correttezza nell’espletamento delle funzioni medesime. Sarebbe, infatti, irrazionale e in contrasto con l’interesse protetto dalla legge che fosse escluso dall’obbligo chi, non formalmente investito della qualifica, eserciti di fatto le funzioni inerenti alla stessa, con la piena connivenza degli organi societari (Sez. 3, n. 727 del 29/05/1967, Rv. 105115).
2.1. La giurisprudenza ha, altresì, chiarito che l’amministratore di fatto risponde a titolo autonomo con riferimento alle concrete funzioni esercitate e quale diretto destinatario della norma incriminatrice, sicchè egli è gravato dell’intera gamma dei doveri cui è soggetto l’amministratore di diritto, per cui, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli assume la penale responsabilità per tutti i comportamenti penalmente rilevanti a lui addebitabili ( Sez. 5 n. 39593 del 20/05/2011, Rv. 250844), con la conseguenza che, sul piano processuale, è necessaria e sufficiente, ai fini della bancarotta patrimoniale, la prova della gestione della società da parte dell’amministratore di fatto ( Sez. 5 n. 14103 del 19/10/1999, Rv. 215878), sulla base di indici sintomatici di gestione o cogestione della società che la giurisprudenza di legittimità ha enucleato nel conferimento di deleghe in settori fondamentali della attività di impresa, nella diretta partecipazione alla gestione della vita societaria, nella costante assenza dell’amministratore di diritto, nella mancata conoscenza di quest’ultimo da parte de dipendenti ( Sez. 5 n. 19145 del 13/04/2006, Rv. 234428; Sez. 5, n. 41793 del 17/06/2016, Rv. 268273).
2.2. Calando tali principi nella fattispecie in esame, si osserva che, pur essendosi verificati, per quanto si afferma nella sentenza impugnata, la più gran parte degli atti distrattivi proprio all’epoca in cui il Pavia era l’amministratore formale della fallita, nondimeno, con riguardo alle distrazioni successive, la sentenza impugnata non si cura di esporre una specifica motivazione in ordine agli indici fattuali da cui è stata tratta la affermata ingerenza del ricorrente nella amministrazione della fallita, in luogo dell’amministratore succedutogli formalmente.
Invero, la sentenza impugnata si affida, a tale proposito, alla osservazione che la spoliazione della fallita era iniziata durante la amministrazione del ricorrente, e ai rapporti di questi con i coimputati COGNOME e COGNOME: e però, quest’ultimo, è stato assolto dall’accusa formulata a suo carico ai sensi dell’art. 110 cod. pen., mentre, le cointeressenze con il COGNOME sono ricostruite sulla base – è questo l’elemento valorizzato in sentenza – dell’incasso di alcuni titoli nei giorni successivi alla uscita del Pavia, e della circostanza che il coimputato partecipasse alla gestione di altre cooperative del gruppo ed era subentrato anche nella amministrazione di altra società già riferibile al Pavia.
Toppo poco per inferirne, alla luce delle richiamate coordinate ermeneutiche, l’effettiva ingerenza gestoria anche successivamente alla dismissione della carica. Né può ammettersi – come fa la sentenza impugnata – che la questione della riferibilità – o meno – al ricorrente delle poche distrazioni registratesi successivamente alla cessazione della carica gestoria possa essere relegata quale minusvalente, sostenendosene lo scarso rilievo ai fini della responsabilità, giacchè le maggiori spoliazioni si sono verificate durante la amministrazione formale del Pavia.
Tanto perché, tali pur minoritarie distrazioni – se effettivamente riferibili al Pavia – hanno incidenza sul trattamento sanzionatorio, quanto alla porzione di pena riferibile proprio a tali condotte; inoltre, in assenza di atti gestori, la Corte di appello avrebbe dovuto confrontarsi con la prospettabilità, al più, di una ipotesi di concorso esterno dell’extraneus nel fatto proprio dell’amministratore formale subentrato, laddove possa affermarsi che abbia contribuito alla cessione, materialmente posta in essere dall’amministratore, del patrimonio immobiliare della società in decozione (Sez. 5, n. 33306 del 23/05/201, Rv. 268022).
2.3. Dunque, con riferimento alla bancarotta patrimoniale, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio.
La sentenza deve, però, essere annullata anche con riguardo alla bancarotta documentale. Invero, come è noto, il delitto di bancarotta fraudolenta si consuma in coincidenza con la data della sentenza dichiarativa del fallimento ( Sez. 5, n. 40477 del 18/05/2018, Rv. 273800, sez. 5, n. 27426 del 01/03/2023,
Rv. 284785), che, nel caso di specie, è stata pronunciata quando Pavia non rivestiva più la carica di amministratore della società fallita. In tema
di bancarotta fraudolenta documentale, in caso di avvicendamento nella gestione di una società, pur permanendo sull’amministratore cessato la responsabilità per
la tenuta della contabilità nel periodo in cui ha ricoperto la carica e per l’eventuale occultamento, in tutto o in parte, della documentazione al momento
del passaggio di consegne, nondimeno, il nuovo amministratore ha l’obbligo di verificare l’effettiva e corretta tenuta delle scritture contabili da parte del
predecessore, nonché di ricostruire la documentazione eventualmente mancante o inidonea, di ripristinare i libri e le scritture contabili mancanti e di regolarizzare
le scritture erronee, lacunose o false.
(Sez.
5 – n.
39160
del
04/10/2024,
Rv. 287061).
3.1. Non essendo stato adeguatamente ricostruito il ruolo gestorio che si assume essere stato svolto dal Pavia dopo essere cessato dalla carica formale,
si apprezzano le ricadute sulla tenuta logica della motivazione anche relativamente alla responsabilità per la bancarotta documentale, consumatasi
successivamente, in un momento in cui il Pavia era fuoriuscito dalla società.
4. Restano assorbiti – ma non preclusi nel giudizio di rinvio – i riflessi dell’annullamento sul trattamento sanzionatorio, anche relativamente alla mancata indicazione degli aumenti per la continuazione fallimentare alla luce del principio di diritto affermato dalle sezioni Unite Tizzone’ (sentenza n. 47127 del 24/06/2021, Rv. 282269) secondo cui, in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite. (La Corte ha precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Venezia.
Cosìr deciso in Roma,19 febbraio 2025 Il Cei – rgi liere estensore p NOME COGNOMEs22 t
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Il Presidente NOME COGNOME